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Nato: l'Occidente gioca col fuoco

di Andrea Perrone - 19/03/2009

 

Lo pseudo-gollista Nicolas Sarkozy impone la fiducia per ottenere il rientro della Francia in un’Alleanza che il presidente russo Medvedev dichiara un manifesto dispositivo militare aggressivo dell’Occidente per assediare la Russia. Vasto il fronte francese del “no”, dai nazionalisti di Le Pen alla sinistra socialcomunista passando per vaste frange golliste ortodosse. Da Mosca, Dmitri Medvedev annuncia entro un biennio “il riarmo nucleare su vasta scala per garantire la sicurezza della Nazione”. L’Ue tace. Da fedele colonia angloamericana.
Andrea Perrone
roma

Si è votato ieri al parlamento francese per il ritorno di Parigi nel comando militare integrato della Nato, ma le defezioni e i contrari al progetto voluto dal capo dell’Eliseo, lo pseudogollista Nicolas Sarkozy, non sono mancati. In particolare tra le fila dell’Union pour moumevent populaire (Ump), erede dei principi gollisti.
A 43 anni dalla storica decisione del generale Charles de Gaulle di uscire dall’Alleanza atlantica, il governo francese ha deciso ieri di porre il voto di fiducia, che in caso contrario avrebbe causato la caduta dell’esecutivo in base ad un articolo della Costituzione (art. 49, comma 1).
Il dibattito è stato aperto dal primo ministro, François Fillon (nella foto), alle 16 e 15 ora locale. I quattro gruppi politici presenti in parlamento hanno avuto a disposizione 30 minuti ciascuno per esporre i loro argomenti: i principali oratori sono stati Jean-Francois Copé (Ump), Laurent Fabius (Ps), Jean-Paul Lecoq (comunisti, Pcf) e Francois Sauvadet (Nuovo centro).
Hanno avuto la parola anche alcuni esponenti “dissidenti” della maggioranza mentre non era previsto un intervento di François Bayrou, il centrista del MoDem feroce oppositore dell’ingresso della Francia nella Nato, il quale aveva dichiarato nei giorni scorsi in un’intervista al quotidiano francese Le Figaro che Sarkozy ha gettato alle ortiche il retaggio gollista e “ha amputato” la libertà del Paese.
Anche l’ex primo ministro socialista, Lionel Jospin, che ha partecipato per la prima volta dal 2002 alla riunione settimanale del Ps, ha tenuto una conferenza stampa in parlamento, alla quale hanno partecipato anche Laurent Fabius e l’attuale segretario del partito, Martine Aubry.
Di certo, si tratta di una questione delicata, che ha provocato un vivo dibattito in Francia non soltanto tra le fila dell’opposizione ma anche tra esponenti della coalizione di governo. Tanto che il fronte più fedele al gollismo, che fa capo all’ex presidente Jacques Chirac e all’ex primo ministro Dominique de Villepin, resta fortemente contrario all’abbandono della “eccezione francese”.
Gli oppositori delle scelte filo-atlantiche di Sarkozy hanno denunciato infatti “un allineamento” della Francia alla posizione degli Stati Uniti e “una rottura” delle linee guida della diplomazia francese da De Gaulle in poi.
Anche fra i gollisti infatti, le critiche non sembrano diminuire, anche se la maggior parte dei membri dell’Ump contrari al ritorno nel comando integrato ha annunciato che si asterrà, poiché Fillon ha impegnato con il voto di fiducia il futuro del suo esecutivo. Non potendo rifiutare la fiducia all’esecutivo, aveva spiegato il deputato Jean-Pierre Grand, non saranno pochi gli esponenti dell’Ump - il partito di maggioranza - che diserteranno il voto.
“Oltre ad una felice carriera per gli ufficiali francesi è illusorio credere che siamo in grado di influenzare questa macchina che costituisce un congegno politico-militare di concezione nordamericana”, ha osservato il deputato gollista, Jacques Myard.
In un’intervista pubblicata dal quotidiano Le Monde, anche un altro gollista fedele a Chirac l’ex primo ministro Dominique de Villepin, si è nuovamente opposto a questa “rottura” con la tradizione gollista impressa dal capo dell’Eliseo. “Il rischio che si corre è quello di un ridimensionamento delle nostre ambizioni e di una banalizzazione della voce della Francia”, ha dichiarato de Villepin.
Nettamente contrario anche il Front National che ha sottolineato quanto sia sorprendente sentire che Sarkozy si pone come garante dell’indipendenza della Francia con il ritorno nell’Alleanza, pur avendo ratificato il Trattato di Lisbona che sopprime ulteriormente delle parti di sovranità e persegue ostinatamente una politica euro-mondialista.
La richiesta di Sarkozy di tornare nel comando integrato è purtroppo una conseguenza della politica estera francese perseguita già nell’era del presidente François Mitterand e dal suo successore Chirac. Infatti, dal 1995, migliaia di soldati francesi sono infatti impegnati nelle tre grandi operazioni condotte dall’organizzazione atlantica, in Bosnia, in Kosovo e in Afghanistan. Inclusi i bombardamenti indiscriminati sulla Serbia voluti e decisi da Washington con il sostegno degli alleati europei, Francia compresa. Ma non essendo nel comando Nato, Parigi ha potuto rinunciare nel 2003 all’intervento contro l’Iraq di Saddam Hussein voluto dall’impero a stelle e strisce.


