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Quei colpi statunitensi alla cintura dell’Europa

di Giulietto Chiesa - 22/04/2007

 
Sebbene euro, economia e tecnologia ne facciano una potenza mondiale, non ha una politica estera unitaria. Subalterna agli Usa, non sa essere un «mediatore»

Un’Europa che annaspa sotto le proprie contraddizioni e i colpi sotto la cintura che arrivano da oltre Oceano. Se dai nemici ci guarda Iddio, dagli alleati dovremmo guardarci da soli. Ma pare che non sappiamo farlo. E, negli affari di casa sembra che stiamo andando male. La Costituzione non è stata approvata dagli unici due Paesi che l’hanno sottoposta a referendum: Francia e Olanda. La Gran Bretagna ha colto l’occasione per non provarci neppure. I Parlamenti di altri Paesi hanno approvato, ma questo significa solo che le classi politiche europee sono solidali tra di loro ma tutte piuttosto lontane dagli umori dei loro elettori. Che, a loro volta, sono molto diversi e perfino tra loro contrapposti (i baltici non hanno lo stesso feeling degli spagnoli, per esempio), ma tutti guardano con una certa acrimonia verso il centro bruxellese, mastodontico e lontano.

Esposta a offensive insidiose

Il fatto è che l’allargamento a 25 e poi a 27 (con i nuovi ingressi di Romania e Bulgaria) è avvenuto troppo in fretta. Si ha un bel dire che l’Europa è una quando le differenze di storia, esperienza politica ed economica e condizioni sociali sono così grandi. E forzare l’unificazione è altrettanto sbagliato che pensare alla possibilità di esportare la democrazia. In questo, come in molti altri campi, l’Europa tecnocratica e manageriale è molto simile all’America imperiale. È in questa somiglianza con l’America che si nasconde (male) la debolezza dell’Europa attuale. È il modello della «strategia di Lisbona» a essere in crisi. Una strategia che prevede di portare l’Europa in testa alla classifica mondiale dell’efficienza e della concorrenza neo-liberista, ma che non piace affatto alla maggioranza dei cittadini. I quali preferiscono ancora, di gran lunga, il modello europeo - dove è lo Stato che regola e riequilibra la distribuzione del reddito - al modello americano, dove chi comanda sono le multinazionali e il cittadino è senza difesa.
Ma i problemi non sono soltanto interni. Questa Europa non riesce ad avere una politica estera unitaria e comune, sebbene il suo euro, la sua economia, la sua tecnologia ne facciano una potenza mondiale. Certo, una potenza disarmata (l’unica perché America, Russia e Cina armate lo sono), ma proprio per questo almeno teoricamente avvantaggiata sugli altri perché partner non minaccioso e quindi più gradito. Eppure la sua subalternità agli Stati Uniti rende troppo spesso questa Europa incapace proprio di svolgere il ruolo «mediatore» che le competerebbe. Trovandosi così esposta alle offensive insidiose che vengono dall’altra parte dell’Oceano, dove un’Europa forte e autonoma piace sempre meno.

La Nato esclusa dalla trattativa

Lo si vede dalla vicenda dei missili americani che i governi di Varsavia e Praga hanno contrattato con Washington senza nemmeno consultare l’Europa. Una situazione perfino insultante, dove gli Stati Uniti bypassano l’Europa e decidono questioni delicatissime della sua sicurezza e difesa direttamente con due Stati membri dell’Unione Europea. E la gravità di questo atto non sta soltanto nel fatto che quei missili (destinati teoricamente a contrastare missili intercontinentali iraniani che non esistono) rendono inquieta la Russia. La cosa più sbalorditiva è che neppure la Nato è stata coinvolta in questa operazione: prova che essa è un atto più politico (e antieuropeo) che militare. Come si possa, in queste condizioni, pensare di concludere il processo costituzionale europeo entro il 2009 - come sembra credere Angela Merkel - è un mistero. Mentre le relazioni con la Russia di Putin, che è destinata a essere il partner energetico decisivo dell’Europa nei due decenni a venire, stanno peggiorando a vista d’occhio, verso una nuova guerra fredda.