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Ultime notizie dal mondo

di redazionale - 21/04/2009

 

a) USA. Com'è andata al vertice NATO, snodo importante per la nuova amministrazione USA? Obama ottiene tutto di sostanziale (3 e 4). Da integrare il punto con altri tre filoni informativi: 1. spese di guerra e di riammodernamento militare (1, 11,12); 2. questione nucleare (4); 3. rapporti con la Russia (3, 4, 8). Per altro di significativamente collegato, vedere Afghanistan (1, 3, 5).

 

b) Italia. “Le casse languono”, vien detto un giorno sì e l'altro pure. Mentre per il terremoto in Abruzzo ci si appella alla contribuzione volontaria degli italiani (e forse non solo, giacché c’è chi ventila una tassa straordinaria...), aumenta la spesa militare al servizio dell'alleato/padrone USA. I soldi insomma, se servono per certi interessi, si trovano eccome, ma non per le spese sociali, che sono i veri interessi nazionali. Passa così il programma di acquisto di 131 caccia-bombardieri da attacco Jsf (1). Sul terremoto in Abruzzo, da leggere all'8 e al 15.

 

c) Palestina. Coloni occupano case per cacciare anche in questo modo i palestinesi da Gerusalemme (3). Verso l'impasse le inchieste sulla mattanza israeliana a Gaza (1, 15) mentre gli aiuti alla popolazione palestinese stentano ad arrivare (1). Comunicato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina dopo l'insediamento del nuovo governo israeliano (1). Delegazione britannica incontra Hamas (15).

 

d) Israele. Un'occhiata al nuovo governo Netanyahu (2). Come si muoverà Israele sulla questione palestinese? Qualche perla del nuovo ministro israeliano degli Esteri, Lieberman (2). E si discute sull'attacco all'Iran (2). Sui rapporti USA-Israele in questa fase, un paio di notiziole (8 e 15). Noto giornalista della BBC nell'occhio del ciclone per giudizi sulla politica di Israele (15).

 

 

Sparse ma significative:

 

  • Repubblica Ceca. Subalternità nazionale e Movimento contro le basi USA (5).

 

  • Unione Europea. Cresce il disinteresse, sul continente, verso le prossime euro-elezioni. Lo attesta l'Eurobarometro (8). Finanziare chi ha causato la crisi finanziaria: bilancio e compiacimento UE (11).

 

  • Libano. In vista delle elezioni del 7 giugno: gli armeni cristiani stanno con Hezbollah (5). Sull'arresto di un membro di Hezbollah in Egitto (11)

 

  • Irlanda del Nord. Il Sinn Féin a Gaza (Palestina). Parla la Real IRA (13).

 

 

Tra l’altro:

 

Pakistan (7 aprile).

Georgia (10 aprile).

Corsica (3 aprile).

Croazia (3 aprile).

Venezuela (6, 9 aprile).

Iran (5 aprile).

Turchia (1, 2 aprile).

Qatar (1 aprile).

Spagna (3 aprile).

 

  • Italia. 1 aprile. Aumenta la spesa militare al servizio degli USA. Come rivela peacereporter.net, entro il 16 aprile le commissioni Difesa di Camera e Senato dovranno esprimersi sul programma di riarmo aeronautico presentato dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che prevede l'acquisto di 131 caccia-bombardieri da attacco F-35 Lightning II nell'arco dei prossimi diciotto anni. Spesa complessiva: oltre 13 miliardi di euro. Velivoli 'stealth' di quinta generazione che dal 2014 dovrebbero progressivamente sostituire tutta la flotta aerea d'attacco italiana, attualmente composta dai Tornado e dagli Amx dell'Aeronautica e dagli Harrier-II della Marina. Sessantanove F-35A a decollo convenzionale verrebbero destinati alle forze aeree, mentre sessantadue F-35B a decollo rapido o verticale andrebbero a finire sui ponti delle portaerei 'Garibaldi' e 'Cavour'.

