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11 settembre, Umberto Eco e la "gola profonda"

di Alcenero - 29/10/2007

 

Il numero de L’Espresso attualmente in edicola riporta in ultima pagina la consueta “Bustina”, la rubrica di Umberto Eco pubblicata ogni due settimane dalla rivista di De Benedetti. Quella di questa settimana si intitola “Dov’è la gola profonda?”. In essa Eco presenta l’uscita del libro “11-9 la Cospirazione Impossibile”, la pubblicazione ‘anti-complottista’ curata da M. Polidoro con all’interno un precedente articolo di Eco, che le edizioni Piemme hanno fatto uscire accanto al libro, di Giulietto Chiesa e altri, “Zero. Perché la versione ufficiale sull’11-9 è un falso”, di ben altro tenore. In questa ‘bustina’ Eco afferma che le “teorie del complotto” dell’11 Settembre non hanno fondamento e ciò sarebbe dimostrato dalla ‘prova del silenzio’, cioè dall’assenza di una qualche ‘gola profonda’, un pentito che, per soldi, per coscienza o confidandosi con qualcuno abbia confessato di avere fatto parte del complotto.

Come tante, troppe, delle ‘contestazioni’ alla controinformazione sull’11 Settembre, gli argomenti presentati da Eco sono capziosi, peni di ‘fallacie’ logiche (cioè di trucchetti retorici, si veda ad esempio l’articolo: “L’inventore del grande complotto”) e lasciano anche molto un’idea di ‘opinioni per partito preso’. Prima di affrontare la sua presunta ‘prova del silenzio’, vediamo quali sono gli artifici retorici utilizzati da Eco per sminuire le opinioni con cui non è d’accordo.

Il primo ‘trucchetto’ sleale è quello di citare come primo esempio ‘complottista’, fornendogli il posto di maggiore evidenza, le teorie “che si trovano in siti fondamentalisti arabi o neonazisti”, teorie antisemite, “per cui il complotto sarebbe stato organizzato dagli ebrei”. Per fortuna, a differenza di tanti suoi colleghi, Eco evita (seppur di striscio) l’usuale accostamento con i ‘negazionisti’ dell’Olocausto. Questo modo logico di procedere non è altro che una variante della tecnica cosiddetta “dell’ uomo di paglia”: si attacca un obiettivo facile per gettare fango su ciò che non si vuole discutere alla prova dei fatti. C’è ovviamente da dire che la teoria di tipo antisemita o razziale presentata da Eco è praticamente inesistente persino sul web. Per non parlare poi del fatto che gli unici libri sull’11-9 che la citano sono quelli che utilizzano la stessa tecnica di Eco per evitare di discutere dei fatti e delle prove. Al contrario c’è chi, affrontando seriamente il tema dell’11 Settembre, ha cercato di raccogliere (e presentare) informazioni su quale potesse essere il livello di conoscenza, e di controllo sulla situazione, dei servizi segreti israeliani (si veda ad esempio questo articolo) e la loro interazione con altri servizi di intelligence. Cosa ben diversa dall’uomo di paglia di Eco e che nulla ha a che vedere con teorie razziali.

Citando in primo luogo le pressochè inesistenti teorie razziste, Eco va poi a presentare sullo stesso piano tutte le varie ‘teorie’ sull’11-9, con il consueto tono, a cui siamo purtroppo abituati da precedenti articoli (Massimo Teodori o Vittorio Zucconi ad esempio), di chi discute di curiosità antropologiche. Naturalmente il mettere sullo stesso piano qualunque ‘teoria’ che interpreti un evento storico, al di là delle sue basi sperimentali e testimoniali, è, come chiunque può comprendere, un ennesimo trucco psicologico. Se per assurdo qualcuno dicesse che l’attentato alla Stazione di Bologna del 1980 è stato un complotto extraterrestre, ciò implicherebbe la non credibilità di un complotto di settori deviati dei nostri servizi segreti e della massoneria? Inutile rispondere, basti solo notare che, al solito, non si discute di fatti.

E’ giusto far notare la ricorrenza di questi bassi trucchetti, ma data la loro evidenza non occorre passare nemmeno troppo tempo a discuterli.

Occupiamoci invece dell’argomento principe invocato da Eco come dimostrazione dell’inesistenza di un complotto: la mancanza di ‘gole profonde’.

