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Siccità, il Belpaese diventa arido

di redazionale - 04/05/2007


Legambiente presenta il "Libro bianco sull'emergenza idrica in Italia". Della Seta: «Serve alleanza strategica per risolvere il problema»
PDF: il dossier / Le proposte per risparmiare risorse idriche
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Piove e nevica sempre meno, i ghiacciai si stanno ritirando a velocità mai viste prima, i fiumi si stanno asciugando. Non è catastrofismo, il quadro è davvero drammatico come testimoniano i dati resi noti dal rapporto della Protezione Civile sulla situazione idrologica: l’Italia sta diventando una terra arida. E se l’emergenza arriva in una fase in cui i cambiamenti climatici che hanno ridotto la disponibilità della risorsa idrica sono tra gli evidenti responsabili della gravità della situazione, sul banco degli imputati in prima fila ci sono le captazioni produttive, a partire da quelle per fini agricoli.

L’agricoltura infatti in Italia si “beve” 20 miliardi di metri cubi all’anno di acqua, ossia il 49% del totale disponibile, una percentuale altissima che ci pone ben oltre la media europea fissa al 30%. Al secondo posto c’è l’industria che usa il 21%, quindi gli utilizzi civili per il 19%, infine il settore energetico che tra produzione idroelettrica e raffreddamento delle centrali arriva all’11%. Questi e altri dati sono raccolti nel “Libro Bianco di Legambiente sull’emergenza idrica in Italia”, un dossier che scandaglia a fondo le cause dell’emergenza siccità, racconta storie di gestione insensata e propone alcune soluzioni per ridurre drasticamente i consumi idrici nel nostro Paese.

«L’emergenza che ci sta colpendo – afferma Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente - deve tradursi in un’opportunità imperdibile per tutti i soggetti interessati, mondo dell’agricoltura e dell’industria in prima fila, che devono stringere un’alleanza strategica per affrontare e risolvere il problema».
E’ comunque l’utilizzo irriguo che pesa come un macigno sul bilancio idrico nazionale. Le coltivazioni infatti, oltre a prelevare di più, sono anche quelle che restituiscono meno acqua all’ambiente, non più del 50% rispetto al 90% che ritorna disponibile dopo gli usi civili e industriali. Un dato preoccupante se calato nella realtà dei nostri fiumi, basti pensare che i prelievi idrici superficiali dal Po sono per il 95% a fini agricoli.

«La grave scarsità idrica è una realtà del tutto nuova specialmente nelle regioni del Nord Italia dove si era abituati a disporre di una risorsa pressoché illimitata, alimentata dalla stabilità delle stagioni piovose, dalle abbondanti nevicate, dalla ricchezza dei ghiacciai e dalla conseguente portata dei fiumi – spiega Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. Adesso l’agricoltura e l’industria si trovano a essere nello stesso tempo colpevoli e vittime, ecco perché proprio loro devono attivarsi, magari rinunciando a qualcosa, con la consapevolezza che non sarà uno sforzo vano, ma un contributo alla collettività e soprattutto alle loro produzioni». Un altro non meno significativo problema riguarda il basso costo dell’acqua nel nostro Paese. In media i cittadini italiani pagano 52 centesimi di euro al metro cubo, la metà della media europea.

3 maggio 2007

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