 

  • Italia. 1 aprile. Nei mesi scorsi il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, aveva definito l'acquisizione degli F-35 «assolutamente vitale per la difesa» del nostro Paese. In realtà, per la 'difesa' propriamente detta dello spazio aereo italiano sono già stati spesi oltre 7 miliardi di euro per l'acquisto di 121 caccia Eurofighter in sostituzione dei vecchi F-104. Pur definendo il programma come «destinato alla difesa nazionale», il testo che il ministro La Russa ha sottoposto alle commissioni parlamentari –e di cui PeaceReporter ha ottenuto copia– enuncia chiaramente la destinazione d'impiego degli F-35 «nelle missioni internazionali a salvaguardia della pace» in virtù della loro «spiccata capacità di impiego fuori area».

 

  • Italia. 1 aprile. I caccia F-35 sono il frutto del programma di riarmo internazionale Joint Strike Fighter (Jsf) lanciato dagli Stati Uniti a metà degli anni '90, al quale hanno aderito molti Paesi alleati, tra cui l'Italia nel 1996 con il primo governo Prodi (adesione confermata nel 1998 dal governo D'Alema e nel 2002 dal secondo governo Berlusconi). Il nostro Paese partecipa al consorzio industriale Jsf –guidato dalla statunitense Lockheed Martin– tramite l'Alenia, l'azienda aeronautica del gruppo Finmeccanica. Lo stabilimento piemontese di Cameri (Novara) verrà attrezzato per diventare l'unica linea di montaggio finale del velivolo al di fuori fuori dagli Stati Uniti, dove verranno assemblati tutti gli F-35 destinati alle forze aeree del Vecchio Continente (per ora è certa l'Olanda). Secondo i piani, l'Alenia di Cameri si occuperà anche delle successive revisioni e aggiornamenti per tutta la vita operativa degli F-35, vale a dire per altri trentacinque anni circa.

 

  • Italia. 1 aprile. Secondo la Difesa, il super-bombardiere F-35 creerà almeno 10mila posti di lavoro, genererà un forte sviluppo tecnologico dell'industria italiana e determinerà un incremento del PIL. Insomma, il riarmo come via d'uscita dalla crisi economica, come con la Grande Crisi degli anni '30 e con la Grande Depressione di fine '800. Peccato che in entrambi i casi questa strada abbia condotto a guerre mondiali. Di certo l'impiego dei nuovi bombardieri nelle missioni «di pace» produrrà anche morti, mutilati e sofferenza. E se non dovessero mai venire usati –improbabile– risulteranno del tutto inutili. Forse questi 13 miliardi di euro di denaro pubblico –nostro– potrebbero essere investiti in qualcosa di più utile alla collettività. Spetta alle due commissioni parlamentari decidere nelle prossime settimane.

 

  • Turchia. 1 aprile. Piano del Mossad per uccidere Erdogan? Il servizio segreto israeliano Mossad contempla l’ipotesi di assassinare il premier turco Rajab Teyp Erdogan. A seguito dell'arresto di una spia sionista in Turchia, la polizia ha trovato nel suo computer una lettera nella quale si legge che il capo del Mossad, Dagan, ha ordinato ad alcuni agenti in Turchia di prepararsi a uccidere Erdogan appena ciò venisse ordinato loro. Il quotidiano turco Vaght ricorda che lo sforzo del regime sionista di rovesciare l'attuale governo turco è dovuto alle critiche rivolte da Ankara ad Israele per via dei crimini commessi a Gaza. Queste furono esplicite durante la conferenza di Davos del gennaio scorso, dove un offeso Erdogan abbandonò per protesta la riunione mondiale dopo un acceso confronto con il presidente israeliano Peres, che gli valse in varie testate l’appellativo di «nuovo Saladino» e «conquistatore di Davos», oltre che l’ammirazione sconfinata della popolazione turca. Il partito di Erdogan, intanto, vince pure alle amministrative. Dal 2002 il partito “Giustizia e sviluppo” ha vinto in tutte le elezioni.

