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I miti della ‘Assistenza alla Democrazia’: l’intervento U.S. nell’Europa Orientale post-sovietica

di Monthly Review - 10/05/2007





Attualmente noi stiamo lavorando con discrezione ma con tutta la nostra forza per estirpare questa misteriosa forza chiamata sovranità dalle grinfie degli stati nazione locali del mondo.
Arnold Toynbee, 1931



Uno dei cambiamenti rilevanti nelle politiche nel mondo post-sovietico, è il coinvolgimento quasi senza freno di agenti, consulenti e istituzioni pubbliche e private occidentali nella gestione dei processi elettorali nazionali nel mondo intero – compresi gli stati un tempo nell’alleanza sovietica. Quando, dalla fine degli anni ’80, cominciarono a crollare gli apparati del Partito Comunista di quei paesi, dando luogo in modo quasi incruento a emergenti forze politiche, l'Occidente (specialmente gli Stati Uniti) fu rapido ad intromettersi nei loro affari politici ed economici.
I metodi per manipolare le elezioni straniere sono cambiati dai bei tempi delle operazioni di cappa e spada della CIA ma gli obiettivi generali del dominio imperiale sono immutati. Adesso il governo U.S. in molti casi conta meno sulla CIA e più su iniziative relativamente trasparenti, intraprese da organizzazioni sia pubbliche sia private, come il National Endowement for Democracy (NED), l' U.S. Agency for International Development (USAID), la Freedom House (Casa della libertà), l'Open Society di George Soros ed una rete attorno al mondo di altre organizzazioni politiche professionali ben finanziate, pubbliche e private, primariamente americane, operanti al servizio di obiettivi economici e politici neoliberali paralleli allo stato.
Allen Weinstein, cofondatore del NED, notò: “molto di quello che noi [NED] facciamo oggi, 25 anni fa veniva fatto clandestinamente dalla CIA.” Fra i principali obiettivi del NED vi sono i così detti ‘stati in transizione’, già facenti parte del blocco sovietico. Sia i repubblicani sia i democratici, hanno mantenuto verso l'Europa centrale ed orientale una strategia di “contenimento”, ed anche il democratico “liberal” John Kerry, durante la campagna politica presidenziale del 2004, ammonì George Bush di non mettere abbastanza soldi nel NED. Comportandosi come i programmi di “assistenza alla democrazia” delle organizzazioni previdenziali degli Stati Uniti, il NED incanala la maggior parte dei propri fondi, stanziati dal Congresso, a due sottogruppi principali, l’International Republican Institute (IRI) ed il National Democratic Institute (NDI)- in rappresentanza dei due partiti- così come al Center for International Private Enterprise (CIPE) della Camera di Commercio U.S. ed al Center for International Labor Solidarity (Solidarity Center) dell'AFL-CIO U.S., che sono finanziati per sostenere iniziative nella società civile ed elettorali nei paesi obiettivo. Uno dei leader congressuali dietro alla creazione del NED, Dante Fascell, già presidente della Camera del Comitato Affari Esteri, disse che questo disegno istituzionale era inteso per dare a ciascuno gruppo “un pezzo della torta. Tutti sono stati ripagati. I democratici e i repubblicani, la Camera di Commercio insieme a quella del Lavoro”.
Pezzo dopo pezzo, gli Stati Uniti si aspettano di collocare, nei ventiquattro paesi dell’Europa, dei leader che vorranno aprire ulteriormente le loro economie di stato all’investimento di società transnazionali, aiutare ad isolare la Russia o riportarla all’ovile, assecondare l’egemonia militare U.S. nella regione e proteggere gli oleodotti euro-asiatici controllati dagli Stati Uniti.
Russia, Ucraina, Georgia, Serbia e Bielorussia sono fra i paesi della regione nei quali consulenti americani, personale di servizio estero, il NED e le sue consociate ed altre agenzie pubbliche e private sono recentemente intervenuti nelle elezioni nazionali. E vengono ad aggiungersi ad un lungo elenco di altri paesi dove il denaro degli U.S. si è fatto strada tra i politici e i partiti promossi dalla Casa Bianca, dal Dipartimento di Stato e dalla CIA.
Rispetto ai modi clandestini e scopertamente aggressivi con i quali la CIA normalmente portò avanti le sue incursioni destabilizzanti dalla fine dagli anni ‘40 alla metà dei ‘70, le attuali forme di manipolazione elettorale sono generalmente condotte come spettacoli di drammatizzazione morale. Promossi come “costruzione della democrazia,” gli interventi elettorali sono crucialmente importanti per gli obiettivi politici globali degli U.S., contribuendo alla pianificazione a lungo termine dello stato e della società, consolidando i vincoli americani con i governi stranieri ed aiutando a stabilire alleanze economiche e militari.
