Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Elezioni francesi e voglia di Centro. Perché?

Elezioni francesi e voglia di Centro. Perché?

di Carlo Gambescia - 23/04/2007

 

Probabilmente al prossimo turno Sarkozy vincerà. Probabilmente… Ma quel che invece colpisce è il successo di Bayrou, leader di un Centro, ora capace di condizionare destra e sinistra. Una vittoria che va ad aggiungersi, al trionfo in Germania della “grande coalizione”, alla nascita del PD in Italia, e al sostanziale predominio di un centro moderato (principalmente sul piano politico ed economico ) all’interno di molti partiti socialisti europei, a cominciare da New Labour di Blair.
Ora, non è nostra intenzione, generalizzare un fenomeno ancora agli inizi, occorrerebbero dati concreti, di cui al momento non disponiamo. Ma un’ analisi della tendenza è più che lecita.
In primo luogo, la rinascita del Centro, va collegata al mutamento del quadro sistemico internazionale. Con la caduta dell’Unione Sovietica (1989-1991), è venuta meno la necessaria presenza di una politica di destra in senso anticomunista. Per garantire l’equilibrio del sistema, basta oggi un Centro filoamericano, dove, come sta avvenendo, possano confluire dirigenti politici, provenienti dalla destra e dalla sinistra. E con il venire meno dell’anticomunismo, sono venuti meno anche quei presupposti sociali (il welfare, ad esempio) necessari, in passato, per arrestare la “marcia della rivoluzione rossa”. Il Centro è filoamericano e neoliberista.
In secondo luogo, con la caduta dell’Unione Sovietica è diminuito il tasso di politicizzazione all’interno degli schieramenti, e di riflesso, anche dell’elettorato. Oggi stiamo vivendo quella crisi delle ideologie, già preannunciata da alcuni studiosi negli anni Sessanta del Novecento. Tuttavia il predominio della tecnica sulla politica implica la trasformazione - in termini di discorso pubblico - di qualsiasi problema politico in puramente tecnico. Si pensi solo al dibattito sui sistemi elettorali, vivace non solo in Italia, dove si parla appunto di “ingegneria delle istituzioni”. Un approccio che allontana, anche per ragioni “lessicali”, i cittadini dalla politica. E favorisce deleghe in bianco ai “professori”. Il Centro è tecnocratico.
In terzo luogo, la cosiddetta teoria “sulla fine della storia”, messa in circolazione da Francis Fukuyama, negli stessi anni in cui crollava l’Unione Sovietica, ha agito in profondità, più di quanto probabilmente sperasse l’ideologo statunitense. Nel mondo occidentale, la gente comune si sente, al tempo stesso, privilegiata e assediata da culture, che i media, ben controllati dal potere economico, definiscono, in modo martellante, “retrograde” e fuori tempo. Di qui la scontata accettazione di massa dello status quo, come migliore dei mondi possibili. E la necessità di preservarlo, a prescindere dalle sue ingiustizie, e di credere nelle politiche “centriste” di miglioramento graduale. Il Centro ritiene che la storia sia finita. E prospera sua questa idea.
In quarto luogo, ogni opposizione radicale al sistema (di destra come di sinistra), viene praticamente “silenziata”. Gli stessi media che dipingono il nemico esterno, come fuori della storia, tratteggiano quello interno, come altrettanto pericoloso e antistorico. Di qui il timore della gente comune di perdere quel poco che possiede, ad opera di nemici esterni e interni. Si tratta di una specie di “ansia sociale patologica”, molto diffusa, che favorisce la crescita delle forze di Centro. Le quali si presentano come depositarie del “buon governo” e fiere avversarie di qualsiasi scelta politica estremista. Il Centro si fonda sulla paura della gente.
Si tratta di un sistema, basato sulla “fuga” progressiva verso il Centro, dei politici come dell’elettorato, che si auto-rafforza e perpetua, perché capace di sfruttare abilmente, a suo favore, anche il più lieve pericolo di disordine. E’ perciò scontato, che sul piano dei gruppi sociali dominanti, il “sistema” si fondi essenzialmente sui gruppi economici, militari e politici, interessati alla sua conservazione. E che le politiche di Centro, basate su vaghe promesse di miglioramento sociale, o comunque di non peggioramento della situazione, ne siano il perfetto involucro .
Sarebbe presuntoso, pretendere qui di fornire soluzioni. Tuttavia la “fuga” verso il Centro potrebbe essere impedita dalla nascita di una forza politica e sociale, finalmente capace di andare oltre le parole d’ordine “impolitiche” (perché, nei fatti “fuori gioco”) della destra e della sinistra radicali. Occorre una forza politica, nuova di zecca, capace di essere, al tempo stesso, nel mondo e fuori del mondo. Come fu il primo cristianesimo, quale autentico movimento sociale (fatte le debite proporzioni storiche e teologiche…).
Si dirà: ecco le solite profezie a buon mercato… Il lettore è autorizzato a sorridere di noi. Non pensi però di cavarsela così. Un solo consiglio: perché non provare a riflettere sul tramonto dei Verdi, trent’anni fa all’avanguardia nella critica sistemica? Una parabola che prova, purtroppo, quanto la “voglia” di Centro, sia indotta dal sistema stesso: abilissimo nel “corrompere” e cooptare anche i migliori, o presunti tali.
Di qui la necessità, diremmo il dovere, di continuare a volare alto. O almeno di provare a fabbricarsi un paio di ali. Da soli.