I conti degli Agnelli
di Alessandro Grandi - 17/04/2009
Venerdì 10 aprile, pagina 27 della Repubblica: “Non solo yacht e golf, ecco il decalogo per stanare i re del lusso”. Un’intera pagina dedicata alla lotta contro gli evasori fiscali. Stesso giorno, stesso quotidiano, pagina 31: «Anche mia madre tenuta all’oscuro dell’eredità», mezza pagina sulla causa intentata da Margherita Agnelli [foto sotto] per ottenere la parte dell’eredità del padre Gianni che, a suo avviso, sarebbe stata occultata per favorire i figli che Margherita ha avuto da Alain Elkann, penalizzando lei e i figli del secondo matrimonio con il nobile russo De Pahlen.
Il problema non è se Margherita Agnelli ha ragione o meno a proposito di una spartizione interna alla famiglia (ha sicuramente ragione, ma a decidere sarà il tribunale di Torino…), ma è che la richiesta è basata su documenti che indicano depositi all’estero per oltre 2 miliardi di euro. Denaro che, evidentemente, l’Avvocato avrebbe nascosto al fisco italiano.
Eppure, di fronte a una cifra di questa consistenza, tutti hanno fatto finta di niente. Con i giornali impegnati ad occuparsi dei pettegolezzi relativi alla dinasty Agnelli, alla saga di quella che è stata la famiglia più potente del Paese. Margherita vuol vendicarsi di Alain? O la causa è il frutto di una faida religiosa tra l’ordosso De Pahlen e l’ebreo Elkann? Che rapporti ci sono tra i figli delle prime nozze e quelli delle seconde? E come ha potuto Margherita mettersi contro la madre e i figli?
Nulla, neppure una riga su come sono stati costituiti questi fondi all’estero. Da dove derivano i soldi? Quanto è stato dichiarato? Quando sono stati creati? Mentre la Fiat incassava fiumi di denaro pubblico? Il gruppo chiedeva soldi alle banche, a fronte di un indebitamento pazzesco, e Gioanin Lamiera (come veniva chiamato l’Avvocato a Torino) nascondeva 2 miliardi di euro in conti esteri?
Molto meglio, evidentemente, interrogarsi sull’ultima fiamma di Lapo, sul matrimonio della sorella, su come sta migliorando l’italiano del fratello. Tutti i quotidiani trasformati in una sorta di Novella duemila, di Chi, di Di più. Magari arriverà anche un Tapiro a qualcuno dei protagonisti della vicenda. Perché, per il resto, per la famiglia vige l’impunità più totale.
Sarà per questo che, di fronte alle pretese di Margherita, il resto della famiglia ha preferito andare al processo (purché si svolgesse a Torino e non in Svizzera, come richiesto dalla ribelle), invece di arrivare alla più classica e silenziosa trattativa familiare. Tanto gli Elkann amano la ribalta, le foto sui giornali, il mondo dei paparazzi. Soprattutto quando si può giocare in casa.
Abituati a fare i propri comodi senza trovare ostacoli. Nelle grandi come nelle piccole cose. Dalla richiesta di denaro pubblico per l’azienda, sino al parcheggio selvaggio di Lapo che abbandona la sua Ferrari azzurrina appena scorge un divieto di sosta. L’arroganza del potere, dell’impunità. Quella che porta a non soffermarsi sui dettagli nelle comunicazioni societarie alla Consob («ma solo nell’interesse dell’azienda e della proprietà familiare», hanno spiegato i vertici sotto accusa a Milano) e che, secondo Margherita, ha portato non solo a nascondere all’estero una fortuna, ma anche a non volerla spartire con l’erede che ha prferito la Svizzera e la Russia alla Torino degli intrighi