Questo articolo discute il contesto di potere e il pretesto ideologico che stanno dietro alla “assistenza alla democrazia”; e come questa locuzione sia usata retoricamente per sopraffare la resistenza nazionalista e socialista alla dominazione economica e culturale straniera, con una particolare focalizzazione sulla Russia e su diversi fra i suoi stati confinanti. Anche se un’interferenza straniera è occorsa in quasi tutti i paesi dell’Europa, qui prendiamo in considerazione cinque paesi che sono un obiettivo particolarmente importante dell’interesse americano: Russia, Serbia, Georgia, Ucraina e Bielorussia. Infine, l'articolo considera come i governi e i media manipolino la comprensione pubblica della politica mondiale, stravolgendo i significati della politica estera U.S., conferendo legittimità alla nozione di “assistenza alla democrazia” e alle complessive buone intenzioni dello stato.

‘Assistenza alla democrazia’ e NED
Il crollo dell'Unione Sovietica diede agli Stati Uniti un'opportunità unica di espandere la sua sfera d'influenza nell'Europa centrale ed orientale precedentemente socialista, nell’Asia centrale e nella Russia. Negli anni novanta, consulenti politici privati e ‘libere’ Ong americane seguirono la febbre dell’oro dei fautori del libero mercato in queste regioni per estendere la “costruzione della democrazia” e per introdurre la propaganda elettorale nello stile degli Stati Uniti. Favorendo questo flusso globale con un profilo politico dichiarato “non di parte”, l’USAID nel 1991 adottò l’“iniziativa democratica” come condizione per estendere concessioni e prestiti ai vari paesi “in via di sviluppo”(un atto simile era stato adottato dall'Unione Europea due anni prima).
Un'organizzazione coinvolta in questa iniziativa, l’International Foundation for Electyon Systems (IFES), con sede a Washington D.C., nota che la “fine della Guerra Fredda nel 1989 creò opportunità...di rispondere ad una travolgente richiesta di competenza tecnica non di parte nella democrazia e nel governo.” L’IFES rivendica di avere uffici sul campo in trentacinque paesi, con un quadro di 1.500 consulenti, inclusi consulenti di grande nome, come Stanley Greenberg (che aiutò a dirigere la campagna presidenziale del 1992 di Bill Clinton). Alcuni consulenti IFES sono capaci di trasformare il lavoro di ‘assistenza alla democrazia’ in contratti con candidati politici stranieri. Joseph Napolitan, fondatore dell'International Association of Political Consultant è nel consiglio dell’IFES, insieme ad altri famosi specialisti americani di campagne.
Il NED, che sostiene programmi in più di ottanta paesi, è uno strumento semi-privato, ma finanziato dal Congresso, creato nel 1983 dall'amministrazione Reagan per distribuire soldi, attrezzature, consulenti politici ed altre competenze in determinati paesi, al fine di “rafforzare processi elettorali democratici... attraverso misure opportune di cooperazione con le forze democratiche indigene.” Ovvero, la raison d'etre putativa del NED è di incoraggiare l'attività elettorale nei paesi che sono sottoposti alla transizione alla democrazia popolare ed appoggiarne altri dove le elezioni già sono state istituite. Il NED è stato definito come “una camera di compensazione a pieno servizio per costruire infrastrutture, che offre danaro, assistenza tecnica, strutture, programmi di formazione, know-haw dei media, assistenza alle pubbliche relazioni e attrezzatura d'avanguardia per selezionare gruppi politici, sindacati, organizzazioni civiche, movimenti dissidenti, gruppi studenteschi, editori di libri, giornali e altri media.” Lo scopo prioritario del NED (che si auto-definisce ironicamente una “organizzazione non-governativa”) è stato “destabilizzare i movimenti progressisti, in particolare quelli con una tendenza socialista o socialdemocratica.”
Diversi critici fuori e dentro il governo, sia della sinistra sia della destra, considerano il NED come un relitto anticomunista della Guerra Fredda, che si presenta surrettiziamente come non di parte. Il presidente del consiglio di amministrazione del NED, Vin Weber è socio senior in una ditta di consulenze che, proprio secondo il suo NED, “offre consigli strategici alle istituzioni interessate di fronte ai problemi e ai processi governativi, legislativi e dei rami dell’esecutivo del governo federale.” E’ anche socio di affari con ex statisti repubblicani e funzionari del governo come Jack Kemp, Jeane Kirkpatrick, William Bennett ed è conosciuto nell’ambiente governativo come un “superlobbysta.” Il presidente de NED è Carl Gershman, un tempo socialdemocratico, che divenne consigliere senior dell'arci-conservatrice Jeane Kirkpatrick (attualmente nel consiglio dell’IRI), quando lei era l’ambasciatrice U.S. alle Nazioni Unite, sotto Reagan. Nel corso degli anni, nel Congresso ci sono stati molti tentativi di sciogliere l'organizzazione, incluso quello recente di un rappresentante del Texas, Ron Paul, che ha definito il NED “nulla più di un programma costoso che prende i soldi dei contribuenti degli Stati Uniti per promuovere all'estero statisti e partiti politici favoriti.” Attualmente il NED gode l’approvazione della maggioranza dei legislatori, democratici e repubblicani.
