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Nuova direttiva europea sui rifiuti, ecco come dovrà adeguarsi l´Italia

di Eleonora Santucci - 19/11/2008

 
 
 
Il 20 ottobre 2008, dopo l’approvazione in seconda lettura del 17 giugno del Parlamento europeo, la commissione ha dato il via libero definitivo alla nuova direttiva sui rifiuti (in corso di pubblicazione in Gazzetta ufficiale europea). Andrà a sostituire la direttiva 2006/12/Ce relativa ai rifiuti, la direttiva 91/689/Cee relativa ai rifiuti pericolosi e la direttiva 75/439/Cee concernente l’eliminazione degli oli usati. E dovrà essere recepita dagli Stati membri entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore.

Abbiamo chiesto a Paola Ficco - giurista ambientale, docente universitario e direttore della rivista “Rifiuti – Bollettino di informazione normativa” - cosa comporterà per lo Stato italiano la nuova disciplina sui rifiuti.

«La nuova direttiva enuncia alcuni principi già reperibili all’interno del Dlgs 152/2006. Tuttavia il governo non potrà fare a meno di attuarla “ex novo”, probabilmente acquisendo la delega nell’ambito del più vasto Ddl di iniziativa governativa relativo alla riscrittura di tutto il Dlgs 152/2006 (approvato dal Consiglio dei Ministri del I agosto 2008).

Del resto le novità della direttiva sono molte e tutte adottate nell’ottica di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti.

In primis, per rispondere alla necessità di distinguere cosa è rifiuto e cosa non lo è, infatti il legislatore europeo ha introdotto le definizioni di sottoprodotto e di materia prima seconda (definizioni già conosciute nel nostro ordinamento), di raccolta differenziata, di preparazione al recupero e di riciclaggio. E sempre nella stessa ottica cerca di rispondere alla necessità di stabilire una chiara e definita distinzione fra le operazioni di recupero e di smaltimento.

Inoltre, il legislatore europeo punta il dito sulla prevenzione quantitativa e qualitativa affermando la responsabilità del produttore – differenziandolo da commerciante e intermediario (definizioni anche queste inserite dalla nuova direttiva) - e riconfermando la gerarchia dei rifiuti se pur innovandola.

In che senso?
«La gerarchia non appare più vincolante perché gli Stati membri possono adottare misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo. Quindi può essere necessario che flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia se giustificato dall’impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi di produzione e gestione di tali rifiuti».

Secondo la gerarchia una corretta gestione dei rifiuti passa in primo luogo attraverso politiche di prevenzione, in secondo dal recupero di materia sopraordinato a quello di energia e per ultimo dallo smaltimento. Tanto che il legislatore europeo include nella definizione di riciclaggio il ritrattamento di materiale organico, ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare come combustibile o in operazioni di riempimento. Cosa significa per gli Stati?
«Gli Stati membri dovranno impegnarsi affinché i materiali riciclabili (es. carta) non finiscano né in discarica né a recupero energetico. L’Ue detta appunto gli obbiettivi da raggiungere entro il 2020 sia per il riciclaggio dei rifiuti urbani (ma solo per determinati tipi di rifiuti come metalli, carta, vetro e plastica) che dovrà aumentare almeno del 50% in peso sia per il recupero dei rifiuti da demolizione che dovrà aumentare almeno del 70%».

Invece l’aver introdotto una definizione di sottoprodotto - ossia di quelle sostanze e prodotti aventi determinate caratteristiche e che derivano da un processo produttivo – e di materie prime seconde che cosa comporta per lo Stato?
«I vari sottoprodotti saranno individuati dagli Stati membri. Ma per particolare categorie (non enunciate), la Commissione si è riservata la facoltà di decidere. Infatti mediante la “procedura di Comitato” la Commissione Ue può adottare misure per stabilire i criteri da soddisfare affinché sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. Comunque sia le condizioni necessarie affinché una sostanza possa essere considerata sottoprodotto ma anche materia prima seconda dovranno essere dimostrate dal produttore per superare la presunzione giuridica di rifiuto (che è norma di stretta interpretazione).
Le materie prime seconde a differenza dei sottoprodotti invece derivano da un processo di recupero, devono avere determinate caratteristiche e rispondere a certi criteri, ma le misure che riguardano l’adozione di tali criteri e specificano i rifiuti sono adottate dalla Commissione Ue. E i primi criteri riguarderanno i rifiuti da demolizione (aggregati), la carta, il vetro, i metalli, i pneumatici e i rifiuti tessili».