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"Sentire" la natura o sparire

di Massimo Fini - 11/09/2005

Fonte: Massimo Fini

Nel mondo moderno sempre più tecnologizzato l'uomo perde il legame con la
natura e smarrisce se stesso, dimostrando così la sua impotenza di fronte ai cataclismi naturali
.

Gli scienziati americani,basandosi sul loro sofisticatissimo centro di
osservazione delle Hawaii,avevano avvertito che questo nuovo terremoto
avrebbe causato,"al cento per cento",un nuovo tremendo tsunami. Invece il
maremoto stavolta non c'è stato,a differenza dell'altro quando il centro
delle Hawaii rimase silente
e lo tsunami spazzò le coste facendo 300 mila morti. Il fatto è che l'uomo
moderno,occidentale e occidentalizzato, si affida troppo ciecamente ai
macchinari e in questo affidamento,e nell'agire complessivo della
tecnologia, perde il rapporto con la natura, con se stesso, con i propri
istinti vitali. Facciamo
un esempio che non c'entra con lo tsunami. L'11 settembre i dirigenti
invitarono coloro che erano nelle Torri a stare al proprio posto, ché presto
sarebbero arrivati i soccorsi. Il cane di un cieco, per non sapere né
leggere né scrivere e nemmeno ascoltare,si precipitò giù per le scale
dall'ottantesimo piano, portando
così in salvo il padrone. Il 26 dicembre lo tsunami colpì con particolare
violenza le isole Andamane che, dopo Sumatra, erano le più vicine
all'epicentro del terremoto. E infatti nelle Andamane turisticizzate e
"civilizzate" ci furono 10mila morti e 7mila dispersi. Ma fra i popoli
cosiddetti primitivi - che in tedesco vengono definiti, correttamente
,'popoli della natura' (Naturvolker) perché vivono in armonia con la natura-
che abitano le isole Andamane, non ci fu un solo morto né un ferito. Come
mai? Perché conoscono l'oceano, non costruiscono abitazioni sulla spiaggia,
ma sulle colline, sanno capire e leggere il mare e il cielo e hanno intuito
cosa stava per accadere molto prima che il mare si ritirasse. Del resto
nell'area del maremoto si salvarono anche tutti gli animali selvatici.(..)
Ciò che mi colpì all'epoca dello tsunami non è che si siano fatti fregare
gli occidentali, con i loro cellulari, gli sms, i walkman, i sound about, i
canotti, le pinne, il fucile e gli occhiali, ma che si siano lasciati
sorprendere i nativi "civilizzati". Ciò vuol dire che l'intrusione del
nostro modello,la globalizzazione, li ha completamente snaturati,
imbastarditi, ne ha pervertito gli istinti. L'apologo della diversa sorte
dei "primitivi" e dei "civilizzati" avrebbe dovuto,credo,far meditare e
riflettere. Invece
abbiamo scaricato su quelle regioni un'immensa massa di denaro,presi
dall'ansia di rifare tutto come prima,di ricreare al più presto quei
paradisi artificiali dove andiamo a rapinare ai nativi,oltre a tutto il
resto, anche la loro natura di cui ci appropriamo, pervertendola e
pervertendoli, e di fatto impoverendoli
con l'aria di arricchirli perché tre secoli fa molte di quelle popolazioni
erano felici e nient'affatto, come ora, miserabili. Tutto doveva tornare
come prima, quasi volessimo cancellare o rimuovere un incubo senza nemmeno
chiederci perché lo avevano sognato e vissuto. E adesso crediamo di tutelare
quella
popolazione e noi stessi impestando l'Oceano indiano di sofisticatissimi
congegni tecnologici, disseminandolo di boe computerizzate e collegate con
il tecnologicissimo centro di ascolto delle Hawaii, che dà allarme quando
non serve e non lo dà quando ce n'è bisogno. Il problema non è questo. Non
sarà la tecnologia a salvarci, né nel Sudest asiatico né altrove, né dallo
tsunami né da altro, piuttosto contribuirà ad affossarci definitivamente.
Come gli indigeni delle Andamane, gli Onga, gli Jawaza, i Grandi Andamanesi,
dovranno tornare a saper ascoltare il mare con orecchie umane, a guardare il
cielo con occhi umani, sentire la natura e noi stessi con cuore umano e
imparare a ritrovare i nostri istinti vitali invece di affidarci ciecamente
a sofisticatissime, ma
ottuse, tecnologie come il centro di ascolto delle Hawaii.

31/3/05