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Ecocentrismo ed antropocentrismo

di Paolo Scroccaro - 29/08/2007

               L’ECOCENTRISMO DI TED MOSQUIN E STAN ROWE

                E L’ANTROPOCENTRISMO DI J. NAVARRO-VALLS

 

J. Navarro-Valls, già portavoce del Vaticano, si è recentemente confrontato con l’ecologismo radicale di Mosquin e Rowe, e in particolare con il loro “Manifesto per la Terra”, da lui considerato una sintesi dell’ecosofia attuale. Il “Manifesto” è disponibile anche in lingua italiana, grazie alla traduzione di Guido Dalla Casa, ed è stato pubblicato in vari siti web (tra cui www.filosofiatv.org e www.concezionedelmondo.org); l’intervento di Navarro-Valls, intitolato La questione ecologica, è stato ospitato in prima pagina dal quotidiano Repubblica (13 maggio 2007), che così facendo ha avuto il merito di dare visibilità non solo al tema della devastazione ambientale (tutti i media ormai sono costretti a parlarne), ma soprattutto all’ecosofia quale possibile alternativa di civiltà (e questo accade assai di rado).

L’attenzione di Navarro-Valls per l’ecosofia è un segnale non da poco: egli avverte che, nel contesto odierno, essa potrebbe aspirare ad un ruolo importante, essendo in grado di proporre un paradigma globalmente alternativo a quello oggi predominante; ma arrivati a questo punto cruciale le strade di Navarro e della saggezza ecosofica si dividono, per una serie di motivi che meritano di essere richiamati e discussi. Partiamo dunque dall'articolo di Navarro-Valls, che si sofferma sui seguenti temi:

a)      il Manifesto per la Terra comporta una critica (eccessiva) all’Occidente moderno e all’antropocentrismo che lo caratterizza;

b)      il Manifesto per la Terra critica giustamente lo scientismo di derivazione cartesiana, responsabile di una concezione riduttivistica della natura, che ha aperto la via alla sua sfrenata manipolazione;

c)      l’antropocentrismo e la tecnoscienza non vanno però demonizzati, perché in ultima analisi la natura è predisposta per essere utilizzata, data la superiorità del genere umano.

 

Nel sostenere quest’ultima tesi di stampo tomista, Navarro pretende di coinvolgere l’intera filosofia greca: egli sostiene che da essa ( Socrate, i Sofisti, Platone, Aristotele) avrebbe origine l’antropocentrismo, e volendo rinforzare la tesi ricorda il motto socratico “conosci te stesso” come chiaro indizio di una filosofia centrata sull’uomo quale “supremo valore etico”.

Non lo possiamo proprio seguire su questa via: la sua ricostruzione si scontra con il fatto, ampiamente documentato, che Socrate e Platone rappresentano piuttosto la linea cosmocentrica della filosofia greca (diversamente da molti Sofisti e da Aristotele); e all’interno di essa il famoso motto delfico “conosci te stesso” ha ben altro significato rispetto a quello meramente psicologistico e umanistico immaginato da Navarro. Quest’ultimo, presentando l’intera filosofia greca come appiattita nel segno dell’antropocentrismo (e lo stesso dicasi del medio evo), finisce per sostenere che in fin dei conti tutta la tradizione occidentale sarebbe sostanzialmente contrassegnata dall’antropocentrismo, e non solo la cultura moderna ! Si tratta di una reinterpretazione unilaterale, che non rispetta le profonde differenze presenti nelle scuole filosofiche antiche, e che occulta importanti insegnamenti ecocentrici delle saggezze premoderne in genere.

In questo modo, Navarro-Valls può parlare dell’ecosofia riferendola più che altro ad un prodotto d’importazione (vedi l’Oriente da lui citato) o ad un’escogitazione di qualche eccentrico intellettuale contemporaneo (Ted Mosquin, Stan Rowe, Felix Guattari da lui nominati). Ma l’Ecosofia è molto di più, come è stato messo in risalto dai vari autori che a vario titolo in questi decenni si sono occupati di Ecosofia o di Ecologia Profonda (Bill Devall, George Sessions, Fritjof Capra, Arne Naess, Gary Snyder, Luisa Bonesio…). Tirando le somme, possiamo ben dire che si tratta di una saggezza ecologica, non-antropocentrica  e non-dualistica presente in molte correnti culturali premoderne (filosofiche, religiose, ecc.), a Oriente come a Occidente: non dunque idee bizzarre esotiche o estemporanee, bensì un indispensabile punto di riferimento che ha permeato e animato la vita delle culture e delle civiltà, sia pur con alterne fortune.

