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Pirotecnico governo arcobaleno: Parisi scopre che in Afghanistan c'è la guerra

di Laura Cesaretti - 01/05/2007

 

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Roma - È un allarme pesante, quello lanciato ieri dal ministro della Difesa Arturo Parisi. Un allarme che investe i rapporti interni alla Nato, la gestione della missione militare in Afghanistan, il ruolo degli Stati Uniti.
Nelle province di Helmand e Herat, controllate da italiani e spagnoli, infuria l’offensiva anti-talebana lanciata dalle truppe della coalizione guidata dagli Usa, alla quale partecipano truppe britanniche, afgane, olandesi, danesi e canadesi. Non gli italiani e gli iberici. E il ministro della Difesa ha deciso ieri pomeriggio di diffondere una nota nella quale manifesta la sua «preoccupazione» per le azioni belliche in corso. Preoccupazione, si spiega dalla Difesa, per le «azioni non coordinate e concordate» che una parte dell’alleanza (gli americani in primo luogo) decide e mette in atto senza «condividere» informazioni e iniziativa. Per di più in un territorio che è di competenza di due Paesi, Italia e Spagna, i cui contingenti sono sottoposti, per volontà politica dei loro governi,a regole che vietano loro di combattere.
Tocca al portavoce di Parisi, Andrea Armaro, dar voce all’irritazione del ministro: «In riferimento a un’azione offensiva condotta da forze speciali Usa in unione con reparti afghani nell’area ovest, e in particolare nella provincia di Herat, dove opera il contingente italiano nel quadro della missione Isaf, il ministro Parisi - afferma Armaro - ha chiesto con urgenza informazioni più dettagliate al nostro stato maggiore». Il ministro, si spiega, ha «espresso la sua preoccupazione per un eventuale coinvolgimento dei nostri militari in azioni estranee alla missione autorizzata dal Parlamento».
I nostri soldati e quelli di Madrid, secondo il ministro, si sarebbero trovati davanti al «fatto compiuto», a un’azione militare di vasta portata, che risponde a un’impostazione radicalmente diversa da quella della missione italiana, nella quale «i nostri militari reagiscono solo se attaccati», ma non promuovono attacchi. Anche se il generale Satta, comandante delle forze Isaf ad Herat, precisa: «Siamo stati avvisati dell’attività, anche per motivi di coordinamento, ma non è stato richiesto il nostro intervento». Ma secondo il ministro c’è un problema di «sovrapposizione» tra missioni che hanno scopi e criteri diversi: un problema, fa sapere Parisi, che dovrà presto essere discusso all’interno del governo, e che eventualmente andrà posto in sede Nato, perché non è possibile che alcuni alleati decidano da soli azioni di attacco.
Parisi aveva già denunciato la questione qualche settimana fa, in un’intervista a Repubblica: «Ci sono due interventi militari diversi per modalità e per ipotesi da cui muovono. Ritengo che in sede Isaf, cioè Nato, questo punto dovrà essere messo a fuoco». Una questione delicatissima, come il ministro sa bene, perché tra americani e inglesi da una parte e altri europei (italiani in testa) dall’altra è in atto da tempo un sordo braccio di ferro sui «caveat», che fanno sì che siano solo i primi a combattere. Anche se ieri sera il Dipartimento di Stato americano, nel rapporto annuale sul terrorismo globale, afferma che l’Italia resta un Paese che combatte «in modo aggressivo il terrorismo».
Ma anche per le ripercussioni interne che un sempre maggior coinvolgimento degli italiani nei teatri di scontro afghani potrebbe avere sul centrosinistra: ieri da sinistra sono partiti i primi avvertimenti. «L’escalation in atto mette sempre più a rischio i nostri soldati - denuncia la Verde Luana Zanella -, è indispensabile un ripensamento del nostro ruolo». L’esponente di Prc Elettra Deiana rileva che le parole di Parisi «sono la conferma delle preoccupazioni sull’ambiguità della nostra missione».
Mentre il ministro degli Esteri D’Alema si chiudeva in un freddo no comment («Il titolare della Difesa è Parisi, sto alle sue parole»), il premier Romano Prodi non ha potuto fare a meno di intervenire per cercare di gettare acqua sul fuoco: «Le truppe italiane agiscono secondo le regole dettate dal Parlamento. Parisi ha espresso la sua preoccupazione per una situazione che è piena di rischi. Questo vuol dire usare tutti i mezzi di protezione e di garanzia per i nostri ragazzi in Afghanistan».