Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Fenomeni psichici presso i popoli primitivi

Fenomeni psichici presso i popoli primitivi

di Francesco Lamendola - 10/05/2007

 

Il sacerdote francese André Dupeyrat, missionario del Sacro Cuore d'Issoudun, ha soggiornato per ben 21 anni fra le tribù più isolate della Nuova Guinea, dal 1929 al 1950, accostandole con animo di studioso oltre che di uomo di Chiesa, imparandone gli idiomi, familiarizzandosi con i loro usi e costumi. Si può considerare, quindi, una fonte autorevole sull'etnologia delle remote zonte montuose della Papuasia, e anche sulla loro geografia, sulla flora, la fauna, e un testimone obiettivo e attendibile dell'epoca in cui la civiltà dell'uomo bianco non era  penetrata affatto nelle regioni più interne, ove si praticava ancora, largamente, il cannibalismo e dove il potere degli stregoni resisteva fortemente all'opera di evangelizzazione portata avanti da un pugno di missionari quasi privi di mezzi. Nel suo libro 21 ans chez les Papous racconta, fra l'altro, una serie di episodi misteriosi svoltisi sullo sfondo della sua lotta dichiarata contro le pratiche di magia nera con cui gli stregoni delle montagne tenevano in soggezione le popolazioni, episodi ch'egli non cerca di spiegare e che si limita a riferire onestamente, così come li vide e vi si trovò coinvolto, ora come protagonista (con rischio della sua vita), ora come testimone. Uno dei più stupefacenti è quello di un caso di licantropia, cioè nella presunta capacità di uno stregone di trasformarsi in animale: in questo caso non un lupo (sconosciuto nella Nuova Guinea) ma un casuario, il grande uccello corridore abitante di quelle foreste semi-inesplorate.

Insieme al suo curato, il sacerdote stava compiendo un giro pastorale fra alcune tribù da poco parzialente convertite di una selvaggia e isolata zona montana. Ma cediamo a lui la parola.

"Quella volta, ci trovavamo a Mondov'Imakuata, che è una piccola, graziosa stazione, situata nel territorio di Mondo e dedicata all'Immacolata. Comprende una casa di un sol vano, ma costruita con tavole piallate e una chiesa coperta di lamiera risplendente. Si trova a due ore di distanza da Fane-le-Rose, in direzione della grande catena centrale. Costruita  su un minuscolo spiazzo, che domina tutta l'alta valle dell'Auga, a Mondov'Imakulata fanno capo quattro villaggi, uno dei quali, il più vicino, si chiama Mondo.

Quella sera, erano venuti a tenerci compagnia il bravo e serio catechista del luogo, Iosepa, due notabili e tre vecchi di Mondo. Avremmo fatto volentieri a meno della loro amabile presenza, perché il mio curato ed io ci eravamo preparati un bel programma di letture per la serata. Senonché, il missionario propone…

La conversazione andava avanti vivacemente, al riparo della nostra piccola casa. Fuori, la notte era fonda e senza luna. Nei momenti di silenzio, si sentiva il lontano rumore dei torrenti  e lo stormire delle fronde nella foresta, sotto il vento.

Intorno alla lanterna, noi seduti e i nostri ospiti accovacciati, passava tutta la gazzetta parlata del paese. E così si venne a dire di una celebrità del giorno,un certo Isidoro Ain'u'Ku, che vuol dire Cima d'Igname.

Si trattava di un uomo ancora giovane della tribù d'Ilide. Intelligente, pieno di vita, di forza e di risorse, era stato uno dei primi a iscriversi fra i catecumeni quando, alcuni anni prima, i Padri Norin e Bachelier erano andati, per la prima volta, nel suo villaggio. In pochissimo tempo aveva imparato la dottrina e aveva superato brillantemente gli esami di catecumeno. Dopo il periodo di prova obbligatorio, era stato ammesso al battesimo.

- Sei coniugato? -, gli domandò il sacerdote, prima di amministrargli il sacramento.

- No, aveva risposto Ain'u'Ku. E tutti, nel villaggio, avevano confermato la sua asserzione.