L’argomento è di per sé capzioso perchè parte da un assunto indimostrato e indimostrabile (l’inesistenza di complotti senza ‘gole profonde’) per arrivare ad una dimostrazione per così dire preconfezionata. Eco afferma che l’esperienza storica “ci dice che […] se c’è un segreto, anche fosse noto solo a una persona, questa persona, magari a letto con l’amante, prima o poi lo rivelerà”. Con questo argomento (che di per sé sembra anche piuttosto labile) Eco confonde, volutamente, il rivelare un segreto in forma privata con il confessarlo pubblicamente: infatti ‘gola profonda’ era il nome attribuito alla fonte anonima che diede dettagli del caso Watergate ai giornalisti del Washington Post Bob Woodward e Carl Bernstein. Non sapremo mai se qualche eventuale membro del complotto dell’ 11 Settembre ha parlato, “a letto con l’amante”, del suo ruolo, potremo ovviamente solo venire a sapere di una eventuale confessione pubblica. Se anche un tale cospiratore parlasse a letto con l’amante del proprio ruolo, forse ne verremmo a conoscenza “per sentito dire” e la cosa si diffonderebbe come una sorta di leggenda metropolitana. Possiamo tutti immaginare quanta considerazione raccoglierebbe negli articoli di Eco o di Zucconi.

Diversi controesempi mostrano invece che le confessioni pubbliche, non sollecitate, di fatti criminali sono cosa veramente rara. Occorre forse ricordare l’enorme difficoltà che lo stesso apparato statale trova nel procurarsi pentiti su di un fenomeno come la Mafia? Pur essendo lo Stato un potere che dovrebbe essere, sulla carta, soverchiante nei confronti di quello mafioso, solo nella storia recente, dopo quasi un secolo di esistenza di una mafia moderna, è apparso il fenomeno del pentitismo. E a pentirsi sono stati solo individui irrimediabilmente agli arresti, magari sottposti al regime di carcere duro del 41bis (nota ‘fabbrica di pentiti’), e a cui potevano essere garantiti enormi vantaggi e protezioni in seguito al loro gesto. Proprio in virtù di ciò, c’era in passato chi si diceva convinto che la mafia non esistesse: evidentemente seguivano lo stesso modo di ragionare di Eco.

Passiamo poi ad un argomento che sicuramente, per Eco, rientra nel fenomeno del complottismo ed è assimilabile a quei “Protocolli dei Savi di Sion” che, a giudicare da quante volte ne parla nei suoi articoli [1], gli sono davvero cari: l’omicidio Kennedy. Solo recentemente, dopo decenni, appare, postumo, un pentito: quell’ E. Howard Hunt che ha confessato, al figlio, sul letto di morte di avere partecipato all’omicidio. Hunt era da anni un sospettato ed era pure stato fotografato sulla scena del crimine, ma ha apparentemente aspettato gli ultimi istanti di vita per parlare (si veda anche questo articolo). Inoltre, sempre recentemente, l’ex amante di Lyndon Johnson, Madeleine Duncan Brown ha detto di avere saputo del complotto il giorno precedente al delitto e che Johnson ne faceva parte (si veda la sua intervista a questo link). Sono pronto a scommettere forti somme che Eco non sa nulla di queste notizie: i giornali che legge sono anche quelli in cui scrive, giornali per i quali i complotti in politica non esistono. Naturalmente basta sfogliare uno qualunque di questi giornali per vedere che i ‘complotti’ [2] esistono in ogni altro campo, dall’economia allo sport.

Che dire poi del caso Watergate, da cui Eco prende la definizione di ‘gola profonda’? Per inciso il caso Watergate vide tra i protagonisti proprio quell’ Howard Hunt citato in precedenza in relazione al caso Kennedy; ironia della sorte. In quel caso la gola profonda era W. Mark Felt, numero due dell'FBI: la sua identità è stata rivelata ufficialmente solo il 31 Marzo del 2005, a 33 anni di distanza! Quanti giornalisti sarebbero pronti a raccogliere e pubblicare eventuali testimonianze anonime sull’11 Settembre? E quale sarebbe la reazione di Eco e colleghi di fronte a un giornalista che citasse una “fonte di cui non può rivelare il nome” che confermasse l’esistenza di un complotto per l’11-9? E’ facile immaginarlo.

L’errore iniziale e definitivo del ragionamento di Eco sta nel ritenere che debbano per forza esserci ‘gole profonde’ anche nel caso di complotti di enorme portata criminale. Possiamo immaginare che in casi del genere una eventuale confessione porterebbe a sicura morte mentre la confessione stessa non verrebbe, non solo creduta, ma forse nemmeno riportata, almeno a giudicare dalla copertura mediatica dei casi citati e di altri analoghi. Infatti solo l’informazione alternativa ha ritenuto degna di nota la testimonianza di chi dice di avere assistito al conto alla rovescia per la demolizione delle torri e sicuramente quelli come Eco, date le loro posizioni preconcette, riterrebbero una tale testimonianza sicuro frutto di mitomania.
Altrettanto direbbero forse del caso dell’ex impiegato del NIST che ha denunciato l’atteggiamento deontologicamente scorretto dell’istituto preposto all’indagine sul crollo delle torri. Conosciamo poi tutti le difficoltà passate dagli agenti dell’FBI, tra cui S. Edmonds e C. Rowley, che hanno confessato pubblicamente dettagli scottanti sull’11 Settembre [3]. E anche in questo caso non sono affatto sicuro che i vari Eco, Zucconi e Teodori conoscano bene le loro storie.