 

In relazione al punto b),  Navarro condivide quanto sostenuto anche dall’ecologismo radicale, e cioè che la natura non può essere ridotta a semplice materia estesa e misurabile, come pretendevano filosofi e scienziati di formazione cartesiana: questa visione del mondo ha infatti aperto la via all’ipersfruttamento della natura e alla devastazione tecnologica. Occorre perciò riconsiderare la natura, oltrepassando il riduttivismo del meccanicismo cartesiano ed accogliendo certe istanze dell’ecologia: perciò egli vede con favore quelle tendenze delle scienze contemporanee che vanno nella direzione di un superamento del meccanicismo (a questo riguardo, ci permettiamo di segnalare le indispensabili riflessioni di F. Capra, che hanno il merito di delineare un quadro d’insieme particolarmente appropriato). In questo contesto, Navarro riconosce alcuni meriti a Heidegger e a Jonas, i quali hanno denunciato con vigore la volontà di potenza della tecnoscienza, i pericoli che incombono e l’insufficienza dell’etica contemporanea.

Senza aderire pienamente alle loro tesi, Navarro ne ricava che occorre comunque rivedere il nostro concetto di natura e il nostro rapporto con essa, in vista di un riequilibrio alla luce di una rinnovata responsabilità.

Queste premesse sono promettenti, ma non altrettanto si può dire del prosieguo: infatti, come già anticipato, Navarro-Valls propende per una rivisitazione dell’antropocentrismo, allo scopo di salvarlo con qualche leggera correzione. Proprio su questo dovremo soffermarci, per meglio soppesare l’enorme distanza che lo separa da qualsiasi prospettiva ecocentrica/ecosofica.

 

Le riserve verso l’Ecosofia, adombrate qua e là, vengono manifestate in modo esplicito nella parte finale: Navarro si appella al grado di perfezione e intelligenza del genere umano (dandone per scontata la superiorità su tutti gli altri esseri), per sostenere che esso ha il compito di migliorare la natura, colmandone le carenze originarie tramite la scienza e la tecnica; e a questo proposito egli ricorda con favore i successi realizzati in campo medico-salutistico, per illustrare ed esemplificare la sua prospettiva…che in definitiva rimane antropocentrica e tecnocentrica: egli si accontenta di mitigarne certe asperità, senza altro pretendere. D’altronde, per lui l’antropocentrismo è la situazione culturale “normale” dell’Occidente, e tale normalità intrascendibile non può che esser riconfermata, con un pizzico di responsabilità e ragionevolezza supplementari!

In questo quadro, egli afferma scopertamente che la natura è predisposta per esser utilizzata, e che vi è una specie di legge intrinseca che impone all’uomo di non limitarsi alla contemplazione, ma di usare la natura; anche in campo etico, egli è obbligato a riproporre la bontà dell’orizzonte antropocentrico, limitandosi a ripetere che però occorre guardare al bene di tutti gli esseri umani, e non a quello di pochi (ricompare ancora una volta il grave fraintendimento kantiano, che scambia per universale un’etica in realtà piccina e circoscritta agli umani, nel mentre tutti gli altri esseri vengono relegati nel più ampio territorio dell’utilizzabile).