Invece, egli era sposato, suo malgrado. I genitori gli avevano imposto una moglie di sei mesi, quando egli ne aveva quindici. Per molto tempo, egli aveva considerato sorella, e sorella affatto insopportabile,quella che era sua moglie. Da grande, aveva capito la sua situazione e non aveva voluto più sapere di una tale compagna. Purtroppo, aveva coabitato con lei al di là dell'età nubile, dando così un consenso, per lo meno tacito e ad ogni modo pubblico, al matrimonio. Pertanto il suo legame, come ogni legame matrimoniale, anche pagano, era indissolubile. Da cristiano, egli doveva riprendere con sé la sua legittima moglie, la quale, a sua volta, era divenuta cristiana anche lei.

Allorchè venne a sapere questa decisione, Ain'u'Ku cercò dapprima di discutere, poi, furioso, esclamò:

- Ebbene, se è così, io che mi sono dato a Dio, ora torno di nuovo a mettermi nelle mani del diavolo.

E mantenne la parola.

Per quasi un anno, non lo si vide più. Nei misteri tenebrosi della foresta, seguì la scuola e il noviziato degli stregoni, sotto la guida di qualche ierofante, che gli insegnò i riti e le formule magiche, gli incantesimi, le fattucchierie e le diverse maniere di uccidere.

Riapparve, a suo tempo, sparuto, magro, un po' inferocito d'aspetto, ma col titolo e la reputazione di stregone, e poiché era intelligente, abile, intraprendente, la sua fama si estese rapidamente, insieme col timore che incuteva.

- Padre, te lo diciamo, affermò un vecchietto nostro ospite, Ain'u'Ku ha il potere di cambiarsi in casoario.

Il casoario, come tutti sanno, è un uccello simile allo struzzo, vigoroso, stupido, vorace. Nella foresta, lo si sente venire di lontano, perché corre battendosi i fianchi con le corte ali di cui è dotato, e questo movimento produce un rumore simile al vhu vhu di una locomotiva a bassa pressione. I suoi piedi, enormi e armati di artigli formidabili, fanno risuonare il terreno elastico e spugnoso della foresta.

Ci facemmo una bella risata quando tutti gli altri ospiti fecero eco alle parole del vecchietto. Un uomo che si cambia in bestia… Andiamo!… Vecchie storie! Storie papuane e… storie europee, con i lupi mannari e altre licantropie del genere. Ci mettemmo di buon grado e con grande indulgenza a erudire quei poveri primitivi. Ma poco dopo, al cenno di uno di essi, dovemmo tacere. Da molto lontano, ci giungeva il rumore caratteristico di un casoario in corsa. Tutti sanno che il casoario non viaggia di notte, imitato in questo dai papuani. Ci sono i pericoli dei sentieri, costeggianti precipizi e quelli, molto peggiori, degli spiriti della giungla. Non poteva essere, quindi, che ci stessero prendendo in giro? D'altra parte le orecchie sensibilissime dei nostri ospiti, e anche le nostre, non potevano sbagliarsi. Era proprio un casoario.

- Noi parlavamo d'Isidoro, disse qualcuno con voce alterata, egli ha sentito ed è venuto…

Ora, bisogna rendersi conto  che, per venire da Ilide,villaggio di Isidoro, fino a noi, ci sarebbero volute almeno cinque ore di difficilissimo cammino, anche per l'indigeno più abile ed esperto. Perciò a sentire quelle parole, noi alzammo le spalle, quasi seccati. Anche ad ammettere che qualcuno avesse potuto compiere quel percorso di notte, al lume di torcia, ci sarebbero volute non più cinque, ma dieci ore almeno.

Intanto il rumore del casoario si avvicinava sempre più, fino a che sentimmo addirittura lo zoccolio delle grosse zampe, sul suolo battuto della nostra piccola corte. Poi, di colpo, si fermò. Qualche istante dopo, la nostra porta si aprì e comparve Isidoro.

- Ho inteso dire che voi eravate qui, ci disse fra grandi sorrisi. Io sono divenuto cattivo, ma voi siete sempre i miei padri. Vengo a vedervi e a dire il vostro nome(salutarvi). Datemi un po' di tabacco da mangiare (fumare), così ce ne staremo un po' insieme a parlare.

Si accovacciò davanti a noi, avvolse in un pezzo di carta di giornale il tabacco che gli offrii, accese la sigaretta coll'accendisigaro che gli porsi, e cominciò a parlare di questo e di quello.

I nostri ospiti di Mondo, grigi per la paura, non osavano aprir bocca.

