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Congo: la guerra civile delle multinazionali

di Manuel Zanarini - 05/11/2008

 

 Nei giorni scorsi è ripresa la guerra civile tra Tutsi e Hutu nell’Est del Congo, al confine con il Ruanda.La regione orientale della nazione africana, il Nord Kivu, è da sempre teatro di scontri etnici che coinvolgono tutte le nazioni limitrofe, e vede come sfondo il conflitto tra le etnie Tutsi e Hutu. La loro rivalità si può far risalire alla fine dell’ Ottocento, durante l’occupazione coloniale da parte del Belgio. Gli invasori, secondo il vecchio adagio “divide et impera”, divisero la popolazione del Ruanda e del Congo, in base al rango sociale e agli aspetti somatici, in Hutu e Tutsi, appoggiandosi a quest’ultimi per governare la popolazione africana. Finita l’epoca coloniale, gli Hutu sfogarono la loro rabbia contro i Tutsi, dando vita ai massacri etnici del 1962, e in misura ancora maggiore del 1994. A seguito di questi ultimi scontri, gli Hutu formarono delle milizie paramilitari di stanza in questa zona dell’Africa, le Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR), che nel 1998 si resero responsabili di un nuovo massacro dei Tutsi. Da questi fatti, si scatenò quella che viene chiamata la “Guerra Mondiale Africana”, che terminò nel 2003, e che vide coinvolte otto nazioni africane, tra cui le più attive furono il Congo, il Ruanda, il Burundi e l’Uganda, e ben 25 gruppi armati, alcuni dei quali ancora attivi. Al termine del conflitto, la zona orientale del Congo, il Nord Kivu appunto, rimase occupata da gruppi ribelli stranieri, creando continui momenti di tensione etnica e migliaia di sfollati.La situazione è da allora tesa e complessa. Tanto è vero che negli anni ’90, l’esercito ruandese ha invaso due volte la zona orientale del Congo, accusando il governo di Kinshasa di sostenere i ribelli armati Hutu. A sua volta il Congo accusa Ruanda ed Uganda di appoggiare le milizie paramilitari Tutsi del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), che vogliono attuare un colpo di stato.La situazione nel corso degli anni è peggiorata visto che gli Stati Uniti stanno appoggiando economicamente,e soprattutto militarmente, le truppe del CNDP sotto la guida di Laurent Nkunda. Quest’ultimo ha spesso dichiarato di combattere per tutti i cittadini del Congo contro un governo corrotto, ma in realtà attua una politica militare di “pulizia etnica” nei confronti dell’etnia rivale degli Hutu. La situazione sembrava essersi normalizzata all’inizio del 2008, quando, visto che le forze governative non riuscivano a sconfiggere i ribelli, si giunse alla firma di un accordo di pace, nel Gennaio di quest’anno; ma nonostante la presenza di truppe dell’ONU, Nkunda ha continuato le operazioni di guerriglia. Negli ultimi mesi la situazione è degenerata nuovamente, quando l’Uganda ed il Ruanda hanno deciso di appoggiare gli attacchi del CNDP, accusando il Congo di sostenere gli “Interahamwe” delle “Forze armate di Liberazione del Ruanda”(FdLR), gli estremisti Hutu responsabili del genocidio in Ruanda, di conseguenza, sostenenendo la legittimità di colpire le basi del FdLR e dei suoi alleati, dell’ “Esercito di Liberazione del Signore (LRA), che si trovano nella regione congolose del Nord Kivu.Gli scontri tra le forze del CNDP e l’esercito regolare congolose (FARDC) sono scoppiati attorno le città di Goma e quella ruandese di Giseny, nelle province di Rutshuru e Nyiragongo, nella regione orientale del Nord Kivu. L’avanzata delle truppe di Nkunda è stata rapida e perentoria, occupando in pochissimo tempo le città di di Rutshuru e Nyiragongo, oltre ad aver conquistato la base militare di Rumangabo e le città intorno, e hanno messo sotto assedio Goma, la capitale del Nord Kivu.La ritirata delle truppe regolari ha dato vita ad episodi di violenza e di saccheggio ai danni della popolazione civile, che ha abbandonato le città per rifugiarsi nei campi profughi della zona. Attualmente, passata l’onda dell’invasione dei ribelli di Nkunda, la situazione sembra essere di relativa calma. Il CNDP ha dichiarato un “cessate il fuoco” unilaterale, e per bocca del suo portavoce, Bertrand Bisimwa, ha annunciato che verranno aperti dei corridoi umanitari per “permettere il ritorno di tutti i profughi nei loro rispettivi luoghi ed alle associazioni umanitarie di assisterli”, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Italia stanno inviando 10 tonnellate di equipaggiamenti medici che dovrebbero aiutare 60.000 persone per un mese, soprattutto medicinali contro le malattie diarrotiche, la malaria e i traumatismi.Anche la politica europea sembra muovere i primi timidi passi, grazie al Commissario Europeo allo sviluppo ed agli aiuti umanitari, Louis Michel, che ha lanciato la proposta di organizzare una conferenza di pace a Nairobi, in Kenya, dove far incontrare il Congo, il Ruanda, il Burundi, l’Uganda, le organizzazioni continentali africane, l’Unione Europea e gli Stati Uniti, per cercare una soluzione all’ultradecennale conflitto nel Nord Kivu. Questa la situazione sul campo, ma il conflitto nel Congo Orientale è attribuibile solo al conflitto etnico tra Tutsi e Hutu? Detto già che la divisione etniche di quella zona è figlia della logica imperialista del “divide et imper”, va notato che altri soggetti si muovono dietro le quinte del conflitto. Infatti, le truppe del CNDP sono finanziate, oltre che dall’Uganda e dal Burundi, anche dagli Stati Uniti, e soprattutto dalle multinazionali occidentali. Bisogna infatti dire che il Congo è un paese straordinariamente ricco di risorse naturali: nobio, cobalto (essenziale per le industrie nucleari, chimiche, aerospaziali e della difesa), diamanti, stagno, oro, rame, petrolio, carbone, uranio e zinco, senza contare le immense risorse di legno e di cacciagione (proprio pochi giorni fa il maggiore giornale congoloese chiedeva l’abolizione delle leggi anti-bracconaggio). Ma, la risorsa oggi diventata più importante, è il coltan, elemento indispensabile per la costruzione dei cellulari. Quindi, coloro che soffiano sul fuoco etnico sono proprio le multinazionali di questi settori (Motorola, Nokia, Union Miniere, Nicky Oppenheimer,ecc.), e molto probabilmente è proprio per questo che le missioni ONU non hanno mai sortito effetti. Per le multinazionali occidentali è molto più conveniente un Congo dilaniato da guerre civili, quindi ricattabile, piuttosto che una nazione unita e pacificata.