Il NED fu pensato per offrire un'alternativa alla CIA, attraverso l’incoraggiamento delle istituzioni democratiche negli stati precedentemente repressivi. Diversamente dalla CIA, le estese operazioni del NED creano all'estero le condizioni per operazioni politiche che non hanno bisogno di tenere nascoste vite e identità. Comunque, anche senza prendere parte allo sporco lavoro della CIA, “il NED si immischia in una quantità di modi negli affari interni di paesi stranieri, fornendo fondi, know-how tecnico, formazione, materiali educativi, computer, fax, fotocopiatrici, automobili e così via a gruppi politici selezionati, organizzazioni civiche, sindacati, movimenti di dissidenti, gruppi studenteschi, editori di libri, giornali, altri media ecc.” Da una stima, il mascheramento dei suoi scopi imperialistici mantenendo un'immagine benevola, fa del NED lo strumento di un imperialismo attenuato (pur essendo molto più efficace per la politica di stato di quanto lo sia mai stata la CIA).
Mentre indubbiamente la maggior parte della popolazione negli stati un tempo autoritari e monopartitici da il benvenuto alle possibilità di politiche aperte e multipartitiche, restano ben percepibili il sospetto e la percezione della sponsorizzazione straniera sulle istituzioni politiche nazionali. Anche quando il NED finanziò le elezioni in Cile del 1988, aiutando ad abbattere il regime di Pinochet, i partiti di opposizione che ne hanno tratto profitto, hanno nondimeno espresso risentimento contro l’interferenza U.S.
E tale sospetto non è infondato. Le politiche del CIPE e del Solidarity Center dell'AFL-CIO sono chiaramente di centro-destra. Se si guarda all’ambiente ed ai collegamenti dei membri del National Institute Democratic e specialmente dell’International Republican Institut- che elenca sessantaquattro società e fondazioni “benefiche”- si trova un formidabile intreccio di buro-capitalisti, con 500 rappresentanti dell’American Enterprise Institut e Fortune nei settori di energia, automobili, media e difesa. Anche società come Chevron-Texaco, Exxon Mobil ed Enron aiutano a finanziare sia il NDI sia l’IRI, e la loro influenza, particolarmente nel NED, è importante nel designare come bersaglio paesi come il Venezuela, l’Iraq ed il resto del Medio Oriente ed è molto più estesa di quanto facciano pensare i loro contributi diretti, relativamente piccoli. Ciò che fa del NED uno strumento particolarmente utile è che le attività dei suoi istituti, anche se finanziate dallo stato federale, non sono riportate al Congresso.
Nella sua dichiarazione di intenti, l’IRI proclama che i suoi programmi “non sono di parte e sono chiaramente aderenti ai principi fondamentali americani, come la libertà individuale, le pari opportunità e lo spirito imprenditoriale che favorisce lo sviluppo economico.” Tuttavia, seguendo i suoi “principi americani”, l'organizzazione dell’IRI, presieduta dal leader conservatore John McCain, non può soffrire una versione “non di parte” che tolleri le organizzazioni di sinistra. Nel suo ‘non essere di parte’ l’IRI è spesso associata contro la sinistra con un'altra organizzazione finanziata dal NED, la Free Trade Union Institute dell’AFL-CIO (FTUI). Negli anni ottanta, uno dei progetti di “assistenza alla democrazia” del FTUI fu una concessione del $1,5 milioni in sostegno ad un gruppo estremistico di destra, la National Inter-University Union, allo scopo di bloccare quelle che il gruppo laburista vedeva come pericolose influenze comuniste nel governo socialista di François Mitterand.
Nella visione del mondo dell’IRI, libertà equivale a “libertà di impresa”; quelli che resistono alle politiche economiche liberiste sono ipso facto antidemocratici. Per i suoi programmi di finanziamento, l’IRI usa una valutazione ideologica in modo ancor più evidente dello NDI. Entrambe le organizzazioni contano primariamente su gente con esperienza non nello sviluppo del lavoro ma piuttosto esperta “nelle battagliate stanze delle campagne presidenziali, nel lavoro congressuale e di lobby e nello scavalcare i funzionari di partito attraverso relazioni famigliari.”

‘In soccorso degli americani’ - Un compito dei russi
Con il crollo dell'Unione sovietica negli anni novanta, l'industria della propaganda elettorale U.S. cominciò ad operare in un ambito più globalizzato, sostenuta ed incoraggiata da finanziamenti di stato per installare, in nome di “la libertà”, nuovi avamposti per le conquiste economiche neoliberali. In qualità di ex bête noire, la Russia era la miglior campagna elettorale per i pianificatori di politica estera U.S.. Inizialmente, per la produzione di spot televisivi politici nel 1993 e poi nell’elezione presidenziale russa del 1996, furono invitati a Mosca i primi consulenti americani per tessere le fortune del capitalismo e di Boris Yeltsin sul comunismo e lo sfidante Gannady Zyuganov, del Partito Comunista (KPRF). Appena prima della campagna elettorale, gli Stati Uniti avevano sostenuto finanziariamente Yeltsin con prestiti per $14 miliardi. Il cancelliere tedesco Helmut Kohl aveva impegnato altri $2.7 miliardi, la maggior parte dei quali del tutto senza condizioni (permettendo con ciò il loro uso per un massiccio acquisto di voti) e il Primo Ministro francese Alain Juppé aggiunse al piatto $392 milioni “interamente versati nelle casse dello stato russo.” Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale Michel Camdessus impegnò la sua organizzazione a sostenere i piani di privatizzazione di Yeltsin, come un “obbligo morale”. La maggior parte dei fondi dell’Fmi andarono alla tesoreria di stato per essere spesi discrezionalmente, con l’ammonimento che l’assistenza finanziaria sarebbe stata sospesa nell'evento di una vittoria elettorale del Partito Comunista. “Alla fine, la campagna porta-a-porta del KPRF fu vanificata dalla campagna intrapresa dalla squadra di Yeltsin, con pesanti indagini, ben finanziata, saturata dai media e moderna.”