Isidoro, che appariva riposato e ben disposto, rimase con noi quasi un'ora. Naturalmente, durante quel tempo, ci guardammo bene dal fare allusione al casoario. Né lui ce ne parlò.

- Sono di passaggio a Mondo, disse infine alzandosi, e ci ritorno per dormire. Ci rivedremo domani.

Ci strinse la mano e se ne andò.

Appena ebbe rinchiuso la porta,risentimmo la galoppata e il vhu vhu del casoario.

Mi precipitai fuori, sulla veranda. La notte era scurissima; non vidi nulla e nulla rispose al mio grido di richiamo. Ma sotto il cielo nero, trapunto d'oro, nel gran mormorio notturno della foresta selvaggia, risuonarono, indiscutibili e malèfici, i passi del casoario.

Era urgente far luce su questa faccenda, altrimenti le credenze superstiziose, che già opprimevano i nostri Papuani, sarebbero risultate confermate e rafforzate.

Senza tardare, ci recammo, a lume di lanterna, a Mondo, distante non più di cinque minuti dalla nostra stazione. Là, visitammo la casa comune dove sono ricevuti i viaggiatori; impertinenti e decisi, entrammo in ogni capanna e ne interrogammo gli abitanti. Conosciamo i nostri Papuani ed essi pure ci conoscono. Essi sanno - e lo dicono - che non siamo "come gli altri Bianchi", ai quali se ne possono raccontare quante se ne vogliono. Insomma, per farla breve, la conclusione sicura delle nostre ricerche fu che Isidoro non si trovava a Mondo; non solo, ma che, da molto tempo, non vi si era fatto vedere.

Decidemmo, allora, di partire all'alba dell'indomani, per Ilide. Quando vi arrivammo, verso mezzogiorno, stanchi e sudati, la prima persona che trovammo ad accoglierci, con un largo sorriso, fu proprio Isidoro.

Ci guardammo bene dal manifestare la minima sorpresa. Sorpresa, invece, era la gente, che non sapeva spiegarsi la ragione della nostra visita improvvisa. Trovammo un buon pretesto per giustificarla e, senza averne l'aria, continuammo la nostra indagine minuziosa ed anche un po' ansiosa.

Anche lì, la conclusione alla quale arrivammo fu la seguente: Isidoro, la sera innanzi, era rimasto a chiacchierare, a ciccare, a fumare nella casa comune, fino a due pipe dopo l'ora del "ghelelè" -vale a dire, fino alle sette, dato che la cicala delle montegne saluta, con il suo acuto stridore, il calar del crepuscolo, verso le sei e mezzo. A quell'ora aveva detto che si ritirava a dormire nella sua capanna, dove era stato visto entrare. Nessuno, in seguito, l'aveva visto uscirne. L'indomani, come al solito, era stato visto, che si stirava e sbadigliava, verso le sei del mattino. Insomma, niente di anormale, nel suo comportamento.

Da queste indagini provenivano due altre conclusioni, piuttosto imbarazzanti. Isidoro si trovava al suo villaggio, la sera alle sette. Alle nove e trenta circa, era da noi, a Mondo. Ora, ricordiamoci che è fisicamente impossibile superare la distanza fra le due località, soprattutto la notte. Per quanto rigarda il viaggio di ritorno, il fattore era meno imbarazzante. Tuttavia, la sopportazione umana ha dei limiti, specialmente per i Papuani, i quali, per lo scarso nutrimento, non sono davvero dei campioni di resistenza. Pur ammettendo, quindi, un viaggio notturno, molto improbabile, e contando il tempo della permanenza presso di noi, Isidoro avrebbe dovuto percorrere, in circa nove ore, un viaggio d'andata e ritorno, che ordinariamente ne richiede dieci di giorno e almeno sedici di notte.

Il caso era inesplicabile.

L'indomani, in un momento che ero solo, Isidoro mi venne a trovare. Poiché ero stanco di battere il capo contro un problema che non mi presentava possibilità di soluzione, guardando bene negli occhi il mio uomo, gli posi nettamente questa domanda:

- Dove stavi l'altra sera?

- Da te, a Mondo. Tu lo sai. Mi hai dato del tabacco e abbiamo parlato di questo e di quello. Ti ho anche stretto la mano.

- Sì, ma tu mi hai ingannato. Mi hai detto che andavi a dormire a Mondo e, invece, là nessuno ti ha visto.

