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Fuori l'Occidente dall'Afghanistan

di Massimo Fini - 28/08/2008

IN AFGANISTAN nel distretto di Shindand,
nella provincia di Herat formalmente
controllata dai militari italiani, un raid
notturno della Nato ha ucciso 76 persone fra
cui 50 bambini e 19 donne. La strage è stata
denunciata dal ministro dell’Interno afgano e
poi confermata dal presidente Karzai, notizia
quindi al di sopra di ogni sospetto perché l’attuale
governo-fantoccio di Kabul si sostiene
proprio grazie all’appoggio delle truppe Nato.
Ma questa non è che l’ultima di una serie di
stragi di civili afgani di cui raramente viene data
notizia dai media occidentali. Proprio nello
stesso giorno dell’eccidio di Shindand le truppe
britanniche cannoneggiando il villaggio di
Sangin hanno centrato un matrimonio facendo
dieci feriti civili (fra cui un neonato) e un
numero imprecisato di morti.Madi questa strage
«minore» non si sarebbe saputo nulla se i media
non fossero stati costretti a dare notizia di
quella maggiore. All’inizio dell’estate un altro
matrimonio, scambiato per un raduno di Talebani,
era stato preso di mira. I morti, tutti civili,
furono 46.Ma poiché in quel caso i bambini
uccisi erano pochi la notizia fu nascosta nelle
pagine interne o, semplicemente, ignorata.Erisalendo
nel tempo, fino al 2001, anno dell’attacco
americano all’Afganistan, c’è uno stillicidio
pressoché quotidiano di questi episodi atroci.
Gli occidentali, e soprattutto gli americani,
bombardano alla cieca i villaggi senza rendersi
conto che nei villaggi ci sono solo vecchi, donne
e bambini, perché tutti gli uomini validi sono a
combattere. Inoltre poiché la popolazione afgana
è formata da grandi clan, ogni civile ucciso
significa che altri cento afgani, magari fino a
quel momento neutrali, vanno ad ingrossare le
file degli insorti. In Iraq le vittime
civili sono state conteggiate
in circa 650 mila, in Afganistan,
paese più remoto e meno
importante della cui popolazione
non importa niente a
nessuno, non sono calcolate e
sono incalcolabili. Comunque
cento volte superiori a quelle
dell’assedio di Sarajevo della famosa strage
del mercato e di quella di Sebrenica (dove peraltro
ad essere liquidati furono solo maschi
adulti), episodi per i quali Karadzcic e Mladic
sono stati trascinati davanti al tribunale internazionale
dell’Aja per «crimini di guerra». Oggi
i macellai siamo noi. La domanda da farsi
è: che significato ha questa mattanza? Ricapitoliamo.
Nel 2001 gli americani attaccarono
l’Afganistan e lo spianarono al suono di «bombe
blu» per prendere un uomo, Bin Laden, che
poi non hanno preso. Quindi, con i loro alleati
europei e altre frattaglie, lo invasero, lo occuparono
e misero al governo un loro Quisling,Hamid
Karzai. Motivazioni. Ricostruire «quel
martoriato Paese» (peccato che lo avessero
martoriato proprio loro) e sconfiggere il terrorismo.
Per anni siamo andati avanti con queste
menzogne. Come si fa a considerare terrorista
un movimento come quello talebano che è in
grado di portare attacchi con 400 uomini alla
volta, che controlla i tre quarti del territorio (tutto
l’immenso Afganistan rurale)
lasciando alle truppe straniere
solo alcune città, e che
sta accerchiando Kabul (è come
sostenere che le Brigate
Rosse erano in grado di accerchiare
Roma)? In realtà quello
talebano è un movimento di
resistenza all’occupazione
straniera a cui si sono aggregati anche afgani
che in passato hanno combattuto i Talebani
uscendone sconfitti (come il signore della guerra
Hekmatiar) e che gode dell’appoggio della
stragrande maggioranza della popolazione che
ai Talebani riconosce l’indiscutibile merito di
avere, a suo tempo, riportato ordine e sicurezza
nel Paese. In quanto alla pelosa «ricostruzione
» è fallita non solo perché buona parte dei
quattrini finiscono nelle tasche corrotte del clan
di Karzai e di quelle, non meno corrotte, degli
occidentali, Ong comprese, ma perché gli afgani
non vogliono le nostre scuole, le nostre strade,
la nostra amministrazione, le nostre chiese
(noi italiani abbiamo avuto l’impudenza di costruire
delle chiese cattoliche). Vogliono semplicemente
che noi ci togliamo dai piedi perché,
popolo orgoglioso come sono, non tollerano le
occupazioni straniere, comunque motivate.
NONTOLLERANOi «liberatori». Cacciarono,
a suo tempo, gli inglesi, hanno cacciato,
dopo dieci anni di guerra e di guerriglia, i sovietici.
E, con la pazienza e lo straordinario coraggio,
fisico e morale, che li contraddistingue, cacceranno
anche gli occidentali pur essendo costretti
a combattere quasi a mani nude contro
eserciti tecnologicamente sofisticatissimi e a perdere
in ogni singola battaglia cento uomini per
eliminare due o tre soldati nemici. Che fare
quindi con l’Afganistan? Andarsene prima
che sia troppo tardi, come consigliò il generale
sovietico, un’autorità in materia, che guidava
le truppe di occupazione russe.Eall’intervistatore
che gli chiedeva che ne sarebbe stato degli
afgani rispose: «Bisogna lasciare che sbaglino
da soli». Parole sagge, civili, democratiche che,
nell’impazzimento totalitario che ha preso
l’Occidente (la sua pretesa di «assolutismo etico
» come ha scoperto, con un certo ritardo, Pierluigi
Battista sul Corriere della Sera), ci tocca
ora sentire, come una lezione, da un aborrito
ex comunista.