 

  • Palestina. 1 aprile. Il regime egiziano soffoca Gaza sotto lo sguardo compiaciuto di Tel Aviv. «Siamo bloccati da 15 giorni alla frontiera con Rafah perché le autorità egiziane non ci fanno passare. Abbiamo poco meno di 40 tonnellate di aiuti umanitari con tutti i permessi necessari pronte per la distribuzione, e non riusciamo a raggiungere la Striscia di Gaza». Ha un tono di voce incredulo Stefano Rebora, volontario dell'organizzazione Music for Peace, mentre racconta all’agenzia Misna la disavventura che li tiene fermi da oltre due settimane nel deserto egiziano. «Siamo partiti dopo aver presentato tutta la documentazione necessaria, abbiamo ricevuto il nulla osta dalla dogana appena sbarcati ad Alessandria ma all'arrivo alla frontiera con la Striscia di Gaza siamo stati fermati con le scuse più diverse, prima dalla polizia poi dai servizi segreti egiziani che ci hanno chiesto soldi, permessi e documentazioni aggiuntive». Secondo Rebora, costretto con i suoi colleghi a vuotare e riempire nuovamente i container, carichi di alimenti e medicinali, «le leggi internazionali sulle norme doganali sono state violate» ed è in corso una sorta di blocco non dichiarato, imposto da Israele con la connivenza del governo egiziano, sulle iniziative umanitarie straniere verso la Striscia di Gaza. Secondo l'agenzia palestinese Maan, sono bloccati alla frontiera anche gli aiuti europei del fondo Pegase, che servono a pagare gli assegni di solidarietà destinati a 24.500 famiglie indigenti di Gaza. Secondo un comunicato di Pegase, le famiglie che avrebbero dovuto ricevere il loro contributo mensile da oggi non riceveranno l'assegno fino a nuovo ordine a causa delle restrizioni imposte dal regime sionista.

 

  • Palestina. 1 aprile. È di almeno due palestinesi uccisi e due feriti il bilancio di un'incursione aerea israeliana a est del campo di rifugiati palestinesi di Al Maghazi, nel centro della Striscia. Lo hanno riferito fonti mediche palestinesi secondo cui il raid sarebbe avvenuto poco dopo uno scontro a fuoco tra soldti palestinesi e un gruppo armato nei pressi del valico di Kissoufim, al confine tra il territorio israeliano e il sud della Striscia. Secondo il capo dei servizi d'ambulanza a Gaza, Muawia Hassanein, i due feriti versano in buone condizioni. Testimoni locali hanno riferito anche di un'esplosione avvenuta sul ciglio di una strada poco distante e che avrebbe coinvolto un veicolo militare dell'esercito israeliano. Intanto, ieri, l'avvocato generale dell'esercito israeliano, Avichai Mendelblit, ha ordinato la chiusura dell'inchiesta interna sulle violazioni di diritti umani e i crimini di guerra commessi da soldati israeliani durante la recente offensiva Piombo fusò a Gaza. Secondo quanto riferisce l'agenzia Misna, un comunicato diffuso dalle forze armate precisa che gli episodi riferiti da alcuni militari, testimoni di soprusi, erano basati su "voci" e non testimonianze dirette. L'offensiva ha provocato, secondo fonti mediche, la morte di oltre 1400 palestinesi, due terzi dei quali civili, e il ferimento di oltre 5000.

 

  • Qatar. 1 aprile. Una minaccia per gli sforzi di pace in Darfur. In una nota diffusa al termine del vertice di Doha, i capi di Stato e di governo dei 22 paesi della Lega Araba hanno definito in questi termini il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) nei confronti del presidente sudanese Omar Hassan Al-Bashir. Il Segretario generale della Lega Amr Moussa, leggendo il testo della dichiarazione finale della riunione, ha affermato: «Esprimiamo la nostra solidarietà al Sudan, respingiamo le decisioni della Cpi nei confronti del presidente Al Bashir e sosteniamo l'unità del Sudan». Insieme con il conflitto israelo-palestinese e la crisi dell'economia mondiale, il mandato d'arresto è stato uno dei temi portanti del vertice.

