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Malattia incurabile? Molto probabile

di Gianfranco La Grassa - 03/03/2009

Penso che la cura sia difficile, pressoché impossibile. A meno che questa crisi non sia veramente così grave da rimescolare abbastanza a fondo le carte sul piano sociale (e del cervello dei più). Quelli che agiscono dietro le quinte, i nostri capitalisti finanziari parassiti e industriali decotti, per quanto indeboliti e anche fra loro non più uniti come due-tre anni fa, continuano ad avere la preva-lenza. Hanno preso atto della netta, e da loro imprevista, vittoria elettorale del centro-destra; così fanno i furbi (basti vedere la cordata messa in piedi per Alitalia, improvvisata, pensata come favore al premier, e la cui “verità” apparirà fra due-tre anni o poco più o forse meno). In realtà, “tramac-ciano” con tutti, a destra e ancora con qualche preferenza a sinistra (dove destra e sinistra sono due etichette senza più contenuto se non la rissa perpetua e il dir bianco quando l’altro dice nero e vice-versa); ostacolando comunque qualsiasi accenno di politica con qualche spolverata di indipendenza – in ogni caso, una pallida copia di quella di Enrico Mattei e di certi dirigenti Dc e Psi – in ciò favo-riti dal netto richiamo fatto dalla nuova amministrazione americana (si veda l’articolo di Mario Ca-labresi su Repubblica del primo marzo) a quelli che “fanno gli amici di Putin”, e hanno osato dire la verità sull’aggressione della Georgia con risposta russa, ecc. Sulla Cina non c’è bisogno di richiami poiché non vi è nessun servo, di sinistra come di destra, che non l’attacchi sui “diritti umani”, sul Tibet e altro, con la voglietta di bloccare le esportazioni cinesi che mettono in ginocchio molti no-stri settori piccolo-medio imprenditoriali.
La politica di difesa dalla crisi si nutre di poco credibili dichiarazioni di fiducia, in specie sul nostro apparato finanziario, del tutto dipendente da quello americano e che ha portato avanti, grazie a questi rapporti servili, la penetrazione nei paesi est-europei (tutti debitamente filoamericani), a-desso in piena bancarotta. Si sostiene che le nostre banche hanno meno “asset tossici” delle altre. Non ho nulla in mano per contraddire tale affermazione (solo un’inossidabile sfiducia in questi im-bonitori che ci parlano di economia e finanza); tuttavia, ridurre la crisi a quella finanziaria, e soprat-tutto per i derivati e imbrogli vari, è la miglior dimostrazione che siamo nelle mani di “tecnici” irre-sponsabili con ben scarsa visione politica (e dunque strategica, di ampio periodo) di quanto si sta verificando; e che non riguarda soltanto i “mercati”, che gli stolti neoliberisti vogliono “liberi” men-tre altri stolti – definiti keynesiani e sorretti dagli ultimi scampoli del “marxismo” (non coinvolgia-mo per favore Marx!) – li vogliono controllati dallo Stato.
L’unico “controllo” effettivo sarebbe quello di impedire il multipolarismo che avanza: non line-armente, a onde e a sbalzi invece. Non ce la faranno però, i manigoldi che vorrebbero contrastare la tendenza montante, non riusciranno a riconsegnare il mondo alla “tutela” degli Usa. Il resto sono chiacchiere da “esperti”, da “specialisti”, che senza dubbio ingannano tutti (anche me per carità) con il loro nuovo latinorum (proprio nessuno legge più I promessi sposi?). Certo possono “rinco-glionire” con i loro cds (credit default swap; cioè dei derivati) o con il tier 1 e il core tier 1, e con tante altre parole di gergo; alla fine, sono però loro ad essere completamente smarriti, a balbettare assurdità, poiché non capiscono nulla di una geostrategia, di un alterarsi di certi rapporti di forza inter-nazionali, ecc.
Lenin affermava dopo la rivoluzione: dobbiamo usare gli specialisti borghesi, ma con il fucile degli operai puntato alla schiena. Questo è il punto, lasciando stare l’evidente mutamento d’epoca e l’inutilità del fucile puntato alla schiena (perché altrimenti si dovrebbe premere il grilletto ogni due minuti e…..addio specialisti!). E’ necessario utilizzare i “tecnici”, certe cosette le sanno fare, e sono anch’esse utili, spesso indispensabili. Però poi bisogna che la politica, la visuale ampia delle corren-ti di fondo – sia all’interno che nei rapporti internazionali – sappia mettere le redini a questi limita-tissimi individui . Altrimenti il “migliore” di loro ci verrà a raccontare che per uscire dalla crisi dobbiamo tornare ad essere “etici”, dobbiamo guidare l’economia con la Bibbia in mano; il modo migliore affinché i furbi diventino anche in una situazione catastrofica ancora più ricchi (e meno etici), mentre i deficienti che hanno abboccato, o che non hanno altra scelta perché privi di soldi e potere, vengono demoliti e seppelliti.  