Ad operare dietro le quinte nella campagna di Yeltsin furono i consulenti americani George Gorton, Joe Shumate e Richard Dresner che precedentemente avevano lavorato insieme per la campagna governatoriale di Pete Wilson in California. Ad un certo punto, quando Yeltsin andava male nei sondaggi, ai tre fu chiesto di mettere in atto il loro intrigo americano per aiutare il ‘salvataggio’ di Boris. A questo scopo si unirono ad essi Steven Moore, uno specialista di pubbliche relazioni americano, ed una società di produzione pubblicitaria televisiva russa, la Video International. Dresner era un ex socio d’affari di Dick Morris ed ex consulente della campagna governatoriale di Bill Clinton. Morris, a sua volta , era il principale consulente politico di Clinton (avendo prima lavorato per i senatori conservatori del sud, Trent Lott e Jesse Helms) e si comportò come tramite tra il presidente U.S. e gli amici di Morris nella squadra di Yeltsin. Nonostante queste strette connessioni, i consulenti hanno negato ogni collegamento tra la campagna russa e la Casa Bianca.
Il personale di Video International (VI) fu addestrato per le elezioni dalla società pubblicitaria americana Ogilvy e Mather (parte del gruppo pubblicitario mondiale WPP). La strategia della campagna, incluso l’uso di metri di spezzoni d’archivio sulla brutalità di Stalin, era di attaccare il KPRF e Zyuganov con una varietà di tattiche anti-comuniste. Solo pochi anni dopo la caduta dell'Unione sovietica, ci fu uno straordinario voltafaccia nella politica, precedentemente sovietica, russa. Come una studiosa ha riscontrato nelle sue interviste con VI, i produttori della società si facevano beffe di Zyuganov, che non riusciva ad afferrare l'importanza del marketing politico, facendo pensare ad un altro straordinario ‘adattamento’ nel modo di pensare politico russo.
VI fu diretto da un ex membro di KGB, Mikhail Margolev, che precedentemente aveva passato cinque anni con le agenzie pubblicitarie americane. Margolev si sarebbe poi unito al gruppo di pubbliche relazioni per la campagna dell’elezione, nel 2000, di Putin. Dopo di allora, divenne poi un ‘senatore’ nel Consiglio della Federazione, la camera legislativa superiore della Russia. Lui e gli altri consulenti vicini a Putin hanno ricevuto “informazioni di prima mano nell’uso delle strategie e delle tecniche della campagna elettorale americana,” una tutela che loro pensano che presumibilmente aiuterà le grandi ambizioni politiche del loro leader. Un altro dirigente di VI, Mikhail Lesin è diventato Ministro delle Comunicazioni di Putin. In Russia Lesin è noto per contrastare la diffusione dei media che sono critici del governo Putin, marcando il crescente stile autoritario di quella leadership.
I consulenti elettorali americani lavorarono strettamente con la figlia di Yeltsin e la direttrice delle operazioni della campagna, Tatyana Dyachenko, passando ai loro corrispondenti russi le tecniche americane di costruzione di falsificazioni. Secondo una relazione stampa pubblicata, “essi informarono la campagna su organizzazione, uso strategico e tattico dei sondaggi e gruppi convergenti, con un messaggio elettorale centrale di anticomunismo”; un ruolo che hanno condiviso con la Burson-Marsteller ed altre società di pubbliche relazioni americane. Esortarono anche Yeltsin a far valere un controllo autoritario e a “piegare alla sua volontà” le stazioni della televisione di stato. Vantandosi di aver salvato Yeltsin da una sconfitta certa e la Russia da un ritorno alla Guerra Fredda, i consulenti ammisero di aver usato nella loro strategia di propaganda una quantità di tattiche di manipolazione per seminare la paura fra russi, uno stile che era già stato ben collaudato da diversi strateghi politici repubblicani. Un reportage del periodico Time su questi eventi uscì con un’arrogante copertina intitolata “ Il soccorso degli Yankee ”, che poi ispirò uno spettacolo tivù e un’iniziativa cinematografica, su come gli eroici consulenti politici americani “salvarono la Russia dal Comunismo.”