 

  • Qatar. 1 aprile. Arabia Saudita: invenzione britannica e protettorato USA. Il leader libico e presidente di turno dell'Unione Africana Muammar Gheddafi, nella riunione dei vertici arabi di due giorni fa si è rivolto al re saudita Abdallah al Saud affermando: «Sono sei anni che hai paura e sfuggi al confronto, non aver paura! Ormai è provato che è stata la Gran Bretagna a crearvi e sono gli Stati Uniti che vi proteggono». L'emiro del Qatar, il cui paese ospitava la riunione, ha interrotto l'intervento di Gheddafi che ha lasciato la seduta. Più tardi, l’emiro del Qatar ha convinto il leader libico a riprendere il proprio posto.

 

  • Afghanistan. 1 aprile. Teheran pronta a partecipare alla ricostruzione del Paese e alla lotta al narcotraffico. Alla conferenza internazionale sull'Afghanistan promosa dall’ONU, che si svolge in questi giorni all'Aja, lo ha dichiarato il vice ministro degli esteri iraniano Mahammed Mehdi Akhundazadeh. In un'ottica di collaborazione «la Repubblica Islamica è pienamente disposta a partecipare a progetti volti a combattere il traffico di droga e i piani in linea con lo sviluppo dell'Afghanistan». Hillary Clinton ha accolto positivamente queste dichiarazioni. «Credo che l'intervento iraniano sia promettente», ha detto ieri ai giornalisti. Secondo la Reuters, Clinton, che non aveva in programma discussioni importanti con la delegazione iraniana, ha detto che l'inviato speciale USA per l'Afghanistan e il Pakistan, Richard Holbrooke, ha avuto un cordiale e imprevisto incontro con Akhoundzadeh. Il segretario di Stato ha anche detto che gli Stati Uniti sono pronti a offrire una «forma onorevole di riconciliazione» ai combattenti taliban che dovessero rinunciare alla violenza. Dal canto suo Akhundazadeh ha, però, ribadito le critiche di Teheran alla presenza di truppe straniere in Afghanistan, che ha definito «inefficaci», così come il loro programmato aumento.

 

  • USA. 1 aprile. 685 miliardi di dollari per Iraq ed Afghanistan. Nel bel mezzo della crisi economica suona ancora più pesante il dato diffuso dal Government Accountability Office, l'organismo federale di controllo sui conti pubblici USA. La parte del gigante la fa il conflitto iracheno, iniziato a marzo del 2003 e costato 533,5 miliardi di dollari fino al dicembre scorso. Visti i risultati fallimentari ottenuti dagli USA in entrambi i scenari, l'unico effetto di queste spese, spiegano gli esperti, è quello di far salire alle stelle gli utili dell'industria militare e delle compagnie private che hanno legami con il settore come quelle dei contractors e delle guardie del corpo.

 

  • Palestina. 2 aprile. «Un governo di terrore, guerra e pulizia etnica». Così bolla il nuovo governo Netanyahu, ieri, in un suo comunicato, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP). «Boicottare Israele e il suo governo» è il conseguente appello rivolto alla "comunità internazionale" in quanto «incompatibile con i diritti umani e la legge internazionale», un «governo di cultura del crimine». Il FPLP sottolinea quindi che «questo governo, come nel complesso lo stato Sionista di Israele, è basato sull’assoluto rifiuto dei diritti dei Palestinesi all’auto-determinazione, al ritorno e a uno stato Palestinese indipendente». L'attuale governo israeliano vede come Primo Ministro il noto razzista estremista Netanyahu; Barak, direttore ufficiale dei crimini di guerra nella Striscia di Gaza coinvolto anche negli assassini dei leader palestinesi a Beirut e Tunisi; il ministro degli Esteri Lieberman, successore politico di Kahane, sostenitore del colonialismo e degli insediamenti e fautore dei trasferimenti e della pulizia etnica. Il FPLP denuncia le pianificazioni da parte del governo di Netanyahu di ulteriori aggressioni contro il popolo palestinese, ad includere l’ebraicizzazione di Gerusalemme, la costruzione di insediamenti ed attacchi costanti. Il FPLP, infine, sottolinea l'urgenza di giungere più che mai e subito all’unità nazionale per affrontare questa aggressione e ricorda che nessun governo sionista, nonostante tutti i suoi crimini di guerra e attacchi in 61 anni, è riuscito mai a soggiogare il popolo palestinese.