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Il quadro politico italiano è in uno stato miserando, di sfarinamento e dissoluzione; e neppure appare all’orizzonte il punto di svolta per l’inizio di un processo di graduale risanamento oppure, forse l’unica soluzione in grado di avere qualche risultato positivo, di brusco cambiamento ottenuto con i mezzi all’uopo necessari. Ormai, ci portiamo dietro definitivamente la maledizione iniziata con mani pulite nel 1992-93. Non si volle condurre un’effettiva lotta politica per rovesciare lo schieramento (ormai regime) che aveva guidato il paese per lunghi decenni, con la piena conniven-za piciista almeno dal 1976, accentuatasi negli anni ’80 (in specie dopo la marcia dei 40.000 alla Fiat e la sconfitta di una più radicale contrapposizione).
Il crollo del “socialismo reale” colse il Pci in una fase in cui la vecchia dirigenza – quanto meno “carica di storia” – era tramontata e la nuova generazione era formata da cinici opportunisti, senza orientamento ideale né la carica politica d’antan, derivata da una dura lotta di alcuni settori popolari che, in alcuni casi, affondava le radici nella resistenza al fascismo. Si ricorderà la vecchia frase di Agnelli: se voglio difendere meglio i miei interessi di destra, è alla sinistra che mi debbo rivolgere. Frase che va tradotta: se voglio venga attuata una politica di netta svolta reazionaria, è bene mi af-fretti a comprare degli opportunisti, pronti a (rin)negare anche l’evidenza pur di sfuggire al duro giudizio storico emesso soprattutto con la dissoluzione dell’Urss. Sotto la preminente direzione de-gli Stati Uniti – che si erano di fatto accaparrati anche Eltsin nella “nuova” Russia e si sentivano ormai padroni del mondo – si decise di mettere in piedi in Italia un altro regime, molto più prono ai loro comandi.
Secondo la mia opinione, non essendoci più bisogno di fronteggiare il “campo socialista”, la smania di mettere in piedi un nuovo regime italiano era semplicemente dovuta al desiderio di avere una pedina in più per il pieno controllo della UE, oltre alla fidata Inghilterra; tenuto conto che in Francia (pur allora sotto la presidenza di Mitterand) non si erano ancora spenti alcuni residui golli-sti. Del resto, per quale altro motivo (inesistente) venne tenuta in piedi la Nato, organismo militare creato e sempre giustificato con l’immaginario pericolo di “invasione da est”? Insomma, si profila-va una nostra completa servitù ed un più pervasivo impadronirsi dell’Europa, anche di quella ex “socialista”, da parte degli Usa quale loro esclusiva sfera d’influenza. Per rendere i servi comparte-cipi a qualche utile, ci fu la famosa riunione sul panfilo Britannia, in cui venne messa a punto la spartizione del bottino tra i “magnoni” della finanza e Confindustria italiane, ormai totalmente suc-cubi degli Usa pur di conseguire tale scopo; e si pensò ai “rinnegati” come al miglior personale po-litico di servizio. Non si volle però scoprire, nemmeno all’1%, il gioco; niente dunque lotta politica, solo una bella campagna giudiziaria guidata da uomini di provata fedeltà (non faccio nomi, tanto sono ormai ben noti a tutti).
