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La crisi eco-logica e la specie ego-morta

di Christopher M. Bache - 03/05/2007


Sembra inevitabile, in questi anni, un confronto devastante con la limitata capacità del pianeta di sostenere il nostro sviluppo. Tale crisi, tuttavia, potrebbe agire come una sorta di iniziazione globale a un nuovo stadio dello sviluppo psico-sociale dell'umanità, coma una sorta di collettiva "notte oscura dell'anima".

 

Sembra inevitabile, in questi anni, un confronto devastante con la limitata capacità del pianeta di sostenere il nostro sviluppo. Tale crisi, tuttavia, potrebbe agire come una sorta di iniziazione globale a un nuovo stadio dello sviluppo psico-sociale dell’umanità. Tracciando un paragone con la prova mistica della “notte oscura dell’anima”, questo studio suggerisce che la crisi ecologica potrebbe equivalere a una notte oscura della “specie-anima”, facendoci sperimentare in modo più profondo le nostre radici spirituali comuni.

La crisi della sostenibilità

Secondo le migliori previsioni ambientali, gli attuali consumi industriali e sociali stanno portando l’umanità versi un catastrofico collasso ecologico ed economico che probabilmente avrà luogo nei prossimi decenni. Poiché sembra che nessuno voglia rinunciare alle politiche di eterna espansione economica, le uniche incertezze riguardano la gravità della crisi ecologica e della catastrofe che succederanno al collasso.

Pochi hanno cercato di prevedere questa crisi imminente con più precisione di Jørgen Randers, Donella e Dennis Meadows nel loro libro Beyond the Limits. Il grafico sottostante è un modello di proiezione, realizzato al computer, del destino del pianeta se continueranno gli attuali tassi di crescita demografica, di produzione industriale e di consumi materiali.

Lo scenario che emerge da questo grafico parte dal presupposto che la società mondiale continuerà su questa strada il più a lungo possibile; ovvero, che le politiche alla base dell’economia e della crescita demografica resteranno essenzialmente le stesse, che le tecnologie dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi sociali continueranno a evolversi come stanno facendo adesso, e che non saranno compiuti sforzi straordinari per ridurre l’inquinamento o tutelare le risorse. Secondo questo grafico, la crescita demografica e quella industriale continueranno fino al 2020, quando i limiti posti dall’ambiente e la carenza di risorse naturali limiteranno la capacità del capitale di sostenere gli investimenti. Quando il capitale industriale crollerà, la produzione del cibo e i servizi sociali (per esempio, il servizio sanitario) crolleranno insieme a esso, provocando una diminuzione delle aspettative di vita e un aumento della mortalità (1).

Nel libro Awakening Earth, Duane Elgin descrive il futuro prossimo dell’umanità in termini altrettanto spaventosi:

“Stiamo entrando in un’epoca di straordinarie restrizioni e intensa compressione planetaria. Nello spazio di una generazione, il mondo diventerà una pentola a pressione surriscaldata dove la famiglia umana sarà schiacciata dall’azione combinata e implacabile della crescita demografica, di un clima drammaticamente alterato, della scomparsa delle fonti di energia non rinnovabile e del crescente inquinamento ambientale. Il cerchio si è chiuso e non esistono luoghi dove scappare. Queste forze sono così inesorabili e la pressione che eserciteranno sul mondo sarà tanto forte, che la civiltà umana scivolerà nel caos o si eleverà in un processo a spirale di profonda trasformazione (2)”.

Elgin descrive l’inizio del ventunesimo secolo come “gli anni del surriscaldamento”, e già la temperatura sta aumentando. La gente sta cominciando a capire che la Terra non è in grado di sostenere una crescita economica perenne, ma la maggior parte di noi non è ancora capace di vedere alternative.