E la Russia si difende dall'offensiva atlantica.

›NOTE
Un massiccio riarmo contro l’espansione della Nato lungo i confini della Russia.
È quanto richiesto dal capo del Cremlino, Dmitri Medvedev, nel corso di una riunione con i vertici delle forze armate a Mosca.
Il leader russo ha chiesto un rinnovo dell’arsenale di armi nucleari e ha accusato la Nato di continuare la sua espansione militare nei pressi delle frontiere del Paese.
“Dal 2011 comincerà un riarmo su larga scala dell’esercito e della marina”, ha dichiarato Medvedev. “L’analisi della situazione politico-militare nel mondo - ha spiegato nel corso del vertice - mostra che in alcune regioni resta un serio potenziale di conflitto e che i tentativi di espandere l’infrastruttura militare della Nato nei pressi dei confini del nostro Paese stanno continuando”. “Il compito principale - ha osservato - è incrementare la prontezza al combattimento delle nostre forze, per prime quelle nucleari strategiche. Queste ultime devono essere in grado di eseguire tutti i compiti necessari a garantire la sicurezza della Russia”.
Il leader del Cremlino ha capito che nonostante le belle parole del nuovo inquilino della Casa Bianca, Barack Obama, in fatto di politica estera gli Usa continueranno con la loro politica imperiale, la cui dislocazione di basi e infrastrutture militari della Nato costituisce soltanto la punta dell’iceberg. Un chiaro riferimento ai piani di dislocazione dello scudo spaziale, in Polonia e Repubblica Ceca, che rappresentano la strategia di accerchiamento e di contenimento a cui viene sottoposta la Federazione, verso cui il leader russo ha voluto puntare il dito.
“Tutto ciò - ha sottolineato - richiede un ammodernamento qualitativo delle nostre Forze armate, che dovranno assumere in prospettiva una nuova fisionomia”. “Nonostante le difficoltà finanziare ci sono tutte le condizioni necessarie per attuare l’ammodernamento qualitativo delle Forze armate russe”, ha detto Medvedev.
Il capo di Stato ha sottolineato, proprio alla luce delle politiche attivate dall’Alleanza Atlantica rispetto alla Georgia e all’Ucraina, la necessità per Mosca di garantirsi “una difesa da qualsiasi minaccia potenziale”. Per questo nonostante le difficoltà economiche, Mosca punta molto sul riarmo, e così il capo del Cremlino è tornato a ribadire il concetto.
Sempre nel corso del vertice, nel suo intervento, il ministro della Difesa Anatoli Serdyukov ha sottolineato che proprio in merito alla progressiva espansione della Nato, gli Usa “hanno sostenuto attivamente l’allargamento” perseguendo la loro strategia. Il ministro in tal senso ha ricordato due Paesi, la Georgia e l’Ucraina, a cui gli Stati Uniti hanno proposto l’ingresso nel processo di pre-adesione (Map - Membership Action Plan) nell’Alleanza Atlantica.