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La guerra di Bush: quando il tempo non risolve niente

di Ramzy Baroud - 25/07/2007


 


Le notizie delle ultime settimane provenienti da Washington e Baghdad puntano ad una chiara, se non finale, conclusione: le avventure dell'amministrazione Bush sono state un fallimento completo.

Ciò che i media hanno battezzato la Rivolta Repubblicana trova ora rinforzi da parte di due dei più autorevoli senatori repubblicani: John Warner della Virginia e Richard Lugar dell'Indiana. Prima della vittoria democratica in entrambe le Camere al Congresso, Warner era il presidente della Commisisone Servizi Armati, mentre Lugar presiedeva sul Comitato Relazioni Estere. La loro importanza nel partito su questioni di sicurezza nazionale e politica estera è semplicemente fuori questione.

Entrambi i senatori hanno proposto una misura che richiede un ridispiegamento di truppe dalla linea di combattimento a partire dal 1 Gennaio 2008. La misura svelata il 13 Luglio 2007, richiederebbe che la Casa Bianca proponga un piano di riallineamento per il 16 ottobre 2007.

Basta considerare i tempi della proposta di riallineamento per convincersi della sua serietà. Il capo delle forze USA in Iraq, Generale David Petraeus, insieme all'ambasciatore USA a Baghdad, Ryan Crocker, devono fornire un rapporto al Congresso che valuti i progressi della guerra e se il governo iracheno del primo ministro Nouri al-Maliki è stato all'altezza delle condizioni imposte dal Congresso e accettate da Bush. Se al-Maliki e il suo entourage, che molti considerano basato su criteri settari, manca di mostrare competenza, vi sarà un taglio degli aiuti.

I democratici, che siano in buona fede o sappiamo che il fiasco in Iraq è la loro carta vincente nello scontro col presidente sotto assedio, sono furiosi. Dal loro punto di vista, persino la notevole iniziativa di Warner e Lugar sembra, nella migliore delle ipotesi, insufficiente. Il leader di maggioranza al Senato, Harry Reid, ha criticato il piano per non insistere sull'aspetto dell'implementazione. Lui in ogni caso insiste su una legge alternativa che richiederebbe iol ritiro delle truppe per la primavero del 2008. Anche molti altri democratici stanno seguendo la linea di Reid; comunque, non costituiscono la maggioranza richiesta per superare un veto presidenziale.

Bush, d'altro canto, sostiene che la sua strategia necessita più tempo. Non sta più chiendendo ma "implorando". Di fatto, l'ultima parola è il termine esatto usato in un articolo del Washington Post del 14 Luglio 2007, che riferiva la riposta della Casa Bianca alla ribellione dei repubblicani. "Bush ha implorato il Congresso di attendere la valutazione di Petraeus prima di tentare un cambio di strategia", ha scritto Shailag Murray.

Attendendo l'annuncio di una strategia di ridispiegamento per la metà di Ottobre 2007, la proposta del senatore implicherebbe che la Casa Bianca inizi a preparare i documenti quasi immediatamente; facendo così, rendono inutili in anticipo le raccomandazioni di Petraeus e Crocker. E perché mai attendere se quello che Petraeus dirà è già noto?

Parlando con John Simpson della BBC, da Baquba, Iraq, solo pochi giorni prima lo sviluppo di Capitol Hill, ha detto: "L'Irlanda del nord, penso, ci insegna molte cose. Le mie controparti nelle forze [britanniche] capiscono bene questo tipo di operazione... c'è voluto molto tempo, decenni".

Petraeus non è pessimista al punto di elimimare la possibilità di una vittoria militare, ma parla di una guerra lunga e difficile. "Non so se si tratterà di decenni, ma la media delle operazioni di controinsurrezione è intorno ai 9 o 10 anni". Considerando queste opinioni, si può prevedere il rapporto di Petraeus per il Settembre 2007, che probabilmente celebrerà qualche successo qui e lì, accentuerà la durata della guerra che rimane da fare. Un periodo di altri dieci anni per sopprimere una "insurrezione" è troppo lungo per una nazione che si sta già stancando della guerra e dei suoi costi; per non dire del popolo iracheno che paga il vero prezzo.

Il fallimento dell'amministrazione Bush ad assicurarsi il sostegno del Congresso, e soprattutto dei membri repubblicani, viene a porsi accanto ad un'altra tempesta politica; questa volta emanante dal governo iracheno stesso: al-Maliki è arrivato a sostenere che le forze governative irachene sono capaci di mantenere la sicurezza nel paese quando le forze USA lasceranno "in ogni momento che decideranno di farlo". Un suo alto consigliere, Hassan al-Suneid, ha criticato gli USA per aver trasformato la nazione in un "laboratorio per gli esperimenti americani".

Al-Suneid ha fatto i suoi commenti in protesta verso i benchmark di Bush, ma anche verso le tattiche militari USA, compreso il coordinamento con gruppi di militanti sunniti -- "bande di assassini" secondo al-Suneid -- per ostracizzare e distruggere al-Qaeda in Iraq.

Frattanto, al-Maliki sta cercando di gestire una crisi senza soluzioni ed allargando le divisioni tra i ranghi dei partiti politici sciiti, e tra questi e i Sunniti e i Curdi. La crisi della sua coalizione è molto peggio dei dolori di Bush al Congresso, sebbene sia per lo più alimentata dalle politiche e dalle aspettative di Washington.

Mentre rapporti del Pentagono continuano a parlare di qualche successo qui e lì a giutificazione dei rinforzi di 30.000 soldati del surge, la situazione sul terreno rivela una diversa realtà. Attentati suicidi, autobombe, infiniti raid dell'esercito USA, colpi di artiglieria che sfrecciano ovunque si succedono senza interruzione. Il fatto che gli iracheni stiano morendo a centinaia rende i rapporti del Pentagono sui progressi misurabili semplice inchiostro su carta.

Per tornare agli USA, un sondaggio della Associated Press-Ipsos, condotto tra il 9 e l'11 Luglio 2007, mostra che l'approvazione degli Americani per le decisioni del Congresso è ai livelli del Giugno 2006 prima della vittoria dei democratici alla Camera e al Senato. Con un gradimento per le decisioni del Congresso al 24%, gli Americani stanno perdendo fiducia in entrambe i partiti, dopo un'improvviso impeto di speranza per l'ascesa dei democratici che avrebbe dovuto portare la nazione in un'altra direzione. L'indice di approvazione del presidente Bush ad un egualmente devastante 33%.

E' fin troppo ovvio che le politiche USA in Iraq hanno fallito oltre ogni rimedio. Quel fallimento non sarebbe troppo importante se non fosse per il fatto che centinaia di migliaia di innocenti Iracheni ne hanno pagato il prezzo. Molti altri ancora probabilmente moriranno se il Congresso non agisce con decisione per realizzare la volontà degli Americani e rispettare la santità delle vite degli Iracheni.





Originale da: Middle East Online

Articolo originale pubblicato il 21 luglio 2007

L’autore

Gianluca Bifolchi è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

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Tradotto da  Gianluca Bifolchi