Si sono però sbagliati i conti su due punti. Intanto, la pochezza dei rinnegati, privi di cervello ol-tre che di valori ed etica. Storditi e sbronzi per essersi salvati (essere stati salvati), unici nel mondo occidentale, dal crollo “comunistico” (di qualcosa che con il comunismo non aveva niente a che fa-re; ma tant’è, le ideologie sono immarcescibili e dicono che quello era “il comunismo”), si sono messi in testa di strafare e di impadronirsi anch’essi di un ottimo bottino, andando a pestare i piedi a Berlusconi, del cui complesso economico (e soprattutto mediatico) l’occhettiana “gioiosa macchina da guerra” prometteva la “fine”. Il secondo madornale errore fu di non tener conto di milioni di elet-tori democristiani e socialisti (questi imbestialiti per la fine fatta fare a Craxi dai “comunisti”), per decenni e decenni invitati a votare i partiti che venivano indicati quale diga contro chi era al servi-zio del Nemico per eccellenza, l’Urss. Poiché i piciisti non hanno saputo fare un minimo di resa dei conti effettiva con il loro passato, e si sono ridicolmente limitati a sostenere che non erano mai stati comunisti, che comunque avevano criticato la mancanza di “democrazia” in Urss, che avevano “o-sato” dichiarare esaurita la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre, che avevano velocemente cambiato nome (e lo cambieranno poi con estrema leggerezza non so quante altre volte), la maggio-ranza di quegli elettori non era per nulla pronta – in mancanza di una reale battaglia politica, in cui d’altronde sarebbe venuto a galla il reale obiettivo perseguito: il bottino di cui i “magnoni” sunno-minati volevano impadronirsi – a votare come volevano gli americani assieme alla finanza e Con-findustria “giuridicamente” italiane, ma del tutto antinazionali.
Andò a finire come ben si sa, ma senza che mai ci si decidesse a fare politica, a dire quali erano i progetti e le scelte da effettuare per il bene del paese. Semplici chiacchiere sul passaggio alla Se-conda Repubblica (ma quando mai è avvenuto? Qualcuno se n’è accorto?), attacchi personali, e campagne ancora una volta solo giudiziarie contro il “fascista che avanzava”; un fascista che si è fatto sbattere due volte giù da cavallo, che dopo 16 anni è ancora, e lo sarà fino alla morte, in pro-cinto di rovesciare la nostra “meravigliosa democrazia” fondata su una Costituzione ormai decrepi-ta, come lo sono gli antifascisti odierni. Insomma, un fascista ben cretino, un fascista come non se n’è mai conosciuto uno al mondo (forse si sono presi per veri gli sketch di “Fascisti su Marte” di Guzzanti). Il tutto fu propagandato dai veri maneggioni, oscuri manipolatori di coscienze, antifasci-sti che offendono con la loro sola faccia da debosciati la vera e autentica Resistenza; portentosi la-droni (altro che Andreotti, Forlani, Craxi ecc.!), mestatori da quattro soldi che stanno devastando e portando alla deriva il paese. Da anni penso che sono il cancro di questa nostra società, ma nessuno sembra capire che ormai siamo forse in ritardo per una necessaria cura radicale.

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Una così assoluta mancanza di politica, di vera lotta per obiettivi dichiarati con un minimo di chiarezza, non poteva che condurre alla situazione attuale. Intendiamoci bene: la lotta politica non può fare a meno delle sintetiche “parole d’ordine”, che hanno sempre una carica ideologica e quindi una copertura atta a nascondere in parte gli scopi reali. Tuttavia, un conto è parlare di “costruzione del socialismo” fin quando si sta comunque anche elevando il tenore di vita e la coscienza di settori popolari prima negletti e schiacciati da feroci e ottusi gruppi dominanti. Un conto è portare troppo in alto gli interessi della Nazione quando comunque si attuano misure, che risolvono pure problemi di quasi sopravvivenza per la netta maggioranza della popolazione colpita da una “grande crisi”. Un altro è limitarsi a slogan da bar quando si manda alla malora un paese, lo si depreda delle sue poten-zialità per impadronirsi di un bottino “personale” con l’appoggio di una nazione straniera intenzio-nata a dominare il mondo. Ancora più grave diventa la faccenda quando, pur sostenendo che i me-dia sono in mano all’avversario, li si usa invece a tutto spiano (con l’aggiunta di un docile strumen-to giudiziario) per indicare in una sola persona chi si sta impadronendo di tale bottino, nel mentre sono ben altri che se lo stanno spartendo con il beneplacito della politica e finanza di quel paese predominante. Qui, la menzogna è troppo piena, il mascheramento ideologico è totale, l’inversione della realtà è a 180°.
