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Un seggio costa 4 milioni

di Tommaso Montesano - 30/01/2009

La soglia di sbarramento è la novità. Le preferenze sono la conferma. Ma se sul primo punto della legge elettorale per le Europee le reazioni di Popolo della Libertà e Partito democratico sono favorevoli, se non altro per interesse, sul secondo i mal di pancia non mancano. Non è un mistero che Silvio Berlusconi propendesse perle liste bloccate sul modello di quelle in vigore per le Politiche. Quelli che tremano di più, però, sono i singoli parlamentari, chiamati ad affrontare una campagna elettorale massacrante - le circoscrizioni coprono almeno quattro Regioni italiane - e soprattutto costosa. Il biglietto per Strasburgo, infatti, è salatissimo: al nord tra cartelloni pubblicitari, cene elettorali, manifestazioni sul territorio e affitto delle strutture può arrivare a costare fino a quattro milioni di euro. Per non parlare, in tempi di fusioni partitiche e quindi di "listoni", dell’aumento della concorrenza per conquistare un posto al sole.

 UN SEGGIO MILIONARIO

Il tariffario dipende sia dalla circoscrizione in cui ci si candida che dalla lista in cui ci si presenta. In un grande partito come il PdL, ad esempio, la spesa aumenta man mano che si sale lungo la Penisola. Se nel Mezzogiorno il costo oscilla intorno ai 250mila euro, nei collegi del centro il minimo che un candidato deve sborsare per tentare l’assalto alla poltrona di eurodeputato è almeno il doppio: 500mila euro. Nelle Regioni del nord, poi, il costo può arrivare anche fino a quattro milioni di euro. «E tutta colpa dei collegi», spiega Franz Turchi, eurodeputato di An dal 1999 al 2004, prossimo alla ricandidatura nelle fila del PdL. «Quelle delle Europee sono circoscrizioni sterminate», aggiunge. Turchi parla a ragion veduta, visto che nel 1999 è stato eletto con oltre 23mila voti raccolti in cinque Regioni italiane: Lazio, Toscana, Umbria e Marche. «Per farcela bisogna avere una presenza territoriale capillare». Alle preferenze, Turchi è affezionato: «Mi verrebbe da dire che non ne posso fare a meno. Nel 1999, una volta eletto, ho cominciato a pensare alla tornata successiva il giorno dopo la proclamazione dell’elezione. Per cinque anni ho previsto nella mia agenda il giro di una città del collegio ogni fine settimana. E una volta ogni sei mesi ho pianificato il giro di tutta la circoscrizione. Non a caso ho percorso 120mila chilometri in un anno. Più di un autotrasportatore». Sulla spesa, Turchi preferisce non pronunciarsi: «Diciamo, però, che se un candidato stanzia 50n-ila euro è meglio che organizzi una festa privata...». A far lievitare i costi, infatti, c’è anche la durata effettiva della campagna elettorale: «Per fare un buon lavoro occorre muoversi sei mesi prima. Oggi servono almeno 70mila voti». L’altra faccia della medaglia ha il volto di Benedetto Della Vedova, ex radicale, presidente dei Riformatori Liberali schierati con il Popolo della Libertà. «Nel 1999 sono stato eletto a Strasburgo con la lista Bonino con circa cinquemila preferenze. Ricordo che spesi cinque milioni di lire». Una briciola, se rapportata all’esborso dei suoi colleghi dei partiti maggiori. «Quello per i radicali è sempre stato un voto d’opinione, se mi fossi candidato altrove avrei dovuto spendere molto di più». Invece anche nel 2004, seppur senza fortuna, se l’è cavata con cinquemila euro: «Fui il primo dei non eletti nella circoscrizione Nord - Ovest».

 LE CAMPAGNE "FAI DATE"

A DellaVedova la caccia alle preferenze non è mai piaciuta: «In Europa siamo pressoché gli unici ad averle. È un sistema sbagliato». Motivo? «Intanto perché il voto è comunque influenzato dall’ordine di composizione della lista, visto che ad essere eletti sono quasi sempre quelli che si trovano ai primi posti. E poi perché le preferenze creano un rapporto sì diretto, ma viziato, con il territorio. La logica è quella di fare favori in cambio del cognome scritto sulla scheda». Insomma, l’assioma preferenze uguale democrazia è un mito da sfatare: «Bisogna lavorare sulla meritocrazia interna. La preferenza è un’illusione, basta vedere quello che è successo in Campania...».