I lanci politici dei consulenti, trasmessi soprattutto dalla televisione e dalle stazioni radio di stato che Yeltsin controllava completamente, intonavano ripetutamente il tema che una vittoria di Zyuganov avrebbe riportato ad un'economia controllata ed un clima di terrore. Per ridisegnarne “la personalità”, al fine di catturare il voto dei giovani, gli americani chiesero a Yeltsin di apparire ai concerti rock, mandandolo una volta sul palco a dimenarsi. Alcuni dei consulenti russi di Yeltsin non approvarono la bravata, anche perché provocò un attacco cardiaco del candidato nel mezzo della campagna.
Negli slogan pubblicitari della campagna- come del resto dall'amministrazione Clinton- venivano invece ignorati l'economia fuori controllo, la cattiva salute di Yeltsin, la sua dipendenza dall’alcol ed il suo ampio ricorso a politiche repressive. Nonostante le sue tendenze autocratiche, la noncuranza per le libertà costituzionalmente garantite, i frequenti scandali per riciclaggio di denaro e la brutale guerra in Cecenia, Yeltsin ricevette la visita non riservata dei leader delle principali economie di mercato, come se la vera misura di una democrazia fosse l’apertura dei mercati. Un corrispondente del Time razionalizzò l'intervento americano in pura logica machiavellica: “La democrazia ha trionfato, e insieme ad essa sono arrivati gli strumenti delle moderne campagne, incluse la frode e le furbate che gli americani conoscono così bene. Se questi strumenti non sono sempre ammirevoli, lo è sicuramente il risultato che hanno aiutato a conseguire in Russia.”
Anche i Russi hanno imparato le arti oscure della cavillosità machiavellica in politica. Mosca ospita un Centro di Consulenza Politica, più generalmente noto come “Niccolo M.”, in riferimento al famoso teorico delle trame e della manipolazione politica. Dal 2002 in Russia, per le nuove attività elettorali, al Niccolo M. (i cui organizzatori erano formati in seminari finanziati dal NED, dallo NDI ed all’IRI) si aggiunsero molti altri nuovi gruppi di consulenze politiche, come il Centro di Tecnologie Politiche, che aiutò a disegnare le strategie della campagna elettorale e a combinare i contatti tra affaristi e funzionari del Cremlino. Il personale del Niccolo M. usò tutti i metodi imparati dai suoi mentori, inclusa la compravendita del candidato, sondaggi, gruppi mirati, posta diretta, schedature telefoniche, uso pesante dei mass media, annunci di offensiva e trame di falsificazioni. Dopo la sua sconfitta alle elezioni del 1996, il KPRF cominciò a studiare i manuali delle campagne elettorali occidentali e ad adottare le stesse tattiche. Per un controllo più stretto sui politici, i gruppi di affari russi hanno imparato a dare i loro soldi direttamente ai consulenti piuttosto che ai candidati; una pratica che corrisponde agli ‘ammorbidimenti’ in danaro dei finanziamenti elettorali negli Stati Uniti.
Facendo una stima, lo NDI si congratulò con se stesso per il ruolo avuto nel trasformare la società russa attraverso l'introduzione delle tecniche della propaganda elettorale americana. Lo studio ha proclamato fiducioso che, sotto l'influenza degli U.S., ora i partiti politici russi erano in grado di:
“designare la loro comunicazione agli elettori sulla base di informazioni demografiche e geografiche... condurre ricerche sulle attitudini degli elettori attraverso gruppi mirati e sondaggi... piccole riunioni, coalizioni di gruppi civici, porta a porta, schedature telefoniche, volantinaggi; organizzare più sofisticate operazioni stampa tese a creare notizie e rispondere ad eventi....Gran parte di questo cambiamento può essere attribuito all'addestramento dello NDI.
Se gli Stati Uniti avessero influenzato le politiche russe tanto quanto dice lo NDI, allora l'avvento di Vladimir Putin vorrebbe dire che le pratiche della campagna americana hanno poco a che fare con l'istituzione della democrazia.
Di fatto, “l’assistenza alla democrazia” americana alla Russia è stata parte di un più ampio progetto per trasformare quel paese in un’economia di mercato aperto, e di porlo in modo stabile e affidabile sotto il controllo di funzionari eletti filo-americani e favorevoli al capitalismo, senza badare alla loro storia o alle loro inclinazioni antidemocratiche. Nei primi anni ‘90, l'Harvard University Institut per l’International Development (HIID), che “serviva a distribuire centinaia di milioni di dollari USAID e G-7, in aiuti al contribuente, in prestiti sovvenzionati e altri fondi occidentali ”, spedì in Russia una squadra da “terapia d’urto” di economisti, guidata da Jeffrey Sachs. L'influenza dell’HIID si estese al coordinamento di $300 milioni di concessioni USAID che sono andati alla società di pubbliche relazioni globali Burson-Marsteller e alle “sei grandi” società internazionali di contabilità operanti in Russia per sostenere le vendite del programma di privatizzazione.
Lavorando a stretto contatto con Anotoly Chubais, Primo Ministro nominato da Yeltsin, Ministro delle Finanze e Capo del Personale, l'HIID favorì la conversione delle più importanti imprese di stato in proprietà privata. Il gruppo di Harvard di fatto “abbozzò molti dei decreti del Cremlino” a questo scopo. I susseguenti indicatori della qualità della vita in Russia hanno dato la misura di quanto le politiche patrocinate dal gruppo Sachs siano state disastrose e ampiamente screditate.