Nel caso di un complotto criminale di questa portata, che potrebbe vedere coinvolti vertici politici e militari, siamo anche in un caso di palese assenza di un qualche potere in grado di proteggere e ricompensare un eventuale pentito. Di fronte a tutti gli eventuali rischi, quali potrebbero essere i vantaggi di una eventuale confessione pubblica? Probabilmente nessuno. Eco dice inoltre che “è impossibile che almeno uno di questi [partecipanti al complotto] non abbia parlato per una somma adeguata”. Bene: quale potere o istituzione ha offerto o sarebbe pronto a offrire soldi ad un eventuale pentito? Io, se quei soldi ce li avessi, lo farei, e ci sono altri che hanno avuto questa idea: Professor Eco partecipa alla colletta? In ogni caso sarei sicuramente un folle se dicessi di poter garantire anche protezione e un seguito legale, o almeno mediatico, alla eventuale denuncia.

Ma dopo tutto siamo proprio sicuri che esista una grande quantità di persone che potrebbe portare evidenze conclusive tramite una confessione? Chi si è avvicinato maggiormente a queste faccende ed ha letto anche solo una piccola parte della poderosa documentazione esistente sulle stragi di stato (ad esempio sulla Strategia della Tensione in Italia) sa bene che questo genere di atti criminosi vengono portati a compimento tramite una rigorosissima compartimentazione dei ruoli: un funzionamento a compartimenti stagni della catena di comando e della ripartizione delle informazioni disponibili.

Anche se a prendere parte attiva al complotto potrebbe magari essere stato qualche centinaio di persone, ognuno di essi sarebbe a conoscenza solo di una minima parte della vicenda e potrebbe persino facilmente essere convinto sulla necessità di coprire, per ragion di stato, quel poco che sa : pensiamo ad esempio al caso dei militari che avrebbero organizzato, magari in totale buona fede e in base a ordini ricevuti dai vertici politici, quelle esercitazioni che hanno paralizzato la difesa aerea statunitense l’11 Settembre.

Chi è intellettualmente onesto, alla fine della lettura dell’articolo di Eco rimane solo al punto di partenza, ed è questo che ha importanza: senza affrontare i fatti nello specifico è impossibile e disonesto discutere sulla realtà o meno di un complotto politico l’11 Settembre. Bisogna discutere della possibilità pratica e scientifica degli avvenimenti, su quanto può l’aviazione arrivare ad una tale livello di inattività in assenza di un boicottaggio, su cosa ci indicano prove, filmati e testimonianze.

A tale scopo è dunque giusto sentire entrambi gli schieramenti e vedere punti di vista contrastanti, tanto il libro di Chiesa quanto il libro curato da Polidoro. Alla fine, per qualunque avvenimento si deve solo ragionare sui fatti, e lasciare parlare al vento i tromboni che predicano, con ingenui e disonesti trucchetti retorici, anche se lo fanno dall’alto delle loro cattedre.

Alcenero – alcenero2@hotmail.com
www.comedonchisciotte.org

NOTE:

[1] L’origine dei “Protocolli” non è del tutto chiara anche se si ritiene che risalgano alla seconda metà dell’ottocento e al satirista francese Maurice Joly che si sarebbe a sua volta ispirato a un precedente romanzo. E’ stupefacente il fatto che vengano continuamente citati come critica contro le cosiddette “teorie della cospirazione”, quando di fatto i Protocolli sono i protagonisti di una delle più grandi congiure del novecento. L’Ochrana (la polizia segreta dello Zar) e i reazionari russi li ripubblicarono e li diffusero per accusare gli ebrei e i rivoluzionari russi di essere parte di una congiura mondiale. Da allora sono stati abilmente utilizzati, anche dai nazisti, per manipolare l’opinione pubblica. Possiamo ben immaginarci che qualcuno che avesse suggerito, in controtendenza all’informazione mainstream di allora, che ci fosse la mano dell’Ochrana o di circoli di estrema destra dietro la diffusione dei Protocolli, sarebbe potuto essere accusato di essere un “teorico della cospirazione”.

[2] Dalla Treccani: complòtto s. m. [dal fr. complot, di etimo incerto]. – Cospirazione, congiura, intrigo ai danni delle autorità costituite o (meno com., e solo in senso estens. e fig.) di persone private.

[3] Tra l’altro proprio grazie alle loro testimonianze sappiamo con assoluta certezza che il governo USA e l’FBI erano a conoscenza del forte rischio di un attacco imminente di al Qaeda tramite aerei dirottati e che i vertici dell’FBI ostacolarono qualunque indagine. Ciò viene ancora ritenuto una “teoria del complotto” da Eco e compagnia.