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Karl Jaspers in viaggio fino al termine della notte di Nietzsche

di Mario Andrea Rigoni - 25/06/2008




In termini superficiali e generici l'anticristianesimo è uno degli aspetti più ovvi e più noti del pensiero di Nietzsche; non lo sono affatto, in compenso, la ricchezza profonda e la contraddittorietà enigmatica che caratterizzano questa posizione, indagata da Karl Jaspers in un saggio di grande e saggia misura, che fu pubblicato nel 1947 ma risale ad una conferenza tenuta ad Hannover nel 1938 ( Nietzsche e il Cristianesimo, ed. Marinotti, traduzione e prefazione a cura di Giuseppe Dolei).
Innanzitutto Nietzsche distingue e stacca nettamente la figura di Gesù non solo dall'organizzazione della Chiesa ma anche dal fenomeno del cristianesimo quale si è sviluppato nei secoli e persino dalla predicazione degli apostoli e dalla prima comunità cristiana: il cristianesimo è travisamento e corruzione fin dall'origine. Mentre Cristo rappresentò e visse un inerme ideale di beatitudine, non molto diverso da quello del Buddha, il cristianesimo, animato da uno spirito di risentimento e di rivalsa per la perdita del maestro, sostituisce all'eternità la storia, trasformando ciò che era una condotta di vita fondata sulla negazione della realtà terrena in fede, dottrina, dogma, rito, militanza. «In fondo c'è stato un solo cristiano ed è morto sulla croce», scrive Nietzsche nell'Anticristo. Il cristianesimo, che ha distrutto la grande civiltà greca e, in particolare, la tragica verità della vita dell'epoca presocratica, introduce un sistema di finzioni (il Dio personale, la Trinità, l'immortalità, il peccato, la grazia, il giudizio universale, la redenzione) che, una volta smascherate, come non poteva non accadere, conducono al vuoto, al caos, al nulla. Nietzsche vede proprio nel cristianesimo la causa della morte di Dio e la sorgente del nichilismo moderno, laddove il mondo pagano poteva contare su una natura conclusa, autonoma e immutabile. Non credo sia mai stato notato che un'osservazione analoga era già stata fatta da Leopardi quando nello Zibaldone di pensieri illustrava il paradosso che la religione giudaica e la religione cristiana, in quanto propagatrici della riflessione e della metafisica, sono la fonte principale dell'ateismo e dell'incredulità religiosa.
In secondo luogo la virulenta polemica anticristiana di Nietzsche si nutre, secondo Jaspers, di concetti e di impulsi che sono cristiani, come la visione totale della storia universale, l'idea della radicale imperfezione umana, la volontà di verità e di autenticità, l'assolutezza morale: solo che essi vengono per l'appunto svuotati del loro contenuto cristiano. Infine la lotta di Nietzsche non implicherebbe tanto l'abbandono quanto il superamento del cristianesimo, così come del nichilismo, attraverso una nuova filosofia, «e precisamente con le forze che il cristianesimo, e solo esso, ha sviluppato nel mondo».
È chiaro che la speculazione di Nietzsche si muove su un terreno vertiginosamente problematico e ambiguo. Il culmine è raggiunto in alcune sconvolgenti affermazioni, giustamente messe in evidenza da Jaspers, nelle quali Dio viene definito come «l'al di là del bene e del male » e Gesù viene addirittura chiamato in soccorso dell'amoralismo («Disse Gesù: che cosa importa della morale a noi figli di Dio?»). Certamente la morte in croce di Cristo è per Nietzsche un insulto alla vita, che egli respinge con orrore, contrapponendole la morte rigeneratrice e tripudiante di Dioniso, simbolo della paganità. Tuttavia, non è forse senza significato che nei «biglietti della follia» Nietzsche si firmi non solo come Dioniso, ma anche come il Crocifisso.
Il merito del saggio di Jaspers, esente da ogni pregiudizio polemico, consiste in una comprensione del pensiero di Nietzsche che nasce dalla consapevolezza della sua inclassificabilità: «Questo pensatore abbandona qualsiasi dimora, ha il coraggio di sfidare un deserto sconfinato, si espone a qualsiasi solitudine indifesa. (...) Egli non arriva alla pace di una verità, né alla distensione conseguente al raggiungimento di una meta. In giovinezza è stato un wagneriano, poi diventa un nichilista disgregatore, e quindi un solenne profeta. E tuttavia anche questo egli ripudia e vuole andare oltre. Ma dove? Ciò è destinato a restare per sempre un mistero».
Si tratti di cristianesimo o di altro, l'opera di Nietzsche pullula incessantemente di contraddizioni e ambivalenze: ma nessuna è gratuita, insignificante, indifferente ai nostri dilemmi e alle nostre piaghe. Poiché Nietzsche ha anche deriso in anticipo i suoi importuni ammiratori, appare quanto mai saggia la riflessione con cui Jaspers conclude il suo scritto, che è anche una sorta di nobile metodologia o pedagogia della lettura: «Vero è soltanto ciò che per mezzo di Nietzsche nasce da noi stessi».