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La scuola delle Muse

di Maurizio Schoepflin - 19/05/2007

Etienne Gilson

LA SCUOLA DELLE MUSE

Medusa, 208 pp., euro 21

Al nome del parigino Etienne Gilson è

indissolubilmente legata una grande

impresa di storiografia filosofica: quella

dello “sdoganamento” del pensiero del

Medio Evo. A lui si devono infatti scritti di

fondamentale importanza sulla speculazione

filosofica medievale nel suo complesso

e su alcuni autori in particolare. E

se noi oggi abbiamo una significativa consapevolezza

dell’immenso valore della filosofia

medievale, ciò è dovuto in notevole

misura all’impegno di questo studioso che

divenne anche senatore e sedette tra gli

immortali della prestigiosa Académie

Francaise. Ma Gilson non fu soltanto un

grande storico della filosofia e sulle solide

basi delle indagini sul pensiero medievale

elaborò pure alcune importanti riflessioni

in merito alla questione della filosofia

cristiana, intorno alla quale si svolse un

ampio dibattito in Francia nel quindicennio

che va dal 1924 al 1938. Ne “La scuola

delle muse”, che risale al 1951, troviamo

saldate queste due linee lungo le quali si

sviluppò la ricerca gilsoniana: la linea più

schiettamente storica e quella più decisamente

teoretica. In questo libro Gilson affronta

la questione della decisiva influenza

esercitata dalla figura femminile nei

confronti di molti artisti. Come scrive

Bianca Garavelli nella presentazione, la

Musa è per Gilson “una donna concreta, in

carne e ossa, che ha un’identità storica e

perfino anagrafica, ma che è importante

per quello che riesce a suscitare nella

mente dell’artista attraverso un concreto

sentimento d’amore che fa nascere in lui

… la Musa diventa l’essenza stessa dell’opera

di un artista, vi si lega così profondamente

da diventare depositaria del suo significato”.

E se sullo sfondo è impossibile

non intravedere Dante e Beatrice, ai quali

Gilson dedicò alcuni saggi di grande valore,

in questo volume l’autore ci fa incontrare

altre coppie celebri: Petrarca e Laura,

Baudelaire e Madame Sabatier, Wagner e

Mathilde Wesendonk, Comte e Clotilde de

Vaux. Seguendo tale percorso, Gilson giunge

a parlare dei rapporti intercorrenti fra

arte e eros e poi anche tra arte, eros e religione,

e propone alcune tesi tanto suggestive

quanto discutibili: per esempio, quella

secondo cui gli artisti più grandi possiedono

in sé una parte femminile maggiormente

sviluppata di altri, che si autofeconderebbe

proprio attraverso il rapporto

con la

Musa. ()