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La dura legge del calcio

di Massimo Fini - 20/01/2006

Fonte: lineaquotidiano.it


 

L’altro ieri sulla prima
pagine del
Corriere della
Sera in un corsivo non firmato
e quindi particolarmente
autorevole perché
attribuibile all’opinione di
un singolo redattore, ma a
quella del giornale, ho letto:
“Silvio Berlusconi ha vinto
cinque anni di governo e ha
intenzione di usarli fino
all’ultimo giorno per le sue
aziende. Si chiamino Mediaset,
Mediolanum o Milan.
Quando si farà la storia di
questi anni gli studiosi parleranno
di conflitto di interessi
coordinato e continuativo”.
Ho strabuzzato gli
occhi. Era la prima volta
che il quotidiano di via Solferino
usava toni così duri
sul conflitto di interessi del
premier. Anzi era la prima
volta che usava un qualsiasi
tono avendo sempre elegantemente
sorvolato su questo
problema. Poi ho aperto il
giornale e nelle pagine interne
ho visto che, anche qui
per la prima volta, autorevoli
esponenti di AN, come
Antonio Landolfi e Ignazio
La Russa, criticavano apertamente
Berlusconi.
Cos’era successo? Che il
capo gruppo di Forza Italia
alla Camera, Elio Vito, aveva
bloccato in extremis una
legge che ridisegna i rapporti
fra calcio e Tv e i relativi
diritti. Attualmente ogni
società li tratta singolarmente
ed è chiaro che questo
mette in posizione di forza le
società più importanti,
Juventus, Milan e Inter
soprattutto, e di debolezza le
cosiddette ‘piccole’ obbligate
a contratti dai prezzi stracciati.
Il disegno di legge proponeva
una contrattazione
collettiva che tutelasse
anche la società più deboli
con una più equilibrata divisione
degli introiti.
Lo stop di Vito favoriva
quindi Milan, Juve e Inter,
non necessariamente però
Mediaset, i diritti che recentemente
ho dovuto sborsare
218 milioni di euro per assicurarsi
le partite della
Juventus per due anni.
Comunque un problema certamente
importante, ma non
di quelli propriamente decisivi
per la vita di un Paese.
Epperò c’è stata l’insubordinazione.
Perché c’era di
mezzo il calcio.
segue dalla prima
(…) Mi sarebbe piaciuto che
in questi cinque anni l’insubordinazione
ci fosse stata su
problemi ben più gravi posti
dalla persona di Silvio Berlusconi.
Quando qualche anno
fa un milione di persone si
radunò a piazza San Giovanni
per protestare contro
la legge Cirami, una norma
che tirava fuori Berlusconi e
Previti dai loro cosiddetti
‘guai giudiziari’, non solo la
destra irrise a quella manifestazione
chiamando sprezzantemente
girotondini i suoi
partecipanti, ma anche l’opposizione
prese le distanze.
Invece il vero e devastante
conflitto di interessi di Silvio
Berlusconi non è stato quello
economico ma quello giudiziario.
Per tre motivi principalmente.
1) Perché quando
si fanno leggi ‘ad personam -
e questa legislatura ne è piena
- si lede il principio, che in
democrazia è fondamentale e
anzi la sua stessa ragion
d’essere, dell’uguaglianza di
tutti i cittadini di fronte alla
legge. È un’offesa a tutti i
cittadini perché è come se gli
si dicesse: voi, paria, dovete
rispettare la legge che io
invece posso impunemente
violare (per questo a piazza
San Giovanni c’erano un
milione di persone, di tutti gli
orientamenti politici che conservano
evidentemente ancora
quel tanto di senso di sè
della propria dignità per non
voler subire questo affronto).
2) Perché con queste leggi
‘ad personam’ si sono scardinati
i Codici penali italiani
per cui oggi per certi reati,
quelli economici e finanziari,
e quasi impossibile arrivare a
punire i responsabili.
3) Infine perché la devastante
campagna di delegittimazione
della Magistratura, che
Silvio Berlusconi, la sua Tv, i
suoi giornali, i suoi alleati
politici ha condotto per più
di dieci anni, dall’epoca del
primo avviso di garanzia, ha
tolto agli italiani ogni fiducia
nella Magistratura stessa
(adesso Berlusconi vuole
andare a denunciare ai Pm
ciò che sa sulla vicenda Unipol,
ma perché mai: bisognerebbe
oggi credere a dei Pm
screditati fino a ieri?). E in
questi anni AN si è completamente
appiattita su Berlusconi
nell’aggressione alla Magistratura
tradendo la sua
ragione in ditta perché la
Destra può essere declinata
in molti modi, ma su un punto
è univoca in tutti i Paesi
del mondo: la difesa di ‘Law
and order’. E un grande
giornale, che si dice liberale,
come il Corriere della Sera
ha taciuto per anni sul conflitto
di interessi del presidente
del Consiglio o addirittura
lo ha difeso.
Adesso si scatenano perché
una legge può favorire il
Milan e, forse, Mediaset. Ma
andate a scopare il mare.