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Un menù a impatto zero

di Benedetta Torrani - 14/01/2008

Alimentazione, filiera corta
Filiera corta
Avvicinare il consumatore al produttore, ridurre i mille passaggi degli alimenti fra i distributori. Per nutrirci di prodotti sani, inquinare il meno possibile. E risparmiare/
di BENEDETTA TORRANI

Il presidente francese Sarkozy ha recentemente annunciato l’etichetta “carbonio”, che deve indicare la quantità di anidride carbonica emessa per portare un prodotto alimentare sugli scaffali. I supermercati inglesi Sainsbury’s da tempo applicano l’adesivo di un “aeroplanino” sulle confezioni di frutta e verdura importate da altri continenti. In Italia è invece la Coldiretti a lanciare il progetto A chilometri zero, con l’obiettivo di rendere riconoscibili quei negozi che utilizzano prodotti locali acquistati direttamente dalle imprese agricole. In altre parole, la parola d’ordine è avvicinare il consumatore al produttore: ridurre le distanze e i mille passaggi distributivi dei prodotti e degli alimenti che consumiamo, nutrirsi di prodotti freschi e sani che arrivano sulle nostre tavole inquinando il meno possibile l’ambiente che ci circonda, abbattere il costo di acquisto che, soprattutto se si parla di prodotti biologici, spesso è troppo alto. Sono questi gli obiettivi della cosiddetta “filiera corta”, e delle aziende e dei consumatori che sempre più si stanno avvicinando a questa realtà di consumo alimentare.

Un guadagno per tutti
La filiera corta è un sistema dalle molte pratiche commerciali: dalla vendita diretta negli spacci aziendali ai gruppi di acquisto, dalla vendita su aree pubbliche, quali mercati e fiere, alla ristorazione scolastica e alberghiera. Se si pensa che i prezzi aumentano in media di cinque volte passando dal campo alla tavola, non stupisce che i sette italiani su dieci che hanno fatto acquisti direttamente dagli imprenditori agricoli giudichino la spesa conveniente, con un risparmio che va dal 20 al 30%. Secondo i dati dell’Osservatorio Agri2000, la vendita diretta degli agricoltori è un fenomeno che in Italia coinvolge circa 50mila imprese agricole a cui i consumatori si rivolgono per cercare qualità e garanzia di genuinità e freschezza. Per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di CO2, sempre secondo lo studio di Agri2000, «consumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia può risparmiare fino a 1.000 chilogrammi di anidride carbonica l’anno».

La strada giusta
Sono tanti i fattori che in questi anni hanno contribuito al successo e alla diffusione della filiera corta. A partire dalle iniziative legate al turismo enogastronomico e di valorizzazione del territorio e delle sue peculiarità: per esempio le Strade dei vini e dei sapori o manifestazioni come la Primavera Bio e la Biodomenica, nate per promuovere la cultura e la valorizzazione del territorio italiano. Ma anche le istituzioni, sia nazionali che locali, hanno sostenuto l’accorciamento della filiera con novità legislative che consentono agli agricoltori di svolgere attività legate alla vendita dei loro prodotti – agriturismo, gestione di spacci aziendali o ristoranti, fornitura ai gruppi d’acquisto, ospitalità di gruppi e scolari nelle fattorie didattiche – e con le norme per la diffusione dei farmers market e degli spazi dedicati agli agricoltori nei mercati rionali. In Toscana, così come in Campania, gli assessorati all’Agricoltura hanno promosso la messa in rete delle aziende della filiera corta, mentre la Provincia di Ascoli Piceno e il Comune di Roma hanno istituito degli Sportelli filiera corta al servizio di produttori e consumatori.

Cassettoni d’Italia
Insomma, stanno nascendo nuove forme di incontro, scambio e collaborazione tra chi produce e chi consuma. E percorrendo la nostra lunga Italia si scoprono numerose e variegate esperienze. In tutte le regioni i produttori si stanno associando tra loro per offrire panieri di prodotti e fornire “direttamente” le famiglie, magari con la consegna a domicilio. Cassettoni, buste o pacchi famiglia sono i nomi scelti per vendere i prodotti di stagione, frutta e verdura miste a peso e prezzo fissi. Così avviene in Piemonte, Sicilia, Campania o Lazio, o ancora in Friuli e Umbria.
Uno dei volti della filiera corta è anche quello della produzione partecipata, come nel progetto dei distretti di economia solidale della Brianza, nel quale il consumatore non è più solo utente passivo ma coproduttore, che pre-acquista il suo fabbisogno annuale di pane finanziando la coltivazione del grano che servirà a produrlo.