Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La visione cosmica di Ildegarda di Bingen

La visione cosmica di Ildegarda di Bingen

di Stephanie Roth - 09/11/2007

 

 

 

 

 

Durante gli ultimi anni, abbiamo assistito a un sorprendente risveglio di interesse per la vita e l’opera di Ildegarda di Bingen (1098-1179), la mistica tedesca che fu l’antesignana di quella che sarebbe diventata una grande tradizione mistica “tedesco-fiamminga”, che va dal XII al XIV secolo. Ancora oggi, le “visioni” di Ildegarda catturano l’immaginazione. Come la musica da lei composta, che continua a essere suonata, ella le descrive come un modo di “riconquistare l’originaria gioia e bellezza del Paradiso”.

Si potrebbero scrivere molte cose sulla sua straordinaria vita come Madre Superiora dei suoi conventi a Bingen e Rupertsberg. La raccolta della sua corrispondenza (quella che ci è rimasta) rivela una personalità forte, coraggiosa e compassionevole. Scrisse importanti opere di teologia, storia naturale e medicina e fu anche compositrice di musica – compresa una sinfonia. Alla commovente età di 60 anni, iniziò il primo di quattro giri di prediche  che ebbero molto successo. Tutto questo è straordinario, specialmente se si considera che era una donna che viveva in un’epoca in cui le divisioni del mondo erano diventate sempre più evidenti.

 

 

La tradizione mistica

 

Proprio come “mito” e “misticismo”, la parola “mistico” deriva dal verbo greco musteion: chiudere gli occhi o la bocca. I mistici tendono a cercare l’unione con ciò che è più vicino al loro cuore. I mistici teistici cercano un’unione con Dio, ma non l’identità. Negli Apocrifi del Vecchio Testamento, un “mistero” era conosciuto solo dall’iniziato (miste). Nel Nuovo Testamento questo “mistero” è la rivelazione della parola di Dio.

Tra i diversi tipi di mistico, ci sono quelli per i quali la natura rappresenta una suprema verità e la più forte evidenza dell’esistenza di Dio. Questo fenomeno universale può essere rinvenuto tra i mistici cristiani, ebrei, musulmani, greci e russo-ortodossi, spaziando fino ai taoisti cinesi e agli scintoisti giapponesi. È a questa “scuola di misticismo che appartiene Ildegarda.

 

 

La visione della natura di Ildegarda

 

Ildegarda vedeva la nozione di “Viriditas”, o Vigore, penetrare ogni aspetto della vita. Questo “Vigore” era l’autentica espressione della potenza divina sulla Terra. “La Parola di Dio regola i movimenti del Sole, della Luna e delle stelle. La parola di Dio dà la luce che risplende dai corpi celesti. Fa soffiare il vento, scorrere i fiumi e cadere la pioggia. Rende gli alberi traboccanti di fiori e così le piante producono il raccolto”[1].

Poiché, secondo Ildegarda, questo straordinario fenomeno chiamato vita poteva essere creato solo da Dio, allo stesso modo tutto ciò che vive portava in sé la sua divina energia, o “viritas”. Come lei stessa dice:

 

 

 

 

 

O fuoco dello Spirito consolatore,

vita della vita di tutte le creature,

santo sei tu che animi il creato […]

O Tu, potente via che tutto attraversa

in alto, nei cieli, in basso sulla terra

e in tutti gli abissi,

Tu unisci e racchiudi ogni cosa in una. 

Fluttuano le nuvole attraverso te,

soffiano forte i venti

gocciolano le pietre

e i ruscelli sgorgano dalle fonti.

Tu fai spuntare il verde dalla terra.

O ignis Spiritus Paracliti

 

Questo è il fondamento sul quale poggiano tutti i suoi testi, siano essi canti, visioni o osservazioni della natura.

Ildegarda credeva che l’umanità, fatta a immagine di Dio, fosse la “ricapitolazione” della Creazione. Questo ha varie implicazioni. In primo luogo, l’Uomo è stato fatto dopo la Creazione, quindi il mondo non è stato creato solo per l’umanità. Per essere precisi, l’umanità è stata creata per ultima secondo un ordine stabilito, e dunque è stata inserita in un ambiente già auto-alimentato. È per questa ragione che l’umanità dipende dal mondo nel suo insieme. In secondo luogo, la Creazione e l’umanità sono fatti entrambi della stessa materia: polvere[2]. Poiché l’Uomo è stato fatto per ultimo, egli riunisce i poteri e le proprietà della Creazione. Egli perciò conosce istintivamente i limiti della trasgressione. In terzo luogo, lo scopo autentico dell’umanità è di glorificare la Creazione nel nome del Signore. Questo implica badare ad essa.