 

  • Palestina. 2 aprile. Sono almeno 1346 i bambini di Gaza rimasti senza uno o entrambi i genitori durante l'attacco israeliano denominato "Piombo fuso" tra il dicembre e il gennaio scorsi. Il calcolo è stato fatto dall'organizzazione non governativa 'Islamic Relief Palestine' (Irpal) di cui dà notizia la rete d'informazione dell'ONU, IrinNews. Secondo Irpal, che include tra gli orfani quelli che hanno perso il capofamiglia ed ora vivono in povertà, sarebbero almeno 5.200 i minori in queste condizioni nella Striscia di Gaza. L’ONG porta ad esempio il caso di due gemelli, Ahmed e Samia, il cui padre è morto durante l'attacco e che ora abitano nella casa dello zio, ex poliziotto rimasto disabile perché ferito da una bomba israeliana. Quest'ultimo li mantiene insieme alla moglie ed altri sette figli, due dei quali rimasti anch'essi disabili, con la pensione d'invalidità di 1400 shekel (254 euro) al mese, mentre la mamma dei gemelli lavora come bidella per 400 shekel (75 euro). Benché il ricorso alla famiglia allargata sia una risorsa, sottolinea l’ONG attiva dal 1998 nella Striscia di Gaza, i nuclei familiari palestinesi sono sottoposti a forte pressione e a gravi difficoltà. Secondo fonti mediche locali e internazionali, nei 23 giorni dell'offensiva israeliana sono morti 1350 palestinesi, cui si sono aggiunti un centinaio di feriti deceduti successivamente.

 

  • Israele. 2 aprile. «Non ci saranno restituzioni territoriali ai palestinesi». Così Avigdor Lieberman, leader dell'estrema destra israeliana, ora ministro degli esteri nel governo Netanyahu, al suo primo giorno da capo della diplomazia. Ha poi aggiunto: «C'è un documento che ci obbliga e non è quello di Annapolis, che non ha validità», lasciando intendere che il governo si ritiene vincolato solo alla Road Map. La Road Map, approvata da Israele solo dopo l'accoglimento delle condizioni poste dall'ex premier Ariel Sharon, prevede una serie di passi successivi gli uni agli altri, a cominciare dalla «lotta contro il terrorismo» da parte dell'ANP di Abu Mazen prima dell'avvio di qualsiasi trattativa concreta. In altri termini si vuole che i palestinesi si ammazzino tra loro in modo da risolvere sostanzialmente la questione, che insomma l'ANP di Abu Mazen faccia la guerra ad Hamas e che di fatto si congeli la trattativa a tempo indeterminato. Ad Annapolis invece si è stabilito che al negoziato possa essere dato avvio senza precondizioni. In appoggio a Lieberman è intervenuta una fonte del Likud, il partito di Netanyahu. «Non c'è alcun problema», ha detto, «Lieberman ha preso le distanze da Annapolis come intende fare il governo». Tiepida la reazione richiesta da Abu Mazen a Washington. «Gli USA», ha detto Mike Hammer, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, «sono impegnati nella creazione di uno Stato palestinese democratico coesistente in pace e sicurezza con Israele».

