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Obama è solo l'ultimo spettacolo

di Alain de Benoist - 16/02/2009

 


Gruppo Opìfice. Con un'affluenza alle urne del 61% circa, Barack Obama è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America, e nel suo primo discorso a Chicago ha affermato che "il cambiamento per gli Stati Uniti è arrivato". Cambierà realmente qualcosa, nei rapporti tra la superpotenza e il resto del mondo?

Alain de Benoist. Ci saranno sicuramente dei cambiamenti nella forma e nello stile. Obama intende rompere con l’unilateralismo che, nella politica estera, ha caratterizzato il governo Bush, cosa che lo porterà senza dubbio a proporre ai suoi alleati dei rapporti di partenariato più flessibili. Non mi aspetto invece dei cambiamenti di fondo. Le iniziative più criticate di George W. Bush verranno eliminate (per esempio, la chiusura della prigione di Guantanamo è già stata annunciata), ma penso che la nuova amministrazione americana sarà del tutto interventista come la precedente. Obama, che ha beneficiato del massiccio appoggio di Wall Street e delle potenze economiche durante la sua campagna (e questo spiega perché ha potuto disporre di mezzi materiali molto superiori a quelli di McCain) ha chiamato accanto a sé numerosi rappresentanti della vecchia amministrazione Clinton. Ha affidato a Hilary Clinton un posto estremamente importante. Ha conservato lo stesso ministro della guerra del governo Bush. Egli ha infatti annunciato la sua intenzione ritirare progressivamente le forze impegnate in Iraq (dove la presenza americana sarà tuttavia mantenuta), ma ha anche detto che  intensificherà lo sforzo nella guerra in Afghanistan, quando questa guerra è già chiaramente persa. Nel conflitto del vicino Oriente, egli si è fino a ora mostrato pro-israeliani, come i suoi predecessori, e il suo entourage lo è ancora più di lui. Per quanto concerne l’Iran, le sue offerte di “dialogo” non permettono di conoscere quali sono le sue reali intenzioni. È chiaro che non è necessario fare un processo alle intenzioni di Barack Obama: egli sarà giudicato dalle sue azioni. Ma io sarò assai sorpreso, se ci sarà un reale cambiamento.

Gruppo Opìfice. C'è stata grande attenzione, nel mondo, per queste elezioni americane. A Suo modo di vedere, da cosa è dipesa questa emotiva "partecipazione" globale?

Alain de Benoist. Quello che il mondo ha visto, in queste elezioni, è innanzitutto il fatto che per la prima volta sia stato eletto un "nero" alla Casa Bianca. Da un punto di vista simbolico, è incontestabilmente un fatto importante, se ci si ricorda che nel 1960 la segregazione razziale era ancora praticata, negli Stati Uniti. Ma questa interpretazione puramente “etnica” della vittoria di Barack Obama, secondo me, passa solo accanto all’essenziale. La obamamania ha soprattutto suscitato delle interpretazioni stravaganti (in Kenya, Paese d’origine del padre di Obama, alcuni si sono illusi che sarebbe piovuta su tutti gli abitanti del Paese una manna finanziaria!). Obama stesso, che non è un afro-americano, in realtà si è ben guardato dal presentarsi, durante la sua campagna, come il candidato delle minoranze etniche (queste ultime hanno, per la maggior parte, votato per il candidato democratico, come d’abitudine, ma non in proporzione maggiore rispetto alle elezioni precedenti, quando il candidato democratico era un "bianco"). Molti europei, d'altra parte, sembrano non aver capito che Obama non è stato eletto segretario generale delle Nazioni Unite, rappresentante planetario dei popoli africani o redentore dell’umanità. È stato eletto presidente degli Stati Uniti, e avrà dunque il compito di difendere gli interessi americani. La percezione emotiva delle elezioni presidenziali americane conferma solamente che, nel mondo attuale, la riflessione tende a cedere il posto alla spettacolarità.

Gruppo Opìfice. In Europa, dall'immediato post-elezioni si respira grande fiducia nei confronti di Obama e delle sue scelte future. Il nostro destino è così fortemente nelle mani del nuovo presidente statunitense? E i governanti europei? Semplici comparse della scena politica mondiale?

Alain de Benoist. Obama possiede un indubbio carisma, e ha già dato prova della sua capacità di seduzione.  Sarebbe però un grande errore arrivare alla conclusione non solo che la politica americana stia per cambiare radicalmente, ma anche che possiamo essere più d'accordo con “l’America di Obama” che con quella dei suoi predecessori. Con o senza Obama, la situazione mondiale resta governata dalle stesse leggi geopolitiche. La politica estera degli Stati Uniti sottostà a delle costanti, che non cambiano ormai da due secoli. Non sarà quindi sufficiente l’elezione di Obama, per colmare le divergenze d’opinione tra gli Stati Uniti e il “resto del mondo” o per avvicinare gli interessi americani a quelli europei, dato che sono strutturalmente divergenti. Ma quello di cui bisogna aver timore, è che un cambiamento di stile nella politica della Casa Bianca spinga gli alleati degli Stati Uniti ad accettare più facilmente – siccome l'hanno già fin troppo fatto, finora – un’egemonia, che resta più che mai ingiustificata. Sarà necessario, a questo riguardo, stare attenti all’evoluzione dei rapporti americano-russi e allo sviluppo dell’OTAN negli anni futuri.

[traduzione per opifice.it a cura di Anna Piras. Un ringraziamento particolare a Jeanne Cogolli per la collaborazione.]