Salvare le altre ‘democrazie in transizione'
Oltre che in Russia, il NED e specialmente l'IRI, hanno concentrato pesantemente i loro sforzi finanziari negli stati dell’ex blocco sovietico. Fin dal 1990 i consulenti politici americani hanno cominciato ad istruire collaboratori per future campagne in diversi stati precedentemente guidati dal Partito Comunista, ora considerati “democrazie in transizione.”
Se la natura tra il pubblico e il privato del NED contribuì a cancellare una netta distinzione tra la condotta ufficiale e non ufficiale in politica estera, l'intervento politico di singoli cittadini americani lo fece ancora di più. Quando, alla fine del 2003, dopo il susseguirsi di un'elezione truccata e una sollevazione nazionale, il Presidente della Georgia Eduard Shevardnadze (precedentemente Ministro degli Esteri dell'Unione Sovietica sotto Gorbachov) fu costretto a dimettersi da Capo di Stato della Georgia, il finanziere miliardario ed attivista politico internazionale George Soros fu visto come colui che aveva giocato un ruolo sostanziale nell'orchestrare il cambio di potere. Soros, le cui organizzazioni sono coinvolte nella destabilizzazione di regimi nazionali, aveva finanziato la stazione televisiva di opposizione Rustavi 2, il giornale 24 ore ed il movimento georgiano della gioventù Kmara!, proprio come tre anni prima aveva sostenuto in Serbia un altro movimento studentesco, Otpor. L’attività di Otpor fu centrale nell'organizzare il rovesciamento di Slobodan Miloševic.
I leader studenteschi georgiani hanno riconosciuto di aver imitato passo per passo la rivolta serba. “Gli attivisti di Otpor, finanziati dall’Open Society Institute di Soros, tennero tre giorni di indottrinamento a classi di più di 1.000 studenti georgiani su come mettere in atto una rivoluzione incruenta”. Nella sconfitta di Shevardnadze, l’intervento estero di Soros può essere il più evidente, ma anche USAID, NDI, IRI, Casa della Libertà, e Dipartimento di Stato U.S. furono coinvolti in vari modi nel pilotare il risultato elettorale del paese. Richard Miles, ambasciatore U.S. a Belgrado che svolse un ruolo chiave nel rovesciamento di Miloševic´, fu trasferito a Tbilisi, dove mise nuovamente in atto la strategia istruendo Mikheil Saakashvili sui metodi per rovesciare Shevardnadze. L’allora Presidente dell’Ucraina, Leonid Kuchma, confermò che la sconfitta di Shevardnadze fu un “colpo di stato pianificato dall’Occidente.” Nel gennaio 2003, il margine di vittoria del 96.24% di Saakashvili, fu quotato dagli U.S. come una legittima espressione di democrazia elettorale.
Poiché gli Stati Uniti avevano interessi centrali nell’oleodotto georgiano Baku- Ceyhan e l'amministrazione Bush era preoccupata delle trattative petrolifere in corso tra Shevardnadze e i russi, la CIA probabilmente diede segretamente una mano all'opposizione del paese. Ovviamente, la prima scelta della Casa Bianca per rimpiazzare Shevardnadze fu Saakashvili, un laureato del corso di legge della George Washington e Columbia University, per la campagna del quale gli Stati Uniti fornirono sondaggi, strategie e consulenti. Dopo il forzato abbandono di Shevardnadze, gli Stati Uniti diedero $14 milioni di aiuti, pagando i salari al governo georgiano, e Saakashvili entrò in carica nel gennaio 2004. Per aiutare a garantire la sua vittoria, i sostenitori di Saakashvili furono rapidi ad imporre in parlamento un nuovo tipo di registrazione al voto, che riduceva di 1/3 gli elenchi di quella precedente, assicurando con ciò una partecipazione ufficiale del 50% (dei registrati), il minimo richiesto per rendere valida l'elezione.
Nel novembre 2004 le elezioni presidenziali in Ucraina offrirono un'altra opportunità agli Stati Uniti e ai governi dell’Europa occidentale per cercare di influenzare un riorientamento politico dell'Europa dell’Est, allontanandola dalla sua eredità sovietica. Il favorito degli U.S. e dell’U.E, Viktor Yushchenko, era visto come colui che avrebbe portato l’Ucraina nella Nato e adottato il programma generale del WTO. Come capo della banca centrale ucraina nei primi anni ‘90, Yushchenko, la cui moglie americana aveva lavorato nell'amministrazione Reagan, seguì entusiasticamente il programma di riforme strutturali dell’Fmi. La ristrutturazione economica condusse a inflazionare molto i prezzi della merce e dei servizi locali, a ridurre severamente il salario reale e ad un svolta al ribasso dello stato complessivo dell'economia, che ha messo seriamente a rischio il popolo ucraino.