 

  • Israele / Iran. 2 aprile. La probabilità di un attacco israeliano agli impianti nucleari in Iran è cresciuta di molto dopo l'insediamento del nuovo governo. Alle voci ormai ricorrenti, si aggiunge ora quella dell'analista del quotidiano israeliano Ha'aretz, Aluf Ben, che cita personalità politiche vicine a Netanyahu. Ben scrive che il premier avrebbe già deciso di lanciare un massiccio raid aereo. C'è però dissenso nelle forze armate israeliane, riferisce il giornalista. Se taluni sostengono che un attacco agli impianti iraniani potrebbe dare tre o quattro anni di tempo alla diplomazia internazionale per costringere l'Iran a desistere dal suo programma nucleare, sono più numerosi quelli che ritengono che un attacco all'Iran rischierebbe di provocare una guerra in tutta la regione. E poi, come ci si relazionerà con l'amministrazione Obama? Secondo l'esperto di relazioni Tel Aviv-Washington, Gerald Steinberg, «Israele non ha bisogno di alcun permesso, ma prima di attaccare informerà gli USA che hanno forze militari nel Golfo».

 

  • Israele. 2 aprile. Il nuovo governo Netanyahu è stato definito «elefantiaco» con i suoi 30 ministri e 9 sottosegretari. Sarebbe «il più grande al mondo». Questo per accontentare le anime dei diversi partiti che lo formano. Come ministro della difesa c'è il laburista Barak, «guida» della guerra a Gaza (oltre 1.300 palestinesi uccisi). Riconfermato il religioso ortodosso Eli Yishai al ministero dell'interno. Un altro esponente dello Shas, Ariel Atias, è ministro dell'edilizia, competente anche per le oltre 120 colonie israeliane nei Territori occupati che, comprese quelle di Gerusalemme est, hanno raggiunto i 450mila abitanti. Un capo dei coloni, Daniel Hershkovitz, sarà ministro della ricerca scientifica. Del famigerato Avigdor Lieberman come ministro degli esteri, capo del partito ultra-sionista Yisrael Beiteinu, che ha ottenuto una compagine di 15 deputati grazie alla propaganda razzista che ha infuocato la sua campagna elettorale, le cui idee di lealtà e cittadinanza sono una triste copia di quelle leggi tedesche che gli ebrei hanno subìto all'epoca del nazismo, ricordiamo le recenti minacce (durante la mattanza sionista a Gaza dello scorso dicembre/gennaio) di bombardare la Diga di Assuan per dare una lezione agli egiziani. I laburisti, che da svariati anni ormai convergono senza più remore con le sanguinarie politiche del centro, della destra e dell'estrema destra sionista, hanno ottenuto ministeri secondari, ad eccezione di Barak.

 

  • Iraq. 2 aprile. Baghdad ha autorizzato nove compagnie petrolifere internazionali a prendere parte al secondo giro della gara d'appalti per lo sviluppo di 11 giacimenti di gas naturale e petrolio. Lo ha reso noto il Ministero del Petrolio. Due delle compagnie sono russe, le altre provengono da Gran Bretagna, Giappone, India, Pakistan, Vietnam, Kazakistan e Angola. L'Iraq possiede riserve petrolifere stimate in circa 155 miliardi di barili (le terze nel mondo) e i ricavi delle esportazioni di greggio coprono circa il 95% del fabbisogno statale.

 

  • Azerbaigian / Turchia. 2 aprile. Baku minaccia di interrompere le forniture di gas ad Ankara. Il quotidiano Hurriyet rileva che l'Azerbaigian potrebbe interrompere la vendita di gas naturale alla Turchia se questa aprirà le frontiere con l'Armenia prima che i due Stati abbiano regolarizzato i loro rapporti. Sarebbe stato proprio il presidente azero Ilham Aliyev a dire che l’Azerbaigian taglierà le forniture di gas se Ankara giungerà a un accordo con Jerevan prima che vengano chiarite le questioni riguardanti la regione del Nagorno-Karabakh. La rottura delle relazioni turco-armene giunse nel 1993 subito dopo la scissione dell’enclave armena in Azerbaigian. In quell’occasione la Turchia chiuse le frontiere con l'Armenia in segno di solidarietà con Baku. La minaccia azera sembra essere concreta e il presidente Aliyev ha ricordato la firma di un memorandum con la Russia avvenuta nelle scorse settimane, per la fornitura di gas naturale a prezzi di mercato.