Se Meadows, Elgin e molti altri scrittori ecologisti hanno ragione, nei prossimi decenni (quando scadranno secoli di cambiali ecologiche) si creerà un’ansia collettiva. Se non riscriveremo da capo le nostre priorità sociali, saremo superati su molti fronti da eventi che ci sfuggiranno di mano e non potranno essere fermati. Man mano che le condizioni peggioreranno inesorabilmente, la gente sarà sempre più allarmata e si troverà costretta a modificare le proprie certezze a livelli sempre più profondi. Le cose su cui si potrà potrà fare affidamento (per esempio: come e dove vivremo, cosa faremo per guadagnarci da vivere, cosa potrà garantirci la società, cosa potremo possedere) saranno sempre di meno. Quando ci verranno strappate quelle che consideravamo le strutture normali e necessarie del nostro mondo, si diffonderà il panico. Milioni, forse miliardi di persone moriranno o si troveranno a vivere in condizioni disperate. “Il mondo sembrerà impazzito”, prevede Elgin, e poiché il mondo è collegato da una rete di telecomunicazioni globali, tutta questa sofferenza accadrà direttamente sotto ai nostri occhi. Attraverso “l’intimità elettronica” della televisione, la nostra angoscia sarà amplificata dalle immagini delle sofferenze intorno a noi e in tutto il mondo. Tali scenari sono familiari a chi conosce la letteratura ecologica, e non hanno bisogno di essere ricordati un’altra volta.

Se il mondo diventerà “una pentola a pressione surriscaldata”, il nostro senso collettivo della realtà sarà messo a dura prova. Quando le sofferenze e il numero di morti cresceranno, l’ansia e la disperazione si aggraveranno, questo trauma verrà registrato non solo nella nostra mente individuale, ma anche nella nostra coscienza sociale. È importante capire che la portata e l’intensità di questa crisi potrebbero essere diverse da tutto ciò che abbiamo sperimentato in precedenza. Non sarà qualcosa di simile alle catastrofi naturali che colpiscono solo una piccola percentuale della popolazione terrestre e sono di durata relativamente breve, né assomiglierà alla peste nera che decimò l’Europa nel XIV secolo, lasciando intatti gli altri continenti. Poiché le nostre economie sono profondamente intrecciate, questa crisi potrebbe coinvolgere l’intero pianeta e durare decenni.

Dal momento che le dimensioni di questa crisi non avranno precedenti storici, non sappiamo come noi, in quanto specie umana, reagiremo. Non c’è bisogno di dire che la natura estrema della crisi ci farà provare la tentazione di reagire in modo regressivo. Ci saranno, senza alcun dubbio, molte voci che invocheranno il “necessario sacrificio” di una certa percentuale della popolazione per la sopravvivenza della parte restante; altre daranno fiato alle trombe del nazionalismo chiedendo una serie di guerre per il controllo delle risorse, in modo da mantenere il nostro stile di vita ecologicamente distruttivo per qualche decennio in più. Tutto ciò che nel passato abbiamo escogitato per rafforzare l’autostima e creare divisioni tra noi stessi – la razza, il sesso, la religione, la nazionalità e così via – potrebbe essere sfruttato per legittimare definizioni sempre più limitate del nostro interesse. Il modo in cui risponderemo a questa crisi fornirà la misura della nostra saggezza e compassione come individui e come civiltà. Dovremo fare uso di tutto ciò che avremo imparato, e anche di più. Tutti noi potremo perfino subire cambiamenti psicologici e spirituali, in modi profondi e inaspettati.

Alcuni teorici sociali stanno già descrivendo queste incombenti convulsioni sociali come una “discesa all’inferno” (3). Se tale discesa dovesse avvenire, l’umanità chiederà a gran voce una spiegazione alla sofferenza che l’ha raggiunta. Se risponderemo a questa richiesta semplicemente con una risposta tecnologica che chiarisca il “come” ma non il “perché”, o se potremo offrire solo teologie regressive a base di punizioni karmiche o divine, peggioreremo la crisi togliendole il suo significato esistenziale più profondo. Per aumentare le nostre speranze di uscire con successo da questo periodo critico della storia, è importante comprendere al meglio delle nostre possibilità la struttura profonda che si nasconde dietro tali eventi. Ciò, in parte, vuol dire comprendere cosa può rappresentare questa terribile sofferenza nello sviluppo evolutivo dell’umanità, e l’opportunità che ci è stata data per trascendere radicalmente la nostra presente condizione psico-spirituale. Per cominciare questa discussione, voglio suggerire un parallelo tra questa imminente crisi sociale e l’esperienza conosciuta come la “notte oscura dell’anima”.