Il concorrente di Yushchenko alla presidenza era il Primo Ministro Viktor Yanukovich, candidato sostenuto dal Presidente uscente Kuchma e dal Presidente russo Vladimir Putin. Ma il Dipartimento di Stato U.S. lo considerava corrotto ed inaccettabile e minacciò sanzioni se se fosse riuscito a spuntarla alle elezioni. Molte agenzie governative U.S., insieme ad organizzazioni private, inclusi il NDI, l’IRI e l’International Renaissance Faundation di Soros versarono milioni alla campagna di Yushchenko, mentre un dirigente dell'azienda statunitense di PR, Rock Creeck Creative, si vantò di avere creato per il candidato dell’Occidente un sito Web che serviva come una “piazza virtuale della libertà per il movimento della democrazia” in Ucraina.
A questi si unirono in appoggio di Yushchenko, le fondazioni tedesche Konrad Adenauer e Friedrich Ebert e il Partito Popolare Europeo (Democristiano). Con considerevole ironia, l'amministrazione Bush spedì a Kiev come emissario per elezioni eque l’ex presidente della CIA ed ex Segretario di Stato (per George Bush senior) Henry Kissinger, ben noto per le sue iniziative di destabilizzazione nel sud-est asiatico e in America Latina. Appare come un ulteriore caso di “etica discrezionale” il fatto che, sulla base dei sondaggi da lui finanziati, l'IRI abbia contestato l’iniziale dichiarazione di vittoria elettorale per Yanukovich, mentre lo stesso metodo di determinare i risultati elettorali fu trattato come irrilevante in luoghi come la Florida (2000) e l’Ohio (2004).
Sia gli Stati Uniti sia l'Unione Europea finanziarono la campagna per Yushchenko e i sondaggi pre-elettorali, precisando in anticipo che una vittoria di Yanukovich non sarebbe stata considerata un'elezione valida. Oltre che con una partigianeria così palese, l’American Bar Association aiutò la causa addestrando giudici ucraini, inclusi cinque giudici della Corte Suprema, che rovesciarono i risultati degli scrutini di novembre e richiesero nuove elezioni. E come in Jugoslavia e in Georgia, la forza alle spalle del candidato di opposizione appoggiato dall’Occidente, Yushchenko, era un movimento studentesco finanziato dall’estero, Pora. Infatti non è certo un segreto che i leader sia dell'Otpor in Serbia sia il Kmara! della Georgia furono indotti a offrire addestramento tattico agli attivisti di Pora.
In Ucraina le tre principali Ong politicizzate, il Centro Internazionale di Studi Politici, il Centro Regionale di Formazione dell'Ucraina Occidentale, ed il Centro per le Riforme Politiche Legali, hanno evidenti collegamenti con Yushchenko. Secondo Ron Paul, un rappresentante Repubblicano del Texas (stato d’origine di Bush), la prima fu finanziata da George Soros e le altre due dal governo U.S.. Per l'elezione ucraina furono anche versati milioni di dollari dall’USAID attraverso la “Iniziativa di Cooperazione Polonia-America-Ucraina” , che è amministrata dall’organizzazione privata di “assistenza alla democrazia” Casa della Libertà. I diretti legami di questi e di diversi altri gruppi nominalmente ‘riformisti’ con Yushchenko sono del tutto evidenti. Anche se il governo U.S. e le Ong fecero molto rumore per presunte frodi elettorali a favore di Yanukovich, non fu meno cospicua la falsificazione di voti in appoggio a Yushchenko nell’Ucraina occidentale.
Inoltre, come altri hanno notato, il governo U.S. non mostrò alcun simile risentimento per le ingenti manipolazioni che ebbero luogo per l'elezione di Yeltsin nel 1996, per il voto presidenziale dell'Azerbaijan nel 2003, l'espulsione incostituzionale di Shevardnadze in Georgia, il tentato colpo di stato militare in Venezuela del 2002 contro il Presidente popolare Hugo Chávez o l’elezione presidenziale messicana del 2006. Si è anche scoperto che, prima delle recenti elezioni a Belgrado, Tbilisi e Kiev, l'IRI aiutò ad istigare e inscenare grandi dimostrazioni di piazza, così come a progettare contrassegni con i simboli della resistenza, come i pugni chiusi. Queste sollevazioni ed icone furono riportate acriticamente dal flusso dei media americani come indicatori di una marea popolare rinnovatrice, filo-occidentale. Gli stessi media- che spesso si comportano in modo subalterno, come la stampa controllata nelle dittature- ignorarono invece le proteste di massa negli Stati Uniti, in Britannia e in molti altri paesi nella vigilia dell'invasione U.S. dell'Iraq.
Le successive elezioni parlamentari del marzo del 2006 hanno dato la misura degli attuali sentimenti degli elettori ucraini, che non vanno a sostegno delle pretese degli U.S., essendo il partito diretto dal WTO “ Nostra Ucraina” di Yushchenko risultato terzo e il partito di Yanukovich primo. Dall'estate del 2006, in mezzo ad una crisi di governo, Yushchenko è stato costretto a chiedere a Yanukovich di fungere da Primo Ministro.

