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La “fabbrica” dell’insicurezza sociale

di Carlo Gambescia - 24/11/2008

Gli italiani sono o non sono nelle mani di una criminalità diffusa? Un interessante editoriale di Ilvo Diamanti, apparso ieri su Repubblica, pone il problema. Ma in che modo? Collegando l’andamento del senso di insicurezza sociale alle capacità strategiche del centrodestra di sollevare e poi tacitare la questione, grazie alla complicità dei media.
In effetti il vero problema riguarda piuttosto la percezione della sicurezza, dal momento che stando all’Istat la situazione italiana non è poi così compromessa (istat.it/dati/catalogo/20080507_01/te... ) :

In Italia dall’inizio degli anni Novanta nel fenomeno dei delitti contro la persona sono intervenute consistenti variazioni. Molte tipologie di reato hanno avuto un andamento decrescente: gli scippi, i furti di veicoli e di oggetti dai veicoli, i furti nelle abitazioni. Anche gli omicidi sono notevolmente diminuiti: tra questi l’unica tipologia che ha visto un incremento nell’ultimo ventennio è quella degli omicidi che si consumano in famiglia, un segmento molto specifico che prevede interventi di diversi attori pubblici. (…) Nel 2005 in Italia sono stati commessi circa 10 omicidi per milione di abitanti. Nel contesto europeo l’Italia, per numero di omicidi commessi,è uno dei paesi più sicuri. Si colloca infatti al di sotto della media europea (pari a 14 omicidi per milione di abitanti), in ottava posizione dopo Austria, Lussemburgo, Svezia, Germania, Malta, Slovenia e Repubblica Ceca. I paesi con il maggior numero di omicidi sono le ex Repubbliche russe del baltico, Lituania, Estonia e Lettonia, che hanno indici rispettivamente pari a 118,3, 83,9 e 55,2 per milione di abitanti” (pp. 92-93).

Perciò è vero che la questione sicurezza è stata irresponsabilmente “pompata” dal centrodestra. Ma anche dal centrosinistra. Visto il calo negli ultimi venti anni dei cosiddetti reati di “allarme sociale” (gli scippi, i furti di veicoli e di oggetti dai veicoli, i furti nelle abitazioni).
Pertanto, come scrive Diamanti, è vero che il centrodestra ha vinto le elezioni cavalcando (anche) il problema delle sicurezza, ma è altrettanto vero che, stante la decrescita ventennale di cui sopra, il centrosinistra non è stato da meno. Si veda ad esempio questa intervista di Rosy Bindi a Liberazione, dove si ammette la “subalternità” al centrodestra sul tema della sicurezza( http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=3104 ).
Allora diciamo che l’insicurezza si può fabbricare, e che in questo il centrodestra ha dimostrato di essere più efficace. Ma non si può però dire che il centrosinistra non abbia tentato di imitarlo ( si pensi solo alla inutile caccia ai lavavetri fiorentini…).
In realtà, il problema sociologico di fondo è quello della cosiddetta “società della paura”: una società, come l'attuale, dove il potere evoca continuamente - grazie all'opera di mass media in larga misura ipnotizzati dalla violenza - la minaccia invasiva all’integrità fisica e ai beni di ogni cittadino. E con un solo scopo. Quale? Introdurre provvedimenti di controllo rigoroso su “tutti” i cittadini e non solo quelli che delinquono.
Ciò che di solito non si dice è che il potere, per natura, tende a espandersi e consolidarsi, soprattutto quando non trova davanti a sé alcun ostacolo, come sembra stia accadendo. Il che non significa che lo “stato politico” non svolga nessuna funzione sociale. Ma come va inteso concretamente lo scambio tra protezione e obbedienza? Che vede lo stato da una parte e il cittadino dall’altra? Soprattutto in società come le nostre, dove pare possibile influire sistematicamente sulla percezione della realtà quotidiana da parte del cittadino?