La notte oscura dell’anima

La “notte oscura dell’anima” è uno stato avanzato di crescita psico-spirituale raggiunto solo dai ricercatori spirituali più determinati. Questa difficile fase prende nome dalla classica opera di S. Giovanni della Croce, “La notte oscura dell’anima”, ed è stata oggetto di molti commentari (Bache, 1991, 2000; Underhill, 1961; Wilber, 1995). Questa “notte” ha caratteristiche ben definite che appaiono, sotto nomi diversi, nelle tradizioni mistiche di tutto il mondo. Essa arriva dopo una serie di prove “minori” e subito prima del risveglio finale nella coscienza unitaria. È lo stadio finale di un lungo processo spirituale di intensa purificazione, nel quale la propria identificazione con un sé distinto viene messa a dura prova e alla fine abbandonata. Le sue prove e difficoltà culminano in una morte spirituale descritta come più profonda della semplice morte fisica. Secondo molte tradizioni mistiche, la morte fisica da sola non elimina il nostro profondo desiderio di vivere come un sé separato, e quindi si dice che sia spesso seguita da un’altra nascita. Ciò che muore nella notte oscura è il nostro profondo attaccamento a un sé separato, privato, distinto da tutti gli altri e dall’universo in generale. In tal modo, la notte oscura rappresenta il punto di arrivo di una lunga gestazione spirituale, la cui durata viene di solito calcolata in molte vite. Ciò che nasce, nell’alba seguente, è un durevole senso di partecipazione e comunione con il Divino onnipresente.

Voglio suggerire che l’imminente crisi ecologica potrebbe rappresentare, per l’umanità, una trasformazione simile a quella che i mistici attraversano nella notte oscura dell’anima. Secondo questa lettura della storia, l’umanità starebbe entrando in ciò che potremmo chiamare la notte oscura della specie-anima, ossia un periodo di purificazione profonda e collettiva che ci costringerà ad affrontare e abbandonare tutto ciò che nel passato ci ha tenuti separati gli uni dagli altri, ogni pregiudizio che ha diviso la famiglia umana contro se stessa, ogni odio che ha rimpicciolito il cuore dell’uomo separandolo dal Cuore Divino che, secondo i santi e i saggi, batte al centro della creazione. Un dilemma fondamentale che dovremo affrontare ripetutamente, negli anni a venire, sarà se risolvere questa crisi con soluzioni che privilegeranno una parte della popolazione a scapito di un’altra o se scegliere politiche inclusive che distribuiscano in parti uguali i sacrifici. Daremo la preferenza a una razza, una classe, una religione, una nazione, un continente a svantaggio di tutti gli altri, o adotteremo un’autentica politica egualitaria? Subito sotto la superficie della civiltà, si celano le antiche ferite del nostro passato pieno di divisioni. Avremo la saggezza e il coraggio di non riaprire queste ferite, ma di scegliere di abbracciare l’intera famiglia umana, anche se, nel breve termine, ciò potrebbe significare il sacrificio della nostra famiglia personale? La sopravvivenza della specie potrebbe dipendere dalla risposta che daremo a questa domanda.

Se “morte dell’ego” è l’espressione che si usa frequentemente per descrivere la morte spirituale dell’individuo, possiamo, per estensione, descrivere la morte spirituale dell’umanità collettiva come la specie ego-morta. Il mio suggerimento, quindi, è che l’imminente “ego-crisi” può dare il via a un processo di trasformazioni sociali così profonde da provocare la nascite di una specie “ego-morta” (4). La domanda, in tal caso, diventa: “A cosa assomiglierebbe la morte dell’ego-specie? Che forma avrà una simile trasformazione collettiva?”.