- Oh! Non era che un av' ur' elâfe (una maniera di dire, una parabola).

- La gente di qui dice che tu eri con loro al villaggio, la sera di quel giorno e l'indomani di buon'ora.

- Sì. Questa è una parola di verità. - Av' akai.

- Allora, hai volato come gli uccelli, per venire a trovarci?

Il suo viso divenne duro e gli occhi feroci. Con un ghigno odioso, che non gli conoscevo, mi rispose:

- Tu, prete, hai dei poteri per compiere cose straordinarie. Ho voluto mostrarti che anche io ne ho.

Bruscamente mi voltò le spalle e se ne andò…

Questo, il fatto.

André Dupeyrat non tenta di spiegarlo; si limita ad osservare che:

"Si dice che nei paesi, restati ancora all'età della pietra, pur nell'èra atomica, le forze misteriose che in qualche modo sentiamo, senza poterle costatare tangibilmente, sono più attive e perecettibili che altrove. Il caso di Isidoro sembra confermare questa opinione. Durante i venti anni che ho trascorso sulle montagne e sulle coste ostili della Papuasia, mi è capitato, non di rado, di essere testimonio di fatti, dei quali il meno che si possa dire, è che lasciano un po' sbalorditi, appunto come quello del casoario. Mi affretto ad aggiungere che nei paesi 'civili' si ritrova, altrettanto intensa, sebbene più controllata, questa inquietudine di fronte al mistero, che agisce in noi, al di sopra di noi, intorno a noi, e che lascia perplessi, poiché la ragione non se lo sa spiegare. Mi domando se lo potrà mai… Fra la conosceza e il campo della fede, ci sarà sempre questo margine misterioso che, se qualche volta ci porta a dubitare addirittura della nostra decantata scienza e conoscenza, d'altra parte può rendere sempre più salda la nostra adesione alla vera fede." (1) Conclusione legittima dell'uomo di fede, il quale ha cercato prima, coscienziosamente, una qualche spiegazione razionale, senza però trovarla.

Vediamo ora di analizzare l'episodio nelle sue diverse componenti.

Si tratta, come dicevamo, di un caso di licantropia e, contemporaneamente, di un caso di demonologia, in quanto la trasformazione dell'uomo in animale è resa possibile, attraverso l'acquisizione del sapere sciamanico, mediante un patto dello stregone con il demonio. Può essere che l'ex catecumeno Isidoro, ancora fresco di studi teologici cristiani, abbia parlato di "rimettersi nelle mani del diavolo" in senso figurato, o meglio in senso cristianizzato, tanto più che si rivolgeva a un interlocutore che era un sacerdote cattolico. Resta il fatto che la pratica della magia nera, o, come in altre culture si preferisce chiamarla, della cosiddetta "mano sinistra", implica necessariamente una sorta di "patto" con le forze infere, demoniache, siano esse l'antagonista del Dio personale dei Cristiani oppure i dèmoni  del politeismo o, ancora,  gli spiriti malvagi delle culture a livello etnologico, permeate da una religiosità di tipo animistico. Questo patto infernale si concretizza mediante un rapporto di evocazione in cui lo sciamano chiama a sé il potere demoniaco, se ne lascia penetrare e tuttavia ottiene che esso si ponga al suo servizio. Quando invece il potere demoniaco rimane padrone di se stesso e piega lo sciamano ai suoi voleri, non si tratta di evocazione ma di invocazione. Infine, quando il potere demoniaco si instaura nella psiche di un essere umano, nel quale ha trovato una disponibilità implicita o esplicita, e lo domina totalmente, sostituendosi alla sua volontà, si parla di possessione diabolica. Meno grave è invece l'ossessione, che si manifesta sotto forma di assalto, psichico ed eventualmente anche fisico, da parte delle forze demoniache contro un essere umano, che però resiste e conserva la sua libera volontà.

