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Miliardi spesi nel nome della sicurezza

di George Monbiot - 02/02/2006

Fonte: Nuovi Mondi Media


Senza un vero e proprio dibattito pubblico su entrambe le sponde dell’Atlantico, diverse nazioni potrebbero aver già cominciato a sviluppare programmi di costruzione di armi atomiche. Niente ci rende meno sicuri dei miliardi spesi nel nome della sicurezza

Nella politica del nucleare, ogni azione è giustificata dalla risposta che provoca. Gli Stati Uniti giustificano il loro programma di difesa sostenendo che altri Stati stanno già sviluppando nuovi sistemi di armamento, e che probabilmente un giorno sarà necessario contrastarli. In risposta a ciò la Russia ha attivato la costruzione di un nuovo sistema di difesa, il Topol-M, designato per “abbattere le barriere anti-missilistiche americane”.

Israele, citando l’insidia costituita dall’Iran, insiste nel voler conservare i propri missili nucleari. Sentendosi minacciato (e spinto, fra le altre ragioni, dall’anti-semitismo), il presidente iraniano ha dichiarato di voler cancellare Israele dalle carte geografiche, e pare stia radunando i mezzi per farlo. Israele vede in questa iniziativa una giustificazione per proseguire con il suo programma nucleare. Inoltre la promessa di incursioni aeree non fa altro che spingere Ahmadinejad nella direzione annunciata. E così va avanti. Con il risultato che alla fine entrambi i contendenti avranno ragione.

Mercoledì scorso sono scaduti i termini per l’unica obiezione che era possibile fare riguardo gli ultimi cento milioni di sterline spesi dal governo britannico per aumentare il potenziale nucleare. Il consiglio del West Berkshire aveva avuto il permesso il permesso, a livello di pianificazione, di domandare un’ inchiesta pubblica per decidere se il progetto Orion ad Aldermaston debba continuare o meno. Il governo però non ha nessun obbligo di concederla. Nessun altro ha il potere di impedire la realizzazione del progetto.

Il programma Orion sembra uno di quei piani in cui lo scopo verrà determinato dopo il suo inizio, ma pare riguardi il sottrarsi alle leggi sul divieto di test nucleari. Potrebbe aiutare gli ingegneri inglesi a fabbricare una nuova generazione di bombe senza la necessità di sperimentarle. Se così fosse, si rafforzerebbe il sospetto che il governo britannico stia considerando non di rimpiazzare i missili Trident, ma di costruire un’intera nuova classe di armi per affiancarli. Nel 2002 un portavoce di Aldermanston suggerì che l’impianto avrebbe potuto cominciare a costruire piccole testate nucleari per i missili Cruiser.

Poco meno di un mese fa, la Royal Navy ha annunciato che si stanno spendendo 125 milioni di sterline per implementare la base navale di Faslane nei pressi di River Clyde, in Scozia. La base ospita i sottomarini che caricano i missili Trident. Come il progetto Orion, la spesa è stata approvata prima che il Parlamento o l’opinione pubblica britannici avessero la possibilità di decidere se fosse necessario o meno, il che significa che il programma per rimpiazzare i Trident è gia in iniziato.

Il segretario della Difesa di Blair ha spiegato che è necessario un nuovo sistema missilistico perché “alcuni Stati non si sono conformati agli accordi sulla non-proliferazione nucleare”. Perciò, in risposta, anche la Gran Bretagna rifiuterà di conformarsi alle suddette leggi. Questo fornirà ad altri stati la giustificazione per... va bene, avete compreso l’idea generale. La settimana scorsa la Francia si è unita al prestigioso club di quelle nazioni così responsabili (Gran Bretagna, Stati Uniti e Corea del Nord) che hanno minacciato altri Stati con l’ipotesi di un attacco nucleare preventivo. Di quale altro incentivo hanno bisogno gli Stati canaglia, come li chiama Chirac, per “considerare l’uso di armi di distruzione di massa?”

A differenza del Parlamento britannico, il Congresso degli Stati Uniti ha permesso di votare su questa questione, e nonostante un bel po’ di grattacapi provenienti dall’amministrazione, ha cercato di bloccare un nuovo programma di riarmo nucleare. Per due anni di fila ha rifiutato di approvare lo stanziamento per una “trivella nucleare” voluta da Bush, una mini testata che avrebbe dovuto ridurre i costi già al primo utilizzo. Ma è evidente che così non poteva essere.