Da una parte, questa morte provocherà probabilmente la scomparsa di un certo modo di vedere il mondo, il collasso di paradigmi sociali e intellettuali profondamente radicati. Le rivoluzioni sociali e intellettuali frutto delle mentalità moderna mostrano che la nostra ego-specie si sta sfaldando ormai da molto tempo: l’eclisse della supremazia della Bibbia e la nascita dell’ecumenismo globale; la fine delle società patriarcali costituzionalmente sancite e la nascita del femminismo; il collasso del mondo newtoniano-cartesiano e la formazione della teoria quantistica, seguita dalla nuova cosmologia; la creazione di armi così distruttive che nessuno osa impiegarle; l’apparizione dell’economia globale e ora la scoperta che la nostra civiltà industriale è ecologicamente insostenibile. Chiaramente, ciò che ci aspetta negli anni futuri è il punto di arrivo di un processo in corso da molto tempo. Tuttavia, credo che la morte dell’ego-specie accadrà solo quando la separazione esistenziale che oggi avvertiamo avrà prodotto un’esperienza collettiva di profonda interpenetrazione esistenziale, in cui l’interesse personale sarà stato sostituito da una compassione globale e profondamente sentita.

A questo livello, la comparsa della specie “ego-morta” potrebbe voler dire la fine di qualsiasi esperienza di vita in isolamento; ciò potrebbe provocare una trasformazione profonda nel modo in cui percepiamo gli altri e l’universo stesso. Al posto del senso di separazione e di alienazione oggi normali (persino normativi), la mente moderna potrebbe fare esperienza dell’integrità insita nella vita, con circoli di compassione che si diffondono attraverso la trama di quest’ultima. Nell’imminente era di povertà, non avremo altra scelta che riprogrammare il nostro rapporto con l’universo fisico, riconsiderando i profondi bisogni esistenziali che oggi determinano i nostri consumi. Quando saremo costretti a fare a meno della dipendenza dalle definizioni fisiche di noi stessi e del nostro benessere, potrebbe affiorare un senso del sé più profondo e spirituale, con più rapidità di quanto possiamo prevedere adesso.

Ma non possiamo creare questo tipo di mutamento psico-spirituale adesso, prima della crisi ecologica? Certamente sì, ma sembra che ce ne manchi la volontà. Secondo Duane Elgin (1993), la crisi ecologica potrebbe, in realtà, essere necessaria per provocare questa trasformazione:

“Nonostante tutte le nostre buone intenzioni, senza questa imminente era di sofferenze e difficoltà collettive, difficilmente la famiglia umana si risveglierà alla sua identità globale e alla sua responsabilità evolutiva. Saranno le immense sofferenze di milioni – forse miliardi – di preziosi esseri umani, insieme alla scomparsa su larga scala di molte altre forme di vita, che bruceranno il nostro autocompiacimento e il nostro isolamento. Il dolore inutile è il fuoco psicologico che può risvegliare la nostra compassione, fondendo gli individui, le comunità e le nazioni in una civiltà globale coesiva e consciamente organizzata” (5).

Se la crisi della sostenibilità provocherà “l’ego-morte” della nostra specie, ciò che scomparirà, penso, sarà innanzitutto la diffusa sensazione di essere separati gli uni dagli altri e da ogni cosa che ci circonda. Se decidiamo di eliminare i ruderi psicologici di un passato basato sulle divisioni, potremmo cominciare a sperimentare più consapevolmente la trama che intreccia tutta la vita in un solo tessuto. La purificazione è seguita dal risveglio, e tale Grande Risveglio segnerebbe un nuovo inizio per l’umanità. L’epoca dell’eroismo individuale potrebbe condurre all’epoca della comunità eroica.

