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I poveri sono ritornati di moda.

di Carlo Gambescia - 08/05/2007

Iniziamo con una domanda: che cos’è il glamour ? Risposta: per saperlo basta sfogliare Style il magazine del Corriere della Sera: una specie di Enciclopedia Treccani della materia, a dispense mensili. Attualmente, è glamour il look da finto povero: le sue pagine, infatti, ospitano azzimati nobiluomini in bicicletta, attori famosi che lavorano la terra personalmente, grandi imprenditori in rudi abiti di fustagno, stilisti miliardari abbigliati da barboni in cachemire, giovani figlie di ricchissime uomini d’affari, che nonostante gli abiti firmatissimi, dichiarano di svolgere lavori flessibili… Insomma, ripetiamo: i poveri, vanno di moda, almeno per il prossimo Autunno-Inverno… Attrezzatevi. Chissà però che ne pensano i poveri veri.
A questo punto, i nostri lettori potrebbero rispondere: “Ma chi se ne frega di Style“ . E invece no, perché sfogliarlo è un operazione istruttiva. Basta avere lo stomaco per arrivare in fondo… Un esempio? Subito. Nel numero in edicola, Domenico De Masi, rispettabile sociologo ( ma i soliti malevoli dicono tuttologo…), consiglia ai lettori di evitare “l’agiatezza e la povertà perché sono entrambe accompagnate da troppo grattacapi”: la “condizione auspicabile” sarebbe quella “intermedia”. Ben detto. E poi suona pure bene. Tuttavia già alla pagina seguente spicca la pubblicità di un costoso profumo francese, da duecento euro al millilitro. Errore di impaginazione? No. Perché in quelle successive sono in mostra automobili extralusso, motociclette da paura, orologi da polso intergalattici, mocassini in pura-pelle-pura (speriamo non umana…), occhiali da sole ultrafirmati, elegantissime mutande unisex, abbigliamento finissimo per praticare il gioco del Polo. Mancano solo i famigerati “diamanti per sempre. Evidentemente sono passati di moda. O probabilmente non sono più politicamente corretti. Visto quel che accade in Africa, dove i mercanti di diamanti ne combinano di cotte e di crude a danno di quelle povere popolazioni…
Per carità non siamo pauperisti, ci mancherebbe altro. E poi, come si diceva un tempo, la pubblicità è l’anima del commercio. E pure delle riviste. Che devono pagare stipendi non proprio “intermedi”, Ma questa è un’altra storia.
Però c’è un limite a tutto. Se la “condizione intermedia” incensata da De Masi, richiede certi gadget, così costosi, tanto intermedia non sarà ? Insomma, quando si deve guadagnare per essere un povero-glamour? Perciò giriamo la domanda a De Masi. Chissà se risponderà…
A dirla tutta, riteniamo di trovarci davanti al solito giornalismo snob, oggi trasversale, a sinistra come a destra. Un giornalismo “frinfrillino”, che perde il pelo ma non il vizio. Ci vuole pazienza…
Negli anni Sessanta, una delle tante contesse (più o meno decadute), curatrice di una rubrica di piccola posta, a una commessa che si lamentava di arrivare tardi al lavoro, rispose che doveva prendere un taxi Oggi, stando ai modelli pubblicitari di cui sopra, consiglierebbe alla stessa commessa di noleggiare almeno un aereo privato.
Certo, per una pura questione di Style.