 

Dall’ecologia superficiale all’Ecosofia

Il pensiero di Navarro-Valls non si discosta per nulla da quel tipo di pensiero che da vari secoli e con ostinazione sollecita l’assoggettamento e la trasformazione del mondo naturale da parte dell’uomo. L’iniezione di qualche accorgimento ecologista, non sposta la direzione fondamentale di tale pensiero, ed anzi ha la funzione di rafforzarlo e legittimarlo per quanto possibile, considerando le gravi emergenze ecologiche del nostro tempo. Bisogna aggiungere che il punto di vista espresso da Navarro-Valls non appartiene solo al mondo cattolico: appartiene alla gran parte dell’ambientalismo contemporaneo, quindi anche all’ambientalismo laico, il quale ricorre a categorie di pensiero identiche o simili a quelle di Navarro. Tutt’al più possono emergere, sul piano politico-culturale, alcune differenze di tonalità, che non devono essere sopravalutate poiché restano ininfluenti. In definitiva cattolici e laici (la maggior parte) convergono in una posizione ambientalista qualificabile come “ecologismo superficiale”:  si tratta di proteggere la crescita economica e l’espansione tecnologica, cercando di limitare i contraccolpi che ne discendono, poiché se questi fossero troppo distruttivi, la logica sviluppista dominante  verrebbe minacciata in modo clamoroso. Per evitare di mettere a soqquadro il sistema, si tenta di correre ai ripari, provando a smussare un po’ l’aggressività dell’apparato tecnico-scientifico e delle grandi forze economiche, e progettando quando possibile riparazioni dei danni più vistosi ad essa – la logica sviluppista - dovuti (il che quasi sempre si trasforma in  business supplementare)…Ecologia superficiale, appunto: essa è diventata una copertura ideologica necessaria, che ormai gli sviluppisti di qualsiasi colore sono obbligati ad adottare, per tentare di far sopravvivere il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Ogni politica economica e tecnologica che si rispetti, deve mostrare attenzione per gli effetti collaterali di detto sviluppo, effetti che devono essere ridimensionati o tenuti sotto controllo, almeno in teoria: molte differenze politiche tra i vari partiti possono essere ricondotte alla diversa determinazione nel modo di modulare strategie di “ecologia superficiale”.

In ogni caso, l’ecologia superficiale è diventata l’estremo prolungamento di quella prospettiva antropocentrica e sviluppista che vuole continuare a saccheggiare la Terra, perpetuando il vecchio paradigma centrato sul dominio e sulla sopraffazione degli enti della natura: a questo non si può proprio rinunciare, e le parole “ragionevoli” di Navarro-Valls costituiscono una delle tante conferme di questa ostinazione umanocentrica.

 

Poco o nulla in comune con lo spirito dell’Ecosofia, o se si preferisce dell’Ecologia Profonda; cercando una chiara linea di demarcazione tra le due ecologie, si potrebbe distinguere evidenziando che, a differenza dell’ecologia superficiale, l’Ecosofia (o Ecologia Profonda) presenta queste caratteristiche di fondo:

-         è ecocentrica (come sostengono Ted Mosquin e Stan Rowe nel loro Manifesto per la Terra), ossia cosmocentrica (impiegando il linguaggio degli antichi ecofilosofi occidentali);

-         riconosce il valore intrinseco di ogni ente, umano e non-umano, vivente e non-vivente, per cui pratica per quanto può lo stile del “lasciar essere” (del non-agire taoista), dunque della contemplazione, limitando il raggio d’azione della tecnica (l’azione è l’ombra della contemplazione, sintetizzava Plotino);

-         pratica l’etica della compassione cosmica, cioè del rispetto per tutti gli esseri, umani e non: questa è l’unica etica capace di apertura universale (mentre l’etica di Navarro, di San Tommaso, di Kant e di tutti gli ideologi umanocentrici, è appunto ripiegata sull’umano);

-         è collaborativa, non impositiva; prevede l’alleanza originaria tra uomo e natura, non il predominio portatore di squilibri…di qui l’attenzione per l’armonia tra tutte le componenti cosmiche, poiché ogni disarmonia è vista con preoccupazione, in quanto elemento perturbatore dell’ordine dell’universo. In questo atteggiamento è insito un grande senso di responsabilità, totalmente estraneo alla civiltà sviluppista;

-         secondo l’Ecosofia, il mondo umano non può essere autoreferenziale (ciò sarebbe indice di cieca arroganza), bensì relazionato e orientato in modo ecocentrico… ciò significa che i processi e i cicli della natura manifestano di per sé una saggezza di fondo, che può ispirare anche la buona condotta degli umani.