Come dice Ildegarda: “Dio ha creato il mondo a partire dai quattro elementi per glorificare il Suo nome. Egli ha consolidato il mondo con il vento. Ha collegato il mondo alle stelle. E ha riempito il mondo con ogni genere di creature. Ha poi posto gli esseri umani in ogni parte del mondo, dando loro un grande potere quali amministratori dell’intera Creazione. Gli esseri umani non possono vivere senza il supporto della natura, debbono prendersi cura di tutte le cose naturali”[3].

Per citare ancora Ildegarda: “Il resto della Creazione grida contro il male e la perversità della specie umana. Le altre creature obbediscono ai comandamenti di Dio; onorano le sue leggi. Le altre creature non si lamentano e non protestano contro quelle leggi, come fanno invece gli esseri umani, sfidandole con la parola e l’azione. E così facendo, infliggono una terribile crudeltà al resto della creazione di Dio”[4].

L’immagine dell’Uomo come amministratore della Creazione, ma che disonora la sua posizione sfidando il sacro ordine, presuppone un accordo tra l’Uomo e un più grande legislatore: Dio. Nel corso della Creazione, Dio ha benedetto la Natura (Gen. 1, 22) e l’Umanità (Gen. 1, 28). Prima della Grande Alleanza, Dio ha benedetto Noè. Una benedizione consiste nel “rendere sacro” qualcosa, dotandola di una qualità e proteggendola. Tutti questi esempi implicano un rapporto basato su un accordo, siglato nella prima parte di Gen. 1, 22 e Gen, 1, 28 attraverso l’atto di benedizione; attraverso l’imposizione delle mani. È all’interno di questo contesto che la seconda parte di Gen. 1, 22 e Gen. 1, 28 rivelano il loro significato. Gen. 1 afferma ripetutamente come Dio ritenesse “buona” la sua Creazione – perché allora avrebbe voluto distruggerla?

Dio, dunque, fece la Creazione e “vide che era cosa buona”. Ed era, in realtà, così buona che voleva qualcuno in grado di ammirarla e apprezzarla. Allora creò l’Uomo e lo fornì di ragione. Ma l’abilità della ragione fece desiderare all’Uomo di essere più saggio di Dio, di migliorare la sua già perfetta situazione. L’acquisizione di questo sapere proibito comportò la rottura di un accordo sacro. L’uomo fece questo e continua a farlo. Cristo, Parola di Dio, “nel quale sono fatte tutte le cose”, è stato l’esempio vivente di come frenare le forze del male e ristabilire il sacro accordo tra l’Uomo e Dio. Questa è la promessa della Salvezza: “Come in Cielo così in Terra”.

Ildegarda come artista

 

Le visioni di Ildegarda sono state anche trascritte nelle arti visive, nei mandala e nei dipinti che creò lei stessa. Per la loro comprensione, è fondamentale l’idea di un “equilibrio cosmico” così come viene fissato nella Genesi. In principio, Dio creò il Cielo e la Terra, separò la luce dalle tenebre, la Terra dall’acqua, l’uomo dalla donna – e vide che questo era buono. Ed era buono perché funzionava, e funzionava perché, nella loro naturale ed eterna alleanza, gli opposti sono attirati verso il Centro.

Il loro rapporto descrittivo con questo centro è più facilmente rappresentato da due croci: una diagonale e una perpendicolare. Secondo i cosmologi dell’Antichità e del Medioevo, le eterne caratteristiche del mondo – i quattro elementi (fuoco, aria, acqua e terra), con i corrispondenti quattro temperamenti (collerico, sanguigno, flemmatico e melanconico) e le quattro qualità (secco, caldo, umido e freddo) con le corrispondenti stagioni (primavera, estate, autunno e inverno) – si incontrano in una croce.

Perciò, per i Padri della Chiesa, la natura divina di Cristo, l’Incarnazione, era già un sacrificio. Nella sua auto-umiliazione, la divina natura assunse su di sé la croce del mondo che è composto da opposti. La reale crocifissione appare come l’inevitabile risultato esteriore dell’Incarnazione, e al contempo la vittoria interiore su di essa[5].

Tutte le visionarie composizioni di Ildegarda abbracciano il concetto di “legge cosmica”, ma è il Liber Divinorum Operum (Libro delle Opere Divine) a farlo nel modo migliore. I cerchi colorati e gli animali che incorniciano i mandala simboleggiano l’eterno ordine di Dio, e le qualità loro attribuite combaciano con la legge cosmica. Un cerchio di rosso luminoso rappresenta il fuoco. Esso abbraccia tutti gli altri e li illumina. Il successivo simboleggia il fuoco nero per la punizione dei malfattori. Il seguente è l’etere che indica la pura espiazione. Sotto si trova una zona di aria annunciante pioggia che simboleggia le opere sante dei giusti. Essa rappresenta l’acqua. Più vicino al centro vi è una sfera di aria pura che indica moderazione. Il centro rappresenta l’elemento della terra.

