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Per non cantare il De Profundis

di Stefano Montanari - 17/06/2008

       
 

 È curioso come una civiltà possa assomigliare per certi versi ad un organismo vivente, assumerne atteggiamenti e perfino condividerne percorso e destino. E, come un organismo vivente, anche le civiltà hanno un loro DNA in cui sta scritto il canovaccio della vita dalla sua alba al suo inevitabile tramonto.

Di civiltà ne sono passate tante sul palcoscenico di questo pianeta, alcune hanno goduto di apici di vero e proprio fulgore, ma nessuna è sopravvissuta a se stessa. Va da sé che nemmeno la nostra farà eccezione e va altrettanto da sé che, come quando cadde l’Impero Romano, nessuno dei suoi personaggi, figuranti o protagonisti che fossero, se ne accorgerà.

Tutto oggi viaggia a velocità crescente e un secolo vale sotto mille aspetti un millennio di due millenni fa. Così, albe e tramonti non potranno che comparire e succedersi con rapidità, una rapidità cui noi stessi, che ne siamo in fondo i responsabili e del canovaccio siamo gli autori, non riusciremo ad assuefarci, né avremo gambe abbastanza rapide per sostenerne la foga e l'irruenza.

Che il mondo come è concepito da quella che chiamiamo con scarsa precisione geografica civiltà occidentale sia in declino è un fatto che solo i politicanti da strapazzo, gl’illusi e gli stolti non colgono, stanti i sintomi palesi. La

presunzione di aver voluto “dominare” la Natura invece di obbedirle e di convivere in armonia con lei come ci ammoniva già Francesco Bacone a cavallo tra Cinque e Seicento ci sta conducendo velocemente al naufragio, un fatto davanti agli occhi di tutti, se non altro per il prezzo crescente del petrolio, una fonte di energia ovviamente esauribile su cui abbiamo fondato la nostra esistenza, illudendoci perfino di trarne prosperità non solo eterna ma addirittura crescente all'infinito. Chi ha un cervello funzionante e non è disponibile a farsi accecare non può non avvedersi della fragilità delle nostre fondamenta, fragilità visibile anche a livelli assai più bassi e casalinghi di quelli planetari.

Per un inizio di accanimento terapeutico, allo scopo di far sopravvivere un organismo oggettivamente malato grave, nella nostra Italietta siamo costretti a smantellare la democrazia e la libertà, concetti che, se applicati, si rivelano sempre più ingombranti per chi, in difesa d’interessi esclusivamente propri di denaro e di potere, non esita a credere di poter abrogare i princìpi fondamentali della scienza, per grottesca ed ingenua che sia una pretesa del genere. Ecco, allora, che, per ingurgitare ancora denaro mettendo in piedi idiozie come inceneritori (“termovalorizzatori”!), discariche concepite da incompetenti, centrali a “biomasse”, centrali a turbogas e quant’altro, dopo aver cancellato di fatto in silenzio un po’ di articoli della Costituzione, dopo aver assoldato pseudomedici e pseudoscienziati che non si vergognavano a raccontare assurdità, dopo aver addomesticato i mezzi di comunicazione, dopo aver negato senza nemmeno arrossire l’esistenza di sistemi quanto mai efficienti per risolvere le nostre “emergenze”, dopo aver emanato leggi che avrebbero gridato vendetta nel corso di quel Ventennio cupo che non vorremmo dover rimpiangere, ecco che ora arriva l’esercito con le armi spianate. Certo, un segno di estrema debolezza e perfino di paura, ma un atteggiamento simile è allarmante. Complimenti a chi ci governa, e complimenti a quella squallida opposizione che regge il moccolo.

E, continuando a scendere nel mondo piccolo, arrivano le notizie di un tribunale il quale sentenzia che non è detto che ciò che inquina faccia male, senza che chi dovrebbe ricorrere al cospetto di un insulto così grave se non altro al buon senso intervenga. Certo, sarà la scienza di un futuro quanto mai prossimo - anche se la scienza di ora basterebbe ed avanzerebbe - a coprire di ridicolo personaggi di tale sorta, ma, intanto, questa è la situazione. Ma che dire di un altro tribunale che, innescando poi una catena di altre sentenze, stabilisce che accoppare un po’ di operai (189) con l’amianto è un fatto non punibile (http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo417763.shtml)? O di un ente che, dovendo analizzare le acque potabili, quelle analisi le taroccava allegramente  (http://www.lastampa.it/search/articolo.asp?IDarticolo=1815668&sezione=Cronaca%20di%20Torino)?

E, lo dico per esperienza personale, queste sono solo un’infima scelta di notizie trapelate chissà come, ma senza luci della ribalta, tra le centinaia che ci vengono nascoste. Di fatto, ormai gli enti di controllo altro non sono se non i manutengoli legittimatori di un sistema che non si sta accorgendo di morire. Chi ha letto l’intervista autocelebrativa del ministro Brunetta pubblicato ieri sul Corriere della Sera senza piantarla a metà per nausea non può non rendersene conto.

Che fare? Beh, grandi possibilità non ce ne sono se non quella di estirpare il cancro e, se si può, tutte le metastasi. Difficile. Difficilissimo. Perché il cancro sono i politici e chi detiene il potere economico che della politica è il vero padrone, ma le metastasi non sono certo meno pericolose e passano attraverso l’apparato burocratico che fa quadrato intorno a se stesso ed è ramificatissimo, con ciò rendendo l’impresa davvero ardua. Ma è nostro dovere provarci, se non altro per dovere morale verso i nostri figli che non dovranno mai essere nelle condizioni di poterci rinfacciare di sapere e di non avere fatto. 

P.S. Il banchetto raccolta firme contro la costruzione del nuovo inceneritore di Desio sarà collocato a Desio (MI) in centro città, in Via Garibaldi 5, per le giornate di sabato 21 e domenica 22 giugno dalle ore 9.00 fino alle ore 19.00. 

P.P.S. Video intervista a Luca Lombroso sulla serata ADDIO AL NUCLEARE organizzata l’11 giugno 2008 http://it.youtube.com/watch?v=rzdLymCQVbw 

P-P.P.S. Quando mi scrivete mail più o meno private attraverso il blog, per favore, scrivete il vostro indirizzo giusto. Sto cercando di contattare Paolo Petti, ma la mail mi ritorna ogni volta perché l'indirizzo è errato.

P.P.P.P.S L’incontro a Morcone (BN) del 5 luglio è stato cancellato perché io non sono gradito alle autorità.