 

In definitiva, si può sintetizzare così: il mondo moderno, tramite la tecnoscienza impiegata in modo avventuroso e irresponsabile, ha messo in atto una manipolazione forsennata delle energie della natura, in vista di una razzia illimitata (processo che l’ecologia superficiale, nella migliore delle ipotesi, può solo rincorrere e mitigare); le culture ecocentriche invece si rivolgono alla natura per ricavarne prima di tutto insegnamenti di saggezza, e secondariamente limitate risorse materiali: proprio per questo esse rappresentano ancor oggi importanti modelli di sostenibilità e di sobrietà, adeguati ai vari contesti (vedi bioregionalismo). Esse possono essere considerate le manifestazioni plurime e articolate di una visione ecosofica di fondo, da cui hanno tratto ispirazione, rimodellandone certi insegnamenti in relazione anche alla diversità degli ecosistemi, come ci ricordano Mosquin e Rowe.

Diversamente da come sembra ritenere Navarro-Valls, le tradizioni di ordine ecosofico, con i loro saperi e le loro applicazioni pratiche, hanno un enorme retroterra di esperienza che sfuma nella notte dei tempi, mentre è piuttosto l’antropocentrismo ad apparire come un’anomalia inquietante e rumorosa, e si potrebbe dire recente, dato che proprio nella modernità ha trovato un favorevole terreno di coltura.

Occorre aggiungere che l’ecosofia non è estranea al mondo cristiano: non lo era ieri e non lo è oggi…basti pensare a Raimon Panikkar, sacerdote cattolico e nello stesso tempo importante esponente dell’ecosofia contemporanea, alla quale è interamente dedicato uno dei suoi testi più significativi. Stranamente Navarro non lo nomina nemmeno (cita Guattari, e si dimentica di Panikkar, così come di altre tendenze non antropocentriche interne alla cristianità): forse perché, in sintonia con l’insegnamento ufficiale della chiesa attuale, preferisce avvalorare un cristianesimo in versione antropocentrica? Cioè un cristianesimo in linea con i tempi e con il paradigma culturale ancora prevalente?

Secondo Panikkar e altri, l’Ecosofia è una saggezza trasversale e unitiva, aperta ai contributi di varie culture, occidentali e orientali, religiose e laiche; poiché applica lo stile pacato della non-dualità, rispetta il pluralismo, non alimenta le contrapposizioni frontali e gli esclusivismi religiosi o ideologici, ritenendoli dei punti di vista particolari che in quanto tali non possono essere universalizzati. Il Manifesto per la Terra di Mosquin e Rowe è un tentativo di dare visibilità alla prospettiva ecosofica: non va inteso come un catechismo ecosofico, bensì come un’occasione per meditare sulla più grande emergenza del nostro tempo e sui possibili rimedi, che non possono limitarsi ad un ecologismo spicciolo di intonazione antropocentrica.

Detto questo, è il caso di aggiungere che l’Ecosofia non si contrappone nemmeno all’ecologia superficiale, ed anzi comprende bene le motivazioni degli ambientalisti che la praticano: occorre però osservare che l’ecologia “riparativa” poteva avere una validità in un contesto di bassa devastazione ambientale….ma là dove il degrado ha raggiunto livelli molto pericolosi, prossimi ad un punto di non ritorno, occorre qualcosa di molto più radicale, per auspicare un’inversione di tendenza capace di un riequilibrio cosmico, che comunque deve iniziare prima di tutto nelle profondità dell’anima.

Riutilizzando una vecchia metafora non priva di efficacia: se la casa è allagata, non si può continuare a gettar fuori l’acqua, lasciando il rubinetto aperto. L’ideologia che oggi va per la maggiore è un mix di ecologia superficiale e antropocentrismo: è la posizione mentale di chi, armato di secchio, insegue affannosamente l’acqua per la casa, credendo di fare la cosa più giusta e concreta, lasciando aperto il rubinetto.

L’Ecosofia è la posizione mentale di chi sa che occorre chiudere il rubinetto della crescita, del consumismo e dello spreco, che è rimasto aperto per troppo tempo.