Le teste di animali, rappresentanti i caratteri che si accordano con gli elementi[6], mantengono l’equilibrio con il loro respiro. “Sono questi respiri che tengono l’universo in equilibrio […] e che conservano negli esseri umani la consapevolezza di essere salvati”[7]. “Tutti i sei cerchi sono legati l’uno all’altro […] Se il divino non li avesse rafforzati attraverso una tale associazione, il firmamento sarebbe andato in pezzi e non avrebbe avuto stabilità”[8].

L’equilibrio è inoltre mantenuto dal legame tra gli elementi. Gli opposti risultano in un armonioso ordine per garantire la perfezione poiché qualunque cosa è centrale nel particolare cosmogramma. Tuttavia, il centro gioca un ruolo vitale nel mantenimento dell’equilibrio; la relazione è reciproca.

 

 

L’equilibrio della natura

 

La ruota cosmica nella sua quarta visione, intitolata Sull’articolazione del corpo, spiega l’influenza celeste su uomini, animali e piante. Qui Ildegarda mostra le attività dell’Uomo all’interno del ciclo naturale delle stagioni, corrispondente di nuovo alle loro naturali qualità, temperamenti ed elementi. Se l’Uomo pecca, infrangerà l’armonia del cosmo. La natura sarà troppo secca, troppo umida, troppo calda o troppo fredda.

“La Terra è consolidata da rocce e alberi. Noi uomini siamo creati allo stesso modo, perché la nostra carne è come la Terra; le nostre ossa […] come rocce […] e […] alberi”[9]. E aggiunge: “Il giusto si consacra alla saggezza e questa saggezza è nella ragione”[10]. E ancora: “Perché in questi pensieri l’umanità deve contemplare l’onnipotente Dio come un sigillo e riconoscere tutte le meraviglie e i simboli divini”[11].

La seconda visione, intitolata Sulla costruzione del mondo, descrive il corpo e l’anima umani come un microcosmo, che ripete in miniatura il progetto divino e il mondo naturale. L’uomo come microcosmo è al centro della Creazione, con la quale condivide un rapporto speciale. “La sfera in mezzo al cerchio […] rappresenta la Terra […] tale sfera, circolare e rotante su se stessa, assomiglia molto all’immagine del mondo in tutti i suoi dettagli. Essa è sorretta da ogni lato da questi cerchi, è legata ad essi, e riceve costantemente da loro la verdeggiante freschezza della vita e la fertilità necessaria per sostenere la Terra”[12].

L’uomo è incorniciato dagli elementi alla maniera tradizionale, tranne che per una significativa differenza: “ La figura nel cui petto appare la ruota cosmica è la sorgente del vero amore nella cui conoscenza la ruota si fonda. E questo ordine […] preserva e nutre ogni cosa”[13]. La testa situata nella parte superiore rappresenta Dio, la sorgente del Divino Amore. I piedi del “vero amore” rappresentano troni di giustizia e rettitudine che sostengono l’universo.

Attraverso l’atto di benedizione, Dio ha infuso nell’Umanità e nella Creazione il Divino Amore, e così ha instaurato la sua “alleanza”. Rettitudine e giustizia sono suoi garanti. Cristo, il Figlio di Dio, il “secondo Adamo”, ha ristabilito questo giuramento che, secondo Ildegarda, implica la protezione della natura. “Coloro che hanno fede in Dio, onoreranno anche la stabilità del mondo: le orbite del Sole e della Luna, i venti e l’aria, la terra e l’acqua […] Non abbiamo un altro punto d’appoggio che ci sostenga. Se rinunciamo a questo mondo, saremo distrutti dai demoni e privati della protezione degli angeli”[14].

 

 

 

NOTE

 

[1] Matthew Fox, Hildegard von Bingen’s Book of Divine Works, Visione 1, 2; Bear & Company 1987.

 

[2] Hans Liebeschutz, Das Allegorische Weltbild der Hildegard von Bingen, Studien der Bibliothek Warburg XVI, Berlino 1930.

 

[3] Hildegard von Bingen, Physica, 755.

 

[4] Hildegard von Bingen, Scivias, 3.5.17.

 

[5] Titus Burckhardt, Chartres and the Birth of the Cathedral, Golgoonoza Press, p. 24.

 

[6] Barbara Maurmann, Die Himmelsrichtungen im Weltbild des Mittelalters, Fink Verlad 1976, p. 41.

 

[7] Matthew Fox (a cura di), Hildegard von Bingen’s Book of Divine Works, Visione 2, 18, Bear & Company 1987.

 

[8] Ibid., Visione 2, 9.

 

[9] Ibid., Visione 4, 82.

 

[10] Ibid., Visione 4, 10.

 

[11] Ibid., Visione 4, 11.

 

[12] Ibid., Visione 2, 3.

 

[13] Ibid., Visione 2, 46.

[14] Ibid., Visione 2, 22.