Nel caso di cui ci stiamo occupando, si badi, il soggetto non crede di essere diventato un animale e non si comporta come se lo fosse diventato. Gli studiosi di fenomeni psichici conoscono piuttosto bene quel genere di licantropia. Nel cuore della civile Europa, ad esempio, per a Berlino, in anni recenti un esorcista della Chiesa anglicana, il reverendo Donald Omand, ha avuto a che fare con un soggetto che si comportava come un vampiro, aggredendo all'improvviso e con violenza sanguinaria le sue vittime, mentre fra un attacco e l'altro si comportava come un individuo assolutamente normale. (2) Qui, invece, siamo in presenza di indizi che fanno pensare a una trasformazione reale, a una metamorfosi dell'uomo in animale e viceversa, il tutto nel giro di pochi minuti e senza segni visibili di alterazione. Solo pochi istanti separano lo scalpiccìo del casuario dall'aprirsi della porta e dall'ingresso nella stanza di Isidoro, che appare tranquillo e quasi indifferente; e solo pochi secondi separano la sua uscita, un'ora dopo, e il rumore del casuario nuovamente in corsa. La mattina dopo, a molti chilometri di distanza (chilometri di sentieri montani quasi impraticabili, soffocati dalla foresta equatoriale) l'uomo appare fresco e riposato, come nulla fosse stato.

Quello che rende questo caso particolarmente interessante, comunque, è la presenza di indizi concreti e altrimenti inesplicabili, che sembrano pienamente confermare la vox populi circa i poteri paranormali di Isidoro, ottenuti con il ricorso alle arti diaboliche. Siamo documentati, infatti, di decine di casi di licantropia nell'Europa medievale e rinascimentale, per esempio dai verbali dell'Inquisizione relativi ai processi alle streghe; sempre, però, la confessione dell'accusato, unita alla pubblica opinione, costituisce la sola "prova" disponibile sulla veridicità dei fatti. Prendiamo il caso del famigerato Peter Stubbe, un licantropo tedesco che per 25 anni commise omici di uomini, donne e bambini, divorandone i cadaveri, prima di essere catturato e giustiziato il 31 ottobre 1590 nel borgo di Bedburg, presso Colonia. Stubbe era uno stregone e non si trovarono prove a suo carico, oltre all'autoaccusa dell'imputato; nemmeno la cintura magica, che gli era stata consegnata dal demonio e che gli consentiva di trasformarsi in lupo mannaro, venne mai ritrovata.(3)

Nel caso riferito da padre Dupeyrat, invece, pur se non abbiamo testimonianze oculari della trasformazione dell'uomo in animale, disponiamo però di indizi diretti che tendono ad avvalorarla e a renderla, paradossalmente, verosimile. La comparsa di Isidoro proprio mentre si parla dei suoi poteri di magia nera; il viaggio inspiegabilmente rapido attraverso la giungla, perdipiù nell'oscurità assoluta della notte, sia all'andata che al ritorno; la coincidenza dei passi del casuario in corsa con l'arrivo e la partenza dello stregone; da ultimo, la sfida aperta ed esplicita ai sacerdoti che lo hanno spinto ad abiurare e ad abbracciare la magia nera, sfida sul terreno dei poteri supernormali. Sono tutti elementi che, combaciando fra loro, creano un quadro completo e, a suo modo, coerente, per quanto scioccante, nei confronti della ragione positiva.

Can such things be?, possono accadere cose del genere?, ci si domanda. La credenza nella licantropia, ripetiamo, è molto antica, e non è qui il luogo per farne la storia. Nel Satyricon di Petronio, scrittore romano del I secolo dopo Cristo, abbiamo una delle prime e più impressionanti narrazioni della trasformazione di un uomo in lupo.(4) Certo, il Satyricon è un'opera letteraria, un romanzo; la credenza nei licantropi doveva essere, però, assai diffusa nel mondo greco-romano, se Plinio il Vecchio sente il bisogno di confutarla nelle sue Naturalis historia. Scrive infatti in proposito: "Che gli uomini si trasformino in lupi, e poi rientrino di nuovo in sé, è da considerare una bugia senz'altro, a meno di prendere per buone tutte le favole dei secoli passati". (5) Tutte le favole dei secoli passati: dunque, centinaia d'anni prima dell'èra cristiana, nel bacino del Mediterraneo si vociferava della capacità di taluni esseri umani di trasformarsi in lupi feroci. In Africa, l'animale in cui lo stregone si muta non è il lupo, ma il leopardo: la credenza negli uomini-leopardo era, e forse è, molto diffusa nel bacino del Congo, e storicamente è stata rafforzata da una setta spietata di assassini che indossavano la pelle dell'animale e compivano i loro delitti rituali per mezzo di unghioni appositamente fabbricati, con i quali erano in grado di squarciare la gola alle loro vittime con un colpo solo.(6)

