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La resistenza irachena esiste solo per porre fine all'occupazione

di Haifa Zangana - 23/04/2007

 

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21 aprile 2007

Gli attacchi che stanno aumentando di solito non hanno come obiettivo i civili, ma sono una reazione diretta alle azioni brutali delle truppe guidate dagli Usa


di Haifa Zangana
Guardian, 12 aprile 2007

 

A Muqdadiya, 50 miglia [poco più di 80 km NdT] da Baghdad, una donna che indossava un abaya iracheno tradizionale si è fatta saltare in aria questa settimana in mezzo a delle reclute della polizia irachena. E' stato il settimo attacco suicida da parte di una donna dall'invasione anglo-americana del 2003, e un atto inconcepibile in precedenza.

 

Le donne irachene vengono spinte alla disperazione e all'autodistruzione dal dolore. Le loro aspettative vengono ridotte a suppliche di aiuto per portar via i cadaveri dalle strade, secondo un rapporto del Comitato internazionale della Croce Rossa, diffuso ieri. E' la stessa frustrazione che lunedì a Najaf ha spinto centinaia di migliaia di persone a manifestare contro le forze straniere.

 

Nel quinto anno dell'occupazione, la spaccatura confessionale ed etnica fra i politici, i partiti, e le loro milizie che si fanno la guerra è diventata mostruosa, ritorcendosi contro i suoi creatori nella Green Zone e oltre, e non risparmiando la gente comune. Une delle conseguenze è un cambiamento importante nel ruolo pubblico delle donne.

 

Durante i primi tre anni di occupazione, le donne erano per lo più confinate a casa, protette dai parenti maschi. Ma adesso che la brutalità delle circostanze in cui vivono ha spinto molte di loro a essere capifamiglia, stanno rischiando la vita all'esterno. Dato che l'obiettivo principale delle truppe a guida Usa, delle milizie e degli squadroni della morte sono gli uomini, si vedono donne completamente vestite di nero fare la coda nelle prigioni, negli uffici governativi, o negli obitori, in cerca dei parenti maschi scomparsi o arrestati.

 

Sono le donne che seppelliscono i morti. Baghdad è diventata una città di donne afflitte. Ma, contrariamente a quanto ci viene detto dall'occupazione e dal suo regime fantoccio, questa non è l'unica città soggetta alla brutalità che costringe ogni mese migliaia di iracheni a fuggire dal loro Paese.

 

I corpi vengono ritrovati in tutto il Paese, da Mosul a Kirkuk, a Bassora. Sono ammanettati, bendati, e crivellati di pallottole, portano segni di torture. Vengono gettati ai lati delle strade o trovati galleggianti nel Tigri o nell'Eufrate. Una mia amica che ha trovato il corpo di suo fratello nella cella frigorifera di un ospedale mi ha raccontato come ha controllato il corpo e si è sentita sollevata. "Non era stato torturato", ha detto. "Gli avevano solo sparato alla testa".

 

L'occupazione non ha lasciato alcuno spazio per qualsiasi iniziativa che sia indipendente dal processo politico che ha l'imprimatur ufficiale; per una opposizione pacifica o una società civile che siano in grado di creare reti per ridurre la spaccatura fabbricata politicamente. Solo la moschea è in grado di svolgere questo ruolo. In assenza dello Stato, alcune moschee forniscono servizi essenziali, gestendo ambulatori o scuole. Oltre a invitare alla preghiera, i loro altoparlanti avvertono la gente degli attacchi imminenti o fanno appelli ai donatori di sangue.

 

Ma questi tentativi di mantenere un senso di comunità vengono regolarmente schiacciati. Martedì, soldati dell'esercito iracheno, appoggiati da elicotteri Usa, hanno fatto irruzione in una moschea nel cuore della vecchia Baghdad. Il rispettato muazzin Abu Saif e un altro civile sono stati giustiziati in pubblico. La gente del posto si è indignata e ha attaccato i soldati. Alla fine della giornata, erano state uccise 34 persone, fra cui alcune donne e bambini. Come al solito, la colpa dell'esecuzione sommaria e del massacro che ne è seguito è stata data agli insorti. Il comunicato delle forze armate ha detto che le forze Usa e quelle irachene stavano continuando a "individuare, identificare, e perseguire e uccidere gli insorti che prendono di mira le forze della coalizione e le forze di sicurezza irachene nella zona".

 

E' importante riconoscere che la resistenza è nata non solo da convinzioni ideologiche, religiose, e patriottiche, ma anche come reazione alla realtà delle azioni brutali dell'occupazione e della sua amministrazione. E' una reazione alle irruzioni arbitrarie, alle perquisizioni umilianti, agli arresti, le detenzioni, e le torture. Secondo la Croce Rossa, "il numero di persone arrestate o internate dalle forze multinazionali è aumentato del 40% dall'inizio del 2006. Anche il numero di persone trattenute dalle autorità irachene è aumentato in modo significativo".

 

Molti dei detenuti per ragioni di sicurezza sono donne che sono state sottoposte a maltrattamenti e stupri, e che spesso vengono arrestate come mezzo per costringere i parenti maschi a confessare crimini che non hanno commesso. Secondo il parlamentare iracheno Mohamed al-Dainey, ci sono 65 casi documentati di stupro di donne nei centri di detenzione dell'occupazione avvenuti nel 2006. Attualmente quattro donne rischiano l'esecuzione – la pena di morte per le donne era stata messa fuori legge in Iraq dal 1965 al 2004 - accusate di avere ucciso membri delle forze di sicurezza. Sono accuse che esse negano e che Amnesty International ha contestato.

 

C'è solo una soluzione a questo disastro, ed è che Usa e Gran Bretagna accettino che la resistenza irachena sta combattendo per mettere fine all' occupazione. E che riconoscano che essa è composta da iracheni qualunque, non solo da al-Qaida, non solo sunniti o sciiti, non da quei terroristi – come li ha definiti Tony Blair – ispirati dai Paesi vicini come l'Iran. Riconoscere che gli iracheni sono gente fiera, amante della pace, e che odiano l'occupazione, non si odiano gli uni con gli altri. E capire che gli obiettivi principali della resistenza non sono i civili iracheni. Secondo la Brookings [Brookings Institution NdT], l'istituto di ricerca Usa indipendente, il 75% degli attacchi che vengono registrati sono diretti contro le forze di occupazione, e un altro 17% contro le forze governative irachene. Il numero medio di attacchi è più che raddoppiato nell'ultimo anno, arrivando a circa 185 al giorno. Significa 1.300 la settimana, e più di 5.500 al mese.

 

 

Un altro modo per capire questo è che in una qualunque ora, di giorno o di notte, ci sono sette o otto nuovi attacchi. Senza l'appoggio, diretto e indiretto, degli iracheni questo livello di resistenza non ci sarebbe stato.

 

 

Haifa Zangana, una esule irachena che è stata imprigionata da Saddam Hussein, è autrice di Women on a Journey: Between Baghdad and London

 

 

(Traduzione di Ornella Sangiovanni)