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È tempo di cambiare i paradigmi economici del XX secolo?

di Richard Heinberg - 19/02/2009

 


Cento anni fa governavano i mercati: furono create le fortune, i lavoratori venivano abusati, le bolle scoppiavano. La Scuola austriaca di economisti, guidata da Ludwig von Mises, disse che andava bene così: nonostante la temporanea confusione, nessuno sa meglio del mercato.

Ma la confusione dei mercati era inaccettabile per i socialisti, alcuni dei quali guidarono la rivoluzione in Russia per stabilire la prima economia controllata dallo stato.

Le catastrofi della Grande Guerra e della Grande Depressione hanno condotto verso l’ascendente di John Maynard Keynes, che sostenne che persino le economie capitaliste hanno bisogno di essere regolate per evitare manie e successive implosioni.

Allora regnò il Keynesianesimo, e la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la maggior parte degli altri paesi adottarono regolamenti per il sistema bancario, finanziario e industriale, in molti casi nazionalizzando le ferrovie e altri aspetti centrali dell’economia produttiva.

Nella foto: gli economisti John Maynard Keynes (destra) e Friedrich von Hayek (sinistra)

Nel frattempo, l’economista rivale Friedrich von Hayek silenziosamente tramava la vendetta della Scuola Austriaca, la cui ragione fu offerta dalla
stagflazione e dalle agitazioni dei lavoratori negli anni ’70. Von Hayek, che aveva lavorato duramente in segretezza, era diventato allora l’uomo del momento; i suoi accoliti Margaret Thatcher e Ronald Reagan promisero di mostrare la strada per tornare alla prosperità: il governo era il problema e la privatizzazione la soluzione!

I tre decenni seguenti hanno visto economisti tornare numerosi dalla parte della nave “Lascia che Regoli il Mercato”, lodando vertiginosamente le meraviglie della globalizzazione e del libero mercato.

Fin dal Crollo del 2008, gli economisti si stanno precipitando ad annunciare una nuova era di neo-Keynesianesimo: la mancanza di regolamento nell’industria finanziaria ci ha condotto sull’orlo del disastro e solo un massiccio intervento del governo può rimetterci in carreggiata.

Purtroppo, adesso le carreggiate sono finite. I grandi paradigmi economici hanno semplicemente dato troppe cose per scontate. Hanno assunto che le economie dipendono da soldi e lavoro, ma hanno ignorato i ruoli di energia e ecosistemi. Hanno assunto che siccome la popolazione, l’estrazione delle risorse e l’energia disponibile erano cresciute per tutti i secoli XIX e XX, sarebbero cresciute in eterno una volta che i giusti rapporti tra soldi, forze del mercato e regolazione governativa fossero risolte. Quasi nessuno ha smesso di pensare che i limiti ai bacini di carbonio atmosferico della terra e le scorte di combustibili fossili, strato superficiale del terreno e acqua potessero imporre un limite definitivo all’attività economica.

I campi di economia ecologica e economia biofisica sono spuntati per riempire questo punto debole del pensiero economico convenzionale, ma entrambi sono ancora marginalizzati.

Nei mesi futuri vedremo una battaglia titanica su chi può ristabilire la beata condizione di eterna crescita. Purtroppo né i sostenitori del libero mercato né i controllori statali hanno la risposta. L’umanità ha raggiunto limiti fisici alla crescita – picco petrolifero e cambiamento climatico – che sono la rovina di tutte le filosofie economiche che non considerano tali limiti.

Quanto ci vorrà ai teorici per capirlo? Quanto del nostro restante benessere distruggeranno in un inutile sforzo per provare che i loro paradigmi sono validi per sempre? Per quanto la società si disferà prima che qualcuno al potere cominci a mettere in dubbio la saggezza ricevuta?

È meglio sperare che imparino velocemente.

* Senior Fellow del Post Carbon Institute e autore di "Peak Everything"

Titolo originale: "Is it time to change 20th century economic paradigms?"

Fonte: http://www.theecologist.org

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANGELA CORRIAS