Sin dalla pubblicazione, nel 1934, del libro di Lovejoy The Great Chain of Being, è stato largamente riconosciuto da molti pensatori transpersonali un fatto: i grandi santi e saggi che hanno già attraversato la propria notte oscura ci hanno dato delle indicazioni sull’evoluzione futura dell’umanità, mostrandoci ciò che stiamo diventando a livello collettivo. Si dice che le loro realizzazioni spirituali abbiano talvolta gettato dei semi spirituali che stanno provocando, in modo misterioso, il risveglio collettivo dell’umanità. Tuttavia, se accadranno gli eventi qui descritti, penso che sarà chi vive in questi anni cruciali a dover fungere da ponte tra quegli esseri eccelsi e il futuro dell’umanità. Nel mondo instabile ed estremamente teso di domani, coloro che avranno già compiuto individualmente la transizione che l’umanità sta cercando di operare collettivamente, che già pensano e agiscono come cittadini globali ecologicamente responsabili, che hanno eliminato dai loro cuori le divisioni di razza, religione, classe, sesso, nazione e così via, potrebbero fungere da catalizzatori per la nascita di una nuova forma di consapevolezza umana. In un futuro così difficile, gli sforzi individuali per portare equilibrio interpersonale, sociale, politico ed ecologico nella coscienza globale potrebbero avere davvero conseguenze di larga portata.

Note

(1) La Dichiarazione Finale della Conferenza di Vienna del 1990 afferma: “In molti settori il deterioramento dell’ambiente ha raggiunto una soglia oltre la quale il danno è irreversibile”. Nonostante ciò, in uno studio intitolato “Difendere il futuro” si sostiene che “nessun governo al mondo ha fatto passi significativi per rendere sostenibile l’insostenibile” (George, 1995). Una sintesi spaventosa della nostra difficile situazione ecologica si trova in Laszlo (1994, cap. 2).

(2) Elgin prevede che nel 2025 due importanti fattori convergeranno producendo una crisi globale: le difficoltà materiali e la facilità delle comunicazioni, entrambe senza precedenti. Nello spazio di una generazione, avremo aumentato la popolazione mondiale di tre miliardi di persone, le riserve mondiali di petrolio facilmente estraibile saranno esaurite e il clima sarà più instabile per il surriscaldamento globale. Proprio quando avremo bisogno di cibo come non mai, l’agricoltura petrolchimica diventerà costosa in modo proibitivo e le condizioni climatiche saranno sempre più inaffidabili: “il fatto che dovremo affrontare un’epoca straordinariamente difficile e impegnativa non è più una probabilità, ma una certezza”. Dal lato positivo, una combinazione di tecnologie rivoluzionarie (tra cui: fibre ottiche, sistemi informatici sempre più semplici, comunicazioni satellitari, computer in grado di riconoscere la voce e tradurre) formeranno tutte insieme “una rete globale di telecomunicazioni di ampiezza, profondità e sofisticatezza stupefacenti. In breve, il nostro ‘cervello globale’ esploderà e farà passi da gigante nelle prime due decadi del ventunesimo secolo” (Elgin, 1993).

(3) Nel loro libro The Coming Age of Scarcity, Michael Dobkowsi e Isidor Walliman scrivono: “‘L’inferno’ è il periodo di profonda instabilità che sorgerà quando gli abitanti di un pianeta sovrappopolato si contenderanno risorse sempre più scarse” (Dobkoswki & Walliman, 1998, pp. 286-287; citazione da Heilbroner, 1980).

(4) Per quanto ne so, Ken Ring (1984) è stato il primo ricercatore a suggerire che le specie viventi stiano per sperimentare “qualcosa di simile a una morte planetaria”, un’idea fatta propria e sviluppata da Michael Grosso (1985, cap. 14). Stan Grof (1985) offre una prospettiva perinatale della crisi globale in Oltre il cervello.

(5) Anche Peter Russell (1995) ritiene che la presente crisi possa agire da “catalizzatore evolutivo” in grado di spingere l’umanità verso lo stadio successivo della sua evoluzione.

Cristopher Bache è professore di studi religiosi nella facoltà di filosofia e studi religiosi dell’università statale di Youngstown, nell’Ohio. Inoltre, è professore aggiunto alla facoltà di filosofia, cosmologia e consapevolezza del California Institute of Integral Studies. È autore di “Lifecycles: Reincarnation and the Web of Life” e “Dark Night, Early Dawn: Steps to a Deep Ecology of Mind”.

Per contattare l’autore: Christopher M. Bache, Department of Philosophy and Religious Studies. Youngstown State University, One University Plaza, OH 44555.

Questo studio è una sintesi dei ragionamenti sviluppati nel capitolo 8 del mio libro Early Dawn: Steps to a Deep Ecology of Mind.

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