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Il risiko finanziario si sposta su Mediobanca e Generali

di Sabrina Lauricella - 05/03/2006

Fonte: Rinascita

 


 

Il risiko finanziario dello Stivale non accenna a placarsi e finisce per incrociarsi con quello energetico, in questi giorni protagonista delle pagine dei principali giornali. E di ieri la notizia che Diego Della Valle, secondo quanto rivela ‘Finanza & Mercati’, avrebbe arrotondato la propria partecipazione in Mediobanca all’1% e sarebbe pronto a salire fino al 2% grazie alla plusvalenza di circa 300 milioni spuntata su Bnl.
Sulla carta il patron della Tod’s ha un partecipazione di appena lo 0,5% nel Patto di sindacato che controlla la principale banca d’investimento del nostro Paese. La quota fu acquisita ufficialmente nel giugno del 2004 quando Mediobanca valeva circa 8 miliardi, mentre ora ha un valore di 14,2 miliardi di capitalizzazione. Ma l’incremento della partecipazione di Della Valle, come spiega ancora ‘Finanza & Mercati’, non sarebbe solo un ottimo investimento ma anche un modo per organizzare quel “salvavita” attorno a Generali, di cui il numero uno della Tod’s ha espressamente parlato in una intervista al ‘Sole24Ore’ mercoledì scorso, necessario per blindare Piazzetta Cuccia ed evitare in Italia quelle che, dopo la vicenda Enel-Suez, vengono in modo miope definite ‘operazioni ostili’, che per Della Valle devono evidentemente essere ostacolate con meccanismi di controllo interni alle società. “Con le ritorsioni non si va da nessuna parte”, ha infatti dichiarato.
In vista dell’ormai prossimo CdA delle Generali, previsto per domenica 5 marzo, e dopo le varie speculazioni sui titoli e sulle ipotesi di aggregazione che hanno coinvolto molti protagonisti italiani della finanza, il campione delle scarpe italiane ha quindi deciso di affilare le armi, rafforzando il suo peso in Mediobanca, azionista del Leone di Trieste.
Ma le speculazioni delle ultime settimane, come l’ipotetica fusione tra due istituti importanti, Banca Intesa e Capitalia (il cui numero uno Cesare Geronzi è stato improvvisamente sospeso dalla Procura di Parma da tutte le cariche sociali), e quella tra l’istituto guidato da Giovanni Batoli, Piazzetta Cuccia e il Leone di Trieste, in verità, hanno solo reso più evidente la lotta tra le fazioni, italiane e francesi, che si sta consumando nel nostro Paese per il controllo del sistema bancario e assicurativo. Anche l’ipotesi di un assalto da parte della multinazionale delle assicurazioni, la francese Axa su Generali, poi smentita dal numero uno di Axa, Henry de Castries, che ha così smorzato le attese di un’Opa sulla compagnia italiana, oltre a muovere i titoli delle società coinvolte ha evidenziato l’esistenza di un ‘sottobosco’ di tensioni e scontri sotterranei tra le diverse cordate finanziarie.
In questo quadro si inserirebbe poi l’ipotesi, pubblicata giorni fa dal ‘Giornale’, che il gruppo dei francesi in Mediobanca, capitanati da Vincent Bolloré, avrebbero in mano il 20% di Piazzetta Cuccia, pari al doppio di quanto permesso dal Patto di Sindacato per gli azionisti esteri del Gruppo C (pari al 10%) e sindacato con i soci bancari e industriali italiani. Secondo il quotidiano di Via Negri, inoltre, il gruppo C avrebbe in mano addirittura il 55% della banca milanese, acquisito con uno ‘spacchettamento’ in piccole quote sotto il 2%, senza obbligo di comunicazione alla Consob. Una quota insomma decisamente superiore a quella ufficialmente dichiarata e capace di mettere fuori gioco i due principali azionisti di Piazzetta Cuccia, Capitalia e Banca Intesa, e di far sciogliere il Patto di sindacato, come sembra abbia richiesto anche Guido Rossi (ricordate Abn Amro?).
Il controllo di Mediobanca darebbe ai francesi un peso rilevante anche nel ormai prossimo CdA di Generali, avendo Piazzetta Cuccia il 15% circa del Leone presieduto da Bernheim. SE tale ipotesi si rivelasse vera, si spiegherebbe meglio l’entrata al 2% di Romain Zaleski nella società triestina, in teoria per rafforzare la cordata italiana ma forse anche per guadagnare da una possibile scalata D’Oltralpe.
Un’altra ipotesi è apparsa ieri sulle pagine de ‘Il Messaggero’: un super polo del risparmio assicurativo europeo, imperniato su Milano, che coinvolgerebbe anche Francia e Germania, aggregando attorno a Generali sgr, guidata dall’ex-manager di Intesa Gianluigi Costanzo, le attività francesi di Generali France e quelle tedesche in Amb, lasciando fuori Generali Asset management.
Secondo il quotidiano romano, la discussione su questa opzione sarebbe prevista proprio nel prossimo Cda di Generali, nel quale, evidentemente, sarà fondamentale per gli azionisti avere più voce in capitolo possibile.
Ma per il sito ‘dagospia.it’, la vicenda avrebbe anche un’altro risvolto. In terra italiana si starebbe anche combattendo una lotta tra diverse cordate francesi, che coinvolgerebbe banche e assicurazioni, passando poi per le ambizioni di Enel in Europa. Oltre a confermare parte delle ipotesi del ‘Giornale’, infatti, Dagospia ritiene che l’idea della fusione tra Intesa e Capitalia sarebbe rientrata proprio nel quadro di rafforzare la presenza del gruppo guidato da Giovanni Bazoli in Mediobanca e, quindi di Generali, che con le azioni della Fondazione Cariplo, si sarebbe potuta così blindare contro i francesi, con circa il 22%. I francesi del primo azionista di Intesa, il Crédit Agricole, però, avrebbero preferito un’Opa sulla banca romana perché una fusione avrebbe diluito la loro quota, come in effetti intendeva fare Bazoli proprio per alleggerire il peso dei francesi. Ad ostacolare il progetto, dall’altra parte, anche l’opposizione della minoranza di blocco di Bolloré in Mediobanca, che non avrebbe affatto gradito la presenza del Crédit Agricole a Piazzetta Cuccia e nel Leone triestino.
In questo composito scontro tra ‘fazioni finanziarie’ di vario ‘colore’, italiane e francesi, si sarebbe poi inseirita anche l’operazione a sorpresa di Bnp Paribas su Bnl e di Enel su Suez, portando la compagnia guidata da Fulvio Conti a scontrarsi sia con la legittima difesa dei francesi degli interessi nazionali sia con l’ostilità delle lobby finanziarie che hanno influenza a Parigi.
E, in una situazione così composita, i nostri politici hanno dimostrato per l’ennesima volta la loro miopia e inadeguatezza. Nella (vana) speranza di spingere la Commissione a prendere misure contro la Francia, peraltro in nome di una reciprocità che nella realtà sembra proprio non esistere, e sempre ‘più realisti del re’ hanno continuato ad attaccare Parigi invece di prendere esempio dalla sua lungimirante politica, capace di sfruttare i vantaggi del mercato comune e tutelare seriamente gli interessi nazionali e i suoi ‘campioni nazionali’. E lo hanno fatto, tra l’altro, dimenticando che l’autonomia energetica e la proprietà del sistema bancario e finanziario sono fondamentali per il futuro e lo sviluppo economico dell’Italia, tanto più alla luce dei molteplici intrecci tra le banche e le imprese del Belpaese.