Lo stupefacente episodio riportato dal missionario francese Dupeyrat è uno fra le migliaia di fatti strani registrati fra i popoli cosiddetti primitivi, un'ampia casistica dei quali si può leggere nell'opera ormai classica di Ernesto Bozzano Popoli primitivi e manifestazioni supernormali (7), alla quale rimandiamo il lettore desideroso di approfondimenti. Tutti i principali fenomeni psichici supernormali vi sono riportati: chiaroveggenza (conoscenza di fatti lontani); retrocognizione (conoscenza di fatti del passato); precognizione (conoscenza di eventi futuri); telepatia (trasmissione del pensiero direttamente per via mentale); incombustibilità (capacità di camminare sul fuoco, di maneggiare ed ingoiare oggetti infuocati senza risentirne alcun danno); levitazione (sollevamento fisico del soggetto); apporto ed asporto (materializzazione e smaterializzazione di oggetti); telecinesi (spostamento di oggetti mediante energia psichica), guarigione di patologie gravi senza uso di farmaci o di intervento chirurgico (per mezzo del pensiero); sortilegio di morte (uccisione a distanza mediante energia psichica); possessione demoniaca e relativo esorcismo.

 Si noti che praticamente tutte queste fenomenologie sono presenti nei racconti  sia dell'Antico  che del Nuovo Testamento. L'annunzio della guarigione del servo del centurione è un esempio di chiaroveggenza (oltre che di guarigione a distanza); la pesca miracolosa di san Pietro preannunziata da Gesù è un esempio di precognizione; le parole di Gesù alla samaritana circa i suoi precedenti matrimoni sono un esempio di retrocognizione; l'episodio di Gesù che cammina sulle acque è un esempio di levitazione; la moltiplicazione dei pani e dei pesci, un esempio di apporto; e così via. Si potrebbe comunque distinguere tra fenomeni psichici reali e apparenti, frutto, questi ultimi, di una sorta di suggestione ipnotica provocata dallo stregone nei presenti. La trasformazione della verga in un serpente, operata da Mosé in presenza del faraone, appartiene probabilmente a quest'ultimo tipo di fenomeni; ma poi si dice che il serpente di Mosè divorò i serpenti "creati" dai maghi egiziani, il che rende l'episodio meno facilmente classificabile. Anche il prodigio della creazione di un giardino fiorito in pieno inverno potrebbe rientrare nella fenomenologia della suggestione ipnotica. (8) La fioritura di un roseto in pieno inverno è, in un contesto moderno e di società sviluppata, uno dei miracoli attribuiti a san Giovanni Bosco e tra i meglio documentati nella vita di quel santo. (9) Difficile, comunque, pensare di far rientrare in questa tipologia di fenomeni quello dell'uomo-casuario, perché Isidoro non soltanto apparve ai due missionari e a sei altri indigeni, ma si trattenne a fumare con loro, a parlare, e se ne andò stringendo loro le mani. Per lo stesso motivo, pare debba escludersi uno sdoppiamento del corpo astrale, spiegazione che potrebbe risultare plausibile se le testimonianze fossero state solamente visive. Quanto alla telepatia, essa è talmente diffusa tra gli aborigeni australiani, o almeno lo è stata, da essere utilizzata come mezzo abituale di comunicazione nelle enormi distanze del bush che separano una tribù dall'altra.

Una classe a parte di fenomeni è quella della possessione demoniaca (o, nel contesto delle culture non cristiane, come la religione voodoo di Haiti, spiritica); in essa non si fa propriamente questione di poteri psichici supernormali del soggetto, ma di irruzione nella psiche ed, eventualmente, nel corpo del soggetto di una forza di supposta origine estranea, che può essere umana o extra-umana (e presenta, dal punto di vista dei processi che la originano, delle paradossali analogie con il fenomeno dell'estasi mistica). Essa si accompagna talvolta a manifestazioni supernaturali sia psichiche (come la xenoglossia= conoscenza di lingue sconosciute al soggetto, anche antiche; la retrocognizione e la precognizione; ecc.), sia fisiche (forza muscolare sproporzionata alle possibilità del soggetto, levitazione, apporti ed asporti, manifestazione di odori perlopiù nauseabondi).