Lo scorso anno è stato approvato lo stanziamento iniziale per qualcosa chiamato “programma per la collocazione corretta delle testate”. L’amministrazione Bush ha sostenuto che non era niente più che il rinnovo delle armi nucleari già esistenti. Il legislatore ha scelto di crederle. David Hobson, un repubblicano che siede nel comitato “House Appropriation”, e che si è battuto contro le nuove armi, è persuaso che questo non sia “una scorciatoia per procurarsi nuovi arsenali per il futuro. Non stiamo cercando di creare nuove missioni oltre a quelle già esistenti”. Ellen Tauscher, dei democratici Usa, ha osteggiato fieramente la corsa agli armamenti, ma insiste nel dire che “si tratta semplicemente di riparare le armi che gia possediamo, niente di più”. Il programma si concentrerebbe quindi solamente sulla messa a nuovo di componenti non nucleari, fili e parti elettriche, per prolungarne l'esistenza.

Se sembravano ingenui prima, oggi lo sono ancora di più. Gli Stati Uniti hanno già speso sessanta miliardi per mantenere e rinnovare gli arsenali attraverso un altro programma, chiamato “tutela delle scorte”. Non si capisce perchè ci sia bisogno di un nuovo piano, quindi. Anche prima che venisse approvato il "programma di tutela", il capo della Nuclear National Security Administration (NNSA), si era lasciato sfuggire che “una nuova generazione di armi non era il primo obiettivo, ma solo una fortuita combinazione di eventi”. Ora la combinazione di eventi comincia ad assomigliare ad uno scopo primario.

Un paio di settimane fa il San Francisco Chronicle ha intervistato Linton Brookes, capo della NNSA. “Non voglio fuorviarla”, ha ammesso, “ma personalmente sarei molto sorpreso se ottenessimo qualche vantaggio senza ridisegnare gli apparati fisici”. Questi “apparati fisici” sono le testate nucleari. Ha continuato spiegando che ci sarà bisogno di nuovi “noccioli” (il “nocciolo” è il cuore di plutonio in cui comincia la reazione). “Avremo bisogno di scioglierli e di ricomporli”. Le nuove testate saranno più grosse di quelle vecchie. Tutto questo comincia ad assomigliare a “una totale re-invenzione delle armi nucleari”. Nell’assenza di un dibattito pubblico, questi nuovi missili daranno ad altri la scusa di farsi beffe dell’accordo sul disarmo.

Scrivendo sul magazine on line Open Democracy alcuni giorni fa, il professore di studi sulla pace Paul Rogers ha suggerito che i primi candidati ad essere rimpiazzati dovrebbero essere i missili americani Trident. Se così avvenisse “andrebbe bene anche all’ Inghilterra, con la prospettiva di una collaborazione e magari di una condivisione dei costi”.

Senza un vero e proprio dibattito pubblico su entrambe le sponde dell’Atlantico, entrambe le nazioni potrebbero aver cominciato a sviluppare programmi di costruzione di armi atomiche, che potrebbero rischiare di durare dai quaranta ai cinquant’anni. Nel corso del tempo però, i missili continueranno a fornire una scusa per ignorare il trattato sul disarmo.

Quando di Iran si occuperà il consiglio di sicurezza dell’ONU, Mahamoud Ahmadinejad potrà ritorcere ogni accusa contro i suoi accusatori. Sosterrà che i membri del consiglio vogliono tenersi il monopolio delle armi nucleari, e che finché non viene presentata una prova certa di un’infrazione, nessuno potrà dubitare del suo paese. Egli punterà il dito contro il tacito appoggio che l’America sta dando al riarmo nucleare di Israele, e contro l’aperta approvazione nei confronti dell’India. Asserirà inoltre che, fra tutti gli Stati che stanno correndo agli armamenti, esiste una discriminazione nei confronti dei musulmani. Sebbene abbia torto su parecchie cose, avrà ragione su molte altre.

Tutto questo non è per dire che l’orribile piano nucleare iraniano sia giustificato. Nemmeno si vuole affermare che tutti smetteranno di produrre armi se i poteri centrali rinunceranno a loro volta alle loro. Ma il rifiuto dei membri del consiglio di sicurezza di prendere posizione nella lotta al disarmo, unita alla minaccia di un bombardamento preventivo, garantiscono il fallimento della missione dell’ONU e dell’Atomic Energy Agency. Niente ci rende meno sicuri dei miliardi spesi nel nome della sicurezza.

 

 

 

Fonte: http://www.guardian.co.uk/Columnists/Column/0,,1693404,00.html
Tradotto da Elena Cortellini per Nuovi Mondi Media