Così siamo arrivati al ridicolo bipolarismo tra due partiti inventati, senza alcuna storia alle spal-le: Pdl e Pd. Osserviamo il primo. Il grosso è costituito da F.I., raffazzonata attorno ai settori demo-cristiani e socialisti che non hanno accettato di stare con gli “assassini” dei loro dirigenti (vedi quanto detto sopra). Adesso vi si aggiunge un movimento che avrebbe una sua storia, tuttavia ab-bandonata con estrema futilità e leggerezza – quelle del personaggio che lo dirige da molti anni – tramite un rinnegamento del tipo di quello dei piciisti: eguale e contrario, ancora una volta senza autocritica e vera presa di coscienza dei propri fallimenti storici. Una semplice abiura, effettuata per puri motivi di rifarsi la faccia ai fini della conquista di una fetta di potere (utile soltanto a servire i dominanti, italiani e stranieri). Proprio come hanno fatto i piciisti. Che il Pdl nasca bene, è un’idea che può saltare in testa soltanto a dei balordi; che farà una bella fine, che avrà successo (non sto par-lando di quello in appuntamenti elettorali più o meno estemporanei, mi sto riferendo ad una effetti-va politica che piloti il paese nella prossima difficile “stagione”), idem come sopra. Sarà un conti-nuo mediare – diciamo meglio: trantranare – al ribasso; soprattutto perché “due galli” (uno al mo-mento in netto vantaggio) cercano la pole position per scalare l’“ultima vetta”.
Il Pd….; è veramente scoraggiante il doverne parlare. E’ il massimo del pasticcio e della sciagu-ra nazionale. Si vorrebbe formato da movimenti che avrebbero una loro storia; in ogni caso, lo si tenga ben presente, uno di questi stava al governo, negli anni che furono, e l’altro all’opposizione. Il peggio è che entrambi, questa loro storia, l’hanno svenduta a prezzo irrisorio. Si dice siano post-Pci e post-Dc (con un pizzico minimale di post-Psi). Questo post segnala che non sono nulla di nulla, solo un’abiura e un rinnegamento dietro l’altro pur di avere il “posticino in caldo”. Senza alcun per-sonaggio dotato di autentica testa politica, solo pochissimi esclusivamente capaci di tutte le possibili “congiure di palazzo”, con la prerogativa di essere degli infidi arruffoni, pronti ai tranelli, agli in-ganni, ai tradimenti. Comunque, per tutto un periodo, sembrava che l’insieme di “questi nulla” fosse dominato dai post-piciisti. Essi non hanno però mai avuto il coraggio di presentarsi in prima perso-na – a parte una sola volta per seguire gli Usa in guerra – e quindi hanno sempre posto alla loro te-sta il solito post-democristiano.
Adesso, uno di questi – un bamboccione con la faccia da frequentatore di Parrocchie, un’ottima scuola per aspiranti all’intrigo “di successo” – ha preso in mano il “partito”: finto, nemmeno co-struito sulla sabbia, ma soltanto sull’opposizione ad un uomo, mediante la quale si cerca ancora l’ascolto dei capitalisti finanziari e industriali parassiti, “magnoni”, servi di potenze straniere. E il solito “più furbo” dei post-piciisti, quello della guerra alla Jugoslavia (con la scusa della “difesa in-tegrata”), “abbozza”, fa melina, si dimostra aperto alla “soluzione”, sperando di poter essere aiutato nelle sue solite mene. Non so se ci riuscirà, in un paese simile tutto può accadere. Aggiungo solo che il neosegretario ha lanciato la fulminante idea di un assegno quale sussidio a tutti i disoccupati. E ci sono i soliti “grandi” economisti pronti a sostenere che tale mossa alla fine non costerebbe nul-la; sono puri ideologi (forse pure credono a simili menzogne, che hanno insegnato e propalato per mezzo secolo almeno), ancora in vena (comica) di raccontare come la crisi dipenda da carenza di “domanda effettiva” e sia sufficiente rilanciarla per rimettere in moto l’economia (e dunque accre-scere le entrate dello Stato, che “pareggerebbero i conti”); quel rilancio che non si ottenne con effet-ti stabili e duraturi mediante New Deal, ma solo con una bella guerra mondiale e il ritorno al mono-centrismo, malgrado si sia opportunamente alterata e distorta la storia in proposito (sempre da parte di questi esiziali economisti “della domanda”).