Infine, dobbiamo fare cenno a una serie di fenomeni in cui retrocognizione, chiaroveggenza, possessione appaiono singolarmente intrecciate in una coerente, radicale trasformazione della personalità. Tali fenomeni fanno pensare non solo alla fenomenologia ben nota delle personalità multiple, ma anche, in certi casi, al ricordo di esistenze precedenti, fenomeno estesamente studiato, fra gli altri, dal ricercatore americano Ian Stevenson, specialmente fra i popoli primitivi (Alaska, Sud America, Africa, varie parti dell'Asia, Oceania). (10) Accade ad esempio che un bambino, a un certo momento, guidato da un "ricordo" di origine ignota, identifichi la propria famiglia in quella di un villaggio lontano, ove un suo coetaneo è morto da un certo tempo, e riconosca con impressionante precisione luoghi, cose e persone, al punto di trasferirsi nella sua "vera" casa e di riprendervi il suo "vero" posto, per un certo numero di anni o anche in via definitiva. Esistono alcuni casi documentati di quest'ultima specie e, per quanto difficili da spiegare, non è lecito ignorarli solo perché mettono in imbarazzo le certezze della scienza "ufficiale".

Concludendo (ovviamente in via provvisoria), possiamo dire che i popoli primitivi sembrano aver conservato, più di quelli cosiddetti civilizzati, un legame originario fra la psiche e i suoi poteri misteriosi, da un lato-come, a loro modo, sembrano aver fatto i bambini (11); dall'altro, fra l'essere umano e le forze misteriose di supposta origine sub-umana (spiriti a basso livello di evoluzione spirituale) e sovrumana (spiriti superiori). Studiare, per quanto possibile, quei poteri psichici misteriosi, è compito doveroso del parapsicologo; cercar di studiare queste supposte forze extraumane, inferiori e superiori, quantomeno nelle loro manifestazioni e nei loro effetti, è compito difficile ma non meno doveroso sia del parapsicologo che dello studioso delle religioni, del filosofo, del teologo.

 

NOTE

 

1)      DUPEYRAT, ANDRE', Nel Paese degli uccelli paradiso, ed. it. Massimo, Milano, 1956 (con Prefazione di paul Claudel), pp. 175-181.

2)      ALEXANDER, MARC (a cura di), La mia vita col diavolo, tr. it. M.E.B., Torino, 1980, spec. pp. 50-65.

3)      SORDI, ITALO E PAOLA, L'uomo lupo, Armenia Ed., , Milano, 1974 (contiene la relazione originale di Peter Stubbe al processo del 1590).

4)      PETRONIO, Satyricon, cap. 62 Tr. di V. Ciaffi, U.T.E.T., Torino, 1975, pp. 170-73: "Volle il caso che il padrone fosse partito per Capua a smerciarvi il meglio delle sue cianfrusaglie. Afferrata al volo l'occasione, convinco un tale, ospite lì da noi, a venire con me sino al quinto miglio. Non per nulla era un soldato, forte come un demonio. Leviamo le chiappe verso il canto del gallo. La luna luceva come a mezzogiorno. Arriviamo a un cimitero: il mio uomo si mette a farla tra le tombe, io mi siedo canterellando e conto le tombe quante sono. Poi, come torno con gli occhi al compagno, quello è lì che si sveste e depone tutti gli abiti al margine della strada. Io avevo il cuore in gola, ero più morto che vivo. Quello allora piscia in cerchio intorno agli abiti e all'improvviso diventa lupo. Badate che non scherzo: non mentirei per tutto l'oro del mondo. Dunque, come dicevo, una volta che divenne lupo, incominciò ad ululare e fuggì  nelle selve. Io sulle prime non sapevo più dove fossi. Poi mi feci vicino, per raccattare gli abiti di quello là, ma gli abiti erano diventati di pietra. A morir di paura, chi più morto di me?  Tuttavia strinsi in pugno la spada e, abracadabra, andai infilzando le ombre, sin quando non giunsi al podere della mia amica. Entrai che ero uno spettro, mezzo scoppiato, con il sudore che mi correva per la forcata, con gli occhi fissi; ce ne volle per rimettermi. La mia Melissa sulle prime era stupita ch'io fossi in giro così tardi, e "Se arrivavi un po' prima, - disse -, almeno ci davi una mano, ché un lupo si è introdotto nel podere e da vero macellaio ci ha sgozzato tutte le bestie. Però non l'ha fatta pulita, anche se è riuscito a fuggire, ché uno dei nostri schiavi gli ha trapassato il collo con la lancia." A sentir questo, non riuscii più a chiuder occhio, ma, appena fatto giorno, via di corsa alla casa del nostro Gaio, che sembrava l'oste dopo il repulisti. E una volta che giunsi in quel luogo, dove gli abiti erano diventati di pietra, non altro trovai che del sangue. Come poi giunsi a casa, il mio soldato giaceva sul letto che sembrava un bove e c'era un medico che gli curava il collo. Mi fu chiaro che era un lupo mannaro, né ho potuto da allora dividere il pane con lui, nemmeno se mi avessero ammazzato. Comodi gli altri di pensarla in proposito come vogliono, ma io, se mento, che il cielo mi punisca."