Propaganda elettorale globale: la Grande Trama
L’interventismo degli U.S.(omettendo forse la II Guerra Mondiale) ha mostrato poco rispetto per i principi democratici; anche la loro retorica di politica estera, un tributo sleale alle sensibilità delle persone comuni, è sempre proiettata in quella luce. Gli Stati Uniti, mentre hanno ampiamente contato sull’aiuto offerto ai regimi dittatoriali in tutto il mondo (una politica che non hanno ancora abbandonato), ora, in un ambito mondiale intensamente comunicante, giudicano politicamente più legittimante per loro portare a termine i loro obiettivi neoliberali attraverso il quadro digressivo della “assistenza alla democrazia.” Riguardo agli storici disegni angloamericani sulla Russia e l'Europa orientale, poco è cambiato dai tempi del Ministro degli Esteri britannico Lord Balfour, che nel 1918 (l'anno dell’intervento militare anglo-franco-statunitense in Russia) dichiarò: “L'unica cosa che mi interessa nel Caucaso è la linea ferroviaria che trasporta il petrolio da Baku a Batumi. I nativi possono farsi a pezzi l'un l'altro, per quanto mi riguarda”
Oltre alla grande strategia geopolitica di controllo delle riserve di petrolio, che attirano l’intervento straniero negli stati che configurano la regione dal Mar Caspio all’Asia centrale e che impongono il dominio militare permanente sull'area, c'è l'attrattiva di nuove frontiere per la penetrazione capitalistica transnazionale. Il bisogno di legittimazione politica e di presentare la dominazione con l'espressione benigna di “assistenza alla democrazia” è condiviso da una serie di interessi statali e societari transnazionali e dai loro clienti locali, che contano sui propagandisti di pubbliche relazioni e sui mercenari della propaganda elettorale nella speranza di installare basi sicure nella regione. Rick Ridder, un consulente politico, ex presidente dell'International Association of Politicial Consultants, riguardo al flusso di consulenze d’oro in Messico in preparazione delle elezioni del 2000 in quel paese, ha detto: “Se c'è una cosa che gli statunitensi possono insegnare ai messicani è questa: la democrazia è un affare lucroso.”
Effettivamente, la “assistenza alla democrazia” è un'industria in crescita. L'elezione di statisti e partiti del “libero mercato” è una porta dalla quale certamente passa ogni genere di venditori di tappeti internazionali e di imbroglioni, inclusi gli esperti di propaganda elettorale. Comunque non è certo che l’abilità e il capitale occidentale abbiano sempre successo e gradimento. In realtà nel mondo c'è molto scetticismo sulle motivazioni dietro al NED e alla “assistenza alla democrazia.” I polacchi hanno fatto riferimenti derisori sulla presenza di consulenti elettorali stranieri e professionisti di pubbliche relazioni, come la “brigata Marriot ”(in riferimento al luogo da loro preferito per riunirsi).
La Bielorussia è il solo paese nel quale il Dipartimento di Stato U.S., l'E.U., il NED ed i loro amici piazzisti del neoliberismo devono ancora fare serie incursioni. Forse il governo di Lukashenko, pur strettamente marcato, riesce a mantenere la legittimità perché la Bielorussia ha creato un'economia stabile, senza le incursioni e il saccheggio della “terapia urto” neoliberale o la distruzione del settore pubblico. In reazione alla sonora sconfitta di Alexander Milinkevic, candidato appoggiato da U.S. / E.U., e al fallimento di un movimento giovanile tipo Otpor (e anche di Zubr e del Fronte della Gioventù di destra), a Lukashenko è stato impedito durante la campagna elettorale del 2006 di fare visita negli stati europei o negli Stati Uniti. Non è successo altrettanto, per esempio, a pilastri della democrazia quali i capi di stato di Egitto, Colombia, Pakistan, Arabia Saudita, Kazakihstan, Azerbaijan, Guinea Equatoriale, Israele o Indonesia, che godono di facile accesso al Dipartimento di Stato e alle stanze della Casa Bianca. In questi stati clientelari filo-occidentali brutalmente repressivi (in alcuni casi ex dittature militari) che si sono aperti alle imprese transnazionali, sono spesso state utilizzate elezioni truccate dalle élite dominanti, poi avallate dai loro padroni stranieri, per “mietere i frutti della legittimità elettorale senza correre i rischi dell'incertezza democratica”
È probabile che una propaganda elettorale globale così a favore del capitalismo neoliberale conduca alla resistenza nei paesi interessati, quando questi prenderanno coscienza di questi metodi di manipolazione politica, particolarmente proveniente da forze esterne. Nel lungo termine, possiamo sperare che il fallimento della falsa-democrazia genererà un più autentico dibattito sull’internazionalismo, basato sul rispetto per la pacifica diplomazia, diritti umani e civili, sovranità nazionale e sviluppo di una ponderata partecipazione popolare- e senza il ricorso a trame politiche e ad altre espressioni dell’egemonia neocoloniale.

Traduzione dall’inglese di Bf per resistenze.org
Originale in inglese: Monthly Review, vol. 58, n. 7