Nessuno è insensibile – non fosse che per motivi d’ordine sociale e di popolarità che cadrà in verticale – alle difficoltà crescenti di milioni, non migliaia, di persone. Nemmeno mi faccio incanta-re dal tema del nostro elevato debito pubblico, del quale – con magari “poca perizia” – me ne sbat-terei altamente. Tuttavia, non mi faccio neppure incantare, come appena rilevato, da quei banaloni – con i “sunti cetim” del keynesismo “tascabile” sempre pronto a tutti gli usi, fra cui il più indegno e vergognoso è quello, appunto, di mentire in merito al New Deal – che credono di risolvere la nera situazione in rapida avanzata con l’aumento della domanda, magari “stampando moneta” e impie-gandola in opere di sostegno sociale. Approvabile il sentimento di pietas verso i bisognosi, ma cre-do proprio che il risultato sarebbe il dissesto dei conti dello Stato e, alla fine, la difficoltà di pagare stipendi ai dipendenti pubblici, pensioni e prestazioni sanitarie; e soprattutto la completa carenza di mezzi per attuare una vera politica: non semplicemente economica, ma politica al 100%, in specie sul piano estero.
Mi auguro che non si arrivi poi a chiedere il “salario minimo garantito” o si sostengano magari le tesi del salario come variabile indipendente, una delle più colossali idiozie di sinistra (e sindacali) diffuse, lo si ricorderà, negli anni ’70 dai soliti “economisti di sinistra”, la genia più pericolosa che esista per le sorti di un paese. Ormai si sta sragionando completamente; in questo sragionamento la sinistra – e l’“estrema” in primo piano – è la punta più avanzata. Per favore, questi “bamboccioni” chiedano invece che parlamentari, cariche pubbliche a qualsiasi livello (nazionale, regionale, ecc.), il Quirinale (che si dice costi più di Buckingham Palace), e via dicendo, dimezzino le spese; cioè si dimezzi loro il finanziamento, gli stipendi, ecc. Non sono scemo: una simile misura non cambierà di una virgola la crisi. Tuttavia, darebbe almeno l’idea di non essere diretti da spreconi, nababbi, arro-ganti che ti sbattono il loro benessere – non solo stipendi d’oro, bensì tutto il contorno di servizi va-ri gratuiti – in faccia. Sarebbe soltanto una misura di decenza, non però irrilevante.
 Quando la stretta si farà ancora più dura, ci saranno quelli che quanto meno si chiederanno qua-li siano le ragioni “profonde” per cui devono essere governati, e “guidati” nel mare procelloso, da simili individui incapaci, e insensibili nell’ostentare i loro beni ed emolumenti. Dimezzare ogni re-tribuzione, ogni “risorsa” di qualsiasi genere che entra nell’orbita degli alti dirigenti della politica, dell’amministrazione pubblica, delle “Istituzioni repubblicane”, ecc. Questa è misura che non coste-rebbe nulla (anzi, tutto il contrario) e fornirebbe un’immagine diversa di quelli che si pongono al vertice e chiedono consenso. Non mi metto nemmeno a elencare tutti i possibili tagli degli enormi sprechi che continuano ad esserci; a partire da quelli per mantenere inutili province a quelli per la sedicente ricerca che, si e no per una metà, ha reale valore o scientifico-tecnico o culturale. E sareb-bero tutte risorse da poter dedicare a impieghi utili: non solo in economia e per misure sociali, ma anche per una ben diversa politica (con reali intenti strategici).  
Ci si potrà salvare? Non con partiti inventati, per di più bloccati perché li si vuol “fabbricare” con pezzi disparati e che non s’incastrano fra loro. C’è solo da sperare che la crisi, pur dolorosa e di cui non nascondo di aver anch’io molto timore, metta in mora i ladruncoli, i pasticcioni, gli incapaci di combinare alcunché, a parte le mene di basso livello, le trame da avanspettacolo, i populismi gri-dati e starnazzanti (sapete di chi parlo!). Soprattutto, andrebbero messi in condizioni di non nuocere quelli solo in grado di insultarsi, di contrapporsi con beghe da “baruffe chiozzotte”, per conquistarsi il diritto di condurre la “nave Italia”, con tutti noi a bordo, a sfasciarsi contro gli scogli. Abbiamo una gravissima malattia; ci si vorrà curare? Ricordando però il gran detto popolare: “il medico pie-toso fa la piaga purulenta”. Niente “pannicelli caldi”: il bisturi, please. E si operi d’urgenza; ci vor-rebbe però un buon chirurgo, altrimenti si crepa egualmente. Pd e Pdl non mi sembrano essere que-sto chirurgo, e temo proprio di non sbagliare. Idv e sinistra “estrema” sono una delle parti da opera-re d’urgenza, non certo gli operatori.
Mah, come me la vedo brutta!