5)      PLINIO, Naturalis historia, VIII, 80.

6)      Cfr. L'Africa delle società segrete, nella enciclop. Dimensione X. I misteri dell'uomo, della terra e dello spazio (tit. orig. The Unexplained), tr. it. Novara, 1973, vol. 10, pp.110-113.

7)      BOZZANO, ERNESTO, Popoli primitivi e manifestazioni supernormali, Ed. L'Albero, Verona, 1941. Sulla figura affascinante di questo pioniere italiano della parapsicologia (1862-1943), si veda: RAVALDINI, SILVIO, Ernesto Bozzano e la ricerca psichica, Ed. Mediterranee, Roma, 1993

8)      Cfr. LAMENDOLA, FRANCESCO, Il giardino d'inverno, sulla rivista Graal, numero 9, maggio-giugno 2004, pp. 36-41.

9)      Vedi BASCHERA, RENZO, Le profezie di don Bosco, Ed. M.E.B., Padova, 1988, spec. pp. 67-106.

10)  STEVENSON, IAN, Reincarnazione. 20 casi a sostegno, tr. it. Armenia Ed., Milano, 1975. L'autore è uno stimato psichiatra dell'Università della Virginia. Senza sbilanciarsi in maniera definitiva, sostiene che per un limitato numero di casi l'ipotesi della reincarnazione presenta una soddisfacente soluzione di alcuni problemi, altrimenti inspiegabili. Il libro citato è considerato un "classico" nel suo genere, anche dagli scienziati di formazione più rigorosamente accademica, per la serietà e la meticolosità delle ricerche ivi esposte, frutto di un metodico lavoro "sul campo".

11)  Cfr. POURRE, JEAN-PAUL, I poteri misteriosi dei bambini (tit. or. Les enfants extra-sensoriels et leurs pouvoirs), tr. it. Armenia Ed., Milano, 1983. A questo proposito,si veda anche GUIRDHAM, ARTHUR, L'ossessione diabolica (tit. or. Obsession), tr. it. Tattilo Ed., Roma, 1974. L'Autore, uno psichiatra convinto della capacità dei bambini di vedere cose invisibili agli adulti, ivi comprese le manifestazioni demoniache, ritiene che queste ultime possano spiegare l'origine di taluni casi di patologie pschichiche classificate come nevrosi. Egli stesso sotiene di aver fatto l'esperienza, da bambino, di manifestazioni diaboliche e sostiene che molti bambini ne rimangono segnati, senza poter condividere un tale segreto con i genitori o, in generale, con il mondo degli adulti. Dopo aver studiato e curato, per circa quarant'anni, casi più o meno gravi di nevrosi infantili (a dispetto della teoria freudiana che postula un lungo periodo di incubazione, Guirdham sostiene che questo tipo di patologia si manifesta già nell'infanzia, subito dopo l'evento traumatico e cioè la percezione delle entità demoniache), è arrivato alla conclusione che le cause di esse non possono essere solo di natura soggettiva. "La tendenza degli esseri umani a reagire ossessivamente ci indirizza verso qualche fattore operante dovunque, infinitamente più diffuso della colpa e dell'oppressione dei genitori. Tale fattore è l'impatto e la percezione del Male. Esso si verifica nei primi anni di vita prima che la psiche e la personalità siano saldamente integrate. (…) In questa condizione fluida l'individuo è di nuovo più vulnerabile all'impatto del Male." (p. 30 Op. cit.).