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Torna di moda l'impegno. Nel nome di Adorno

di Pierluigi Panza - 16/05/2007



Pievani, Giglioli e Kerbaker per una critica postideologica della cultura

La scuola di Francoforte, Max Horkheimer, Sartre, Michel Foucault

Si chiama «agone» perché dovrebbe essere il luogo dell'agonismo culturale, un'adunanza dove gli intellettuali combattono sguainando le parole. La nuova collana di saggistica «agone», diretta dallo scrittore Antonio Scurati per la casa editrice Bompiani, si presenta come una palestra dove gli atleti delle lettere, nelle diverse discipline e con diversi attrezzi, gareggiano nella lotta per l'affermazione di proposte e modelli culturali o per la demistificazione di altri. Una lotta che, diversamente dalla polemica, non si esaurisce nell'invettiva e nella critica, ma partecipa all'edificazione di un processo di trasformazione. Insomma, un ritorno alla critica della cultura e, se vogliamo, all'impegno, in una versione postpolitica e postideologica.
Del resto, rispondendo all'accusa d'esser uno dei «nuovi padroni della letteratura» a lui mossa da Aldo Nove, Scurati aveva toccato proprio elementi di «poetica militante»: «Non mi riconosco nel titolo di "padroni della letteratura". La visione del potere ci è estranea. La mia è una visione "agonistica" della cultura che però non si esercita nei confronti di altri scrittori, ma in società, verso i poteri forti od oppressivi. La militanza dello scrittore è lì».
Gli strumenti della militanza non dovrebbero esser più le piazza e le assemblee studentesche come ai tempi di Sartre e Foucault, ma le aule scolastiche, le istituzioni culturali, la televisione e le librerie.
«Con "agone" vorrei fare della critica della cultura più che dell'invettiva e accompagnare la critica a una proposta culturale», afferma Scurati. «Senza essere rigidamente generazionali, vorremmo raccogliere le intelligenze dei 35-45enni pubblicando brevi saggi lontani dall'opinionismo e dal pamphlettismo, con intenti militanti civili e sociali».
Si tratta di un programma che può annoverare tra le proprie radici persino la scuola di Francoforte con il progetto di critica dell'Illuminismo di Adorno e Horkheimer, in un clima, però, da baumiana «società liquida». Dunque, continua Scurati, «le matrici non saranno marxiste o di altre espressioni politiche definite, e ci saranno autori dichiaratamente di sinistra e di destra». L'avvento di una cultura globale nella società di massa dominata dalle comunicazioni ha respinto, negli ultimi decenni, ogni proposta di riflessione critica sui saperi, che in questa collana ha l'ambizione invece di rilanciare attraverso contributi specifici e senza maître à penser.
Per ora, sono impegnati nell'agone in tre. Telmo Pievani ( In difesa di Darwin) è armato di un piccolo «bestiario» dell'antidarwinismo all'italiana, che demistifica le difese del Disegno Intelligente sostenute dai teocon nostrani. Il secondo combattente è Daniele Giglioli, ricercatore di letterature comparate, che passa in rassegna i romanzi europei dalla Rivoluzione Francese in poi per mostrare la centralità della figura del terrorista in Sade, Artaud, Manzoni, Dostoevskij, Ellroy, Updike ( All'origine del giorno è il terrore)... Il tentativo sarebbe quello di togliere la figura del terrorista da una sfera separata e segregata («non si tratta», sono «altro da noi») per relazionarlo all'esperienza individuale. Infine Andrea Kerbaker, scrittore ed operatore culturale, radiografa Lo stato dell'arte (questo il titolo) in Italia, uno stato di salute che è notoriamente sofferente. Qui il cahier de doléance dovrebbe partire dal Settecento, quando i viaggiatori incominciano a denunciare le noncuranze del Belpaese, quindi riscoprire le critiche di Ruskin e Riegl al restauro stilistico e giungere sino alle denunce dei nostri Brandi, Cederna e, come vuole Kerbaker, Salvatore Settis. Merito del libro è di evidenziare anche i casi positivi, specie per quel che riguarda le donazioni — da quella Vitali a Brera, dalla villa donata al Fai con installazioni di Dan Flavin ai lasciti letterari (come quello di Maria Corti al fondo manoscritti di Pavia). Kerbaker individua anche parole chiave di un sillabario per ottenere successo nella realizzazione dei cosiddetti eventi culturali: «Vivacità, mobilità, originalità, semplicità, contaminazione, comunicazione e contemporaneità». La sfida è anche su come ridare valore o superare alcuni di questi termini.
L'efficacia dei libri di questa collana andrà verificata al di fuori del circuito costituito da editori, giornali, dibattiti culturali, ovvero nella capacità che avranno di influenzare — pur in un contesto complesso e dinamico — gli orientamenti sociali.