 

  • Spagna. 3 aprile. Aznar si dovrà difendere dall'accusa di aver provocato gli attentati di Madrid. Il Partito comunista di Spagna (PCE) e la "Piattaforma processo ad Aznar" hanno sporto denuncia contro l'ex primo ministro del Partito Popolare Josè Maria Aznar, presso il Tribunale Supremo spagnolo, per la guerra all'Iraq. La denuncia è stata fatta anche contro i due ex ministri degli Esteri di Aznar, Federico Trillo e Ana Palacio. Si accusa Aznar e suoi due ministri di aver provocato gli attentati di Madrid dell'11 marzo 2003 che costarono la vita a più di 100 persone. Difatti, viene affermato nel documento presentato al tribunale, l'attacco terroristico fu conseguenza diretta dell'intervento della Spagna nel conflitto in Iraq. Nella denuncia si legge: «L'implicazione della Spagna fu totale e assoluta nella tragedia della guerra in Iraq, non solo per il suo appoggio militare, ma anche per quello logistico e politico». La denuncia è stata presentata con l'appoggio di più di 20mila firme.

 

  • Croazia. 3 aprile. Sanader annuncia la riduzione di tutti i salari. Il Primo Ministro Ivo Sanader, dopo l'incontro con le parti sociali, spiega alla stampa che la proposta dovrebbe includere anche gli stipendi del governo locale, comunale e le società private. Ognuno deve portare il peso della crisi, compresi i dirigenti, ha sottolineato Sanader. I rappresentanti dell'Associazione dei datori di lavoro croati e dei sindacati hanno sostenuto questa proposta. Sindacati e datori di lavoro cercheranno di raggiungere un accordo sulle modifiche alla legge del lavoro, in modo che il Governo potrebbe presentare il progetto al Parlamento la prossima settimana. Con le attuali modifiche, la legge sarà armonizzata con l’Unione Europea. In precedenza, i rappresentanti della Banca centrale croata avevano incontrato la delegazione del FMI per discutere l'attuale situazione economica. In tale occasione, il capo della Banca Centrale, Zeljko Rohatinski, affermava che «la razionalizzazione della spesa pubblica resta una priorità del governo croato», pur sottolineando le tendenze negative delle esportazioni, degli investimenti diretti esteri e dell'accesso a prestiti esteri a condizioni sempre meno favorevoli, come tutti i Paesi che hanno un basso tasso di crescita. La Croazia deve restituire debiti pari a circa 12 miliardi di euro nei confronti di finanziatori esteri entro quest'anno.

 

  • Palestina. 3 aprile. Decine di coloni israeliani si sono impossessati dell'abitazione della famiglia palestinese Jaber nel rione di as-Sadiyeh, nella città vecchia di Gerusalemme. Esibendo documenti comprovanti, in apparenza, l'acquisto dell'abitazione dai vecchi proprietari -ma mai venduta dai Jaber- i coloni hanno cacciato la famiglia palestinese (otto persone) e occupato la casa. La polizia ha imposto per ore agli abitanti del rione di rimanere in casa e ha fermato una dozzina di giovani che protestavano contro i coloni. A sostegno del movimento dei coloni si è schierato di nuovo il neo ministro degli esteri Avigdor Lieberman affermando che Israele non si ritirerà dalle Alture del Golan, un territorio siriano occupato nel 1967. A Damasco, ha spiegato Lieberman al quotidiano Ha'aretz, offriremo «pace in cambio di pace», ribadendo la sua contrarietà a restituzioni territoriali ad arabi e palestinesi. Da parte sua, in un'intervista ad un quotidiano arabo, il presidente siriano Bashar Assad ha replicato indirettamente che il Golan tornerà alla Siria «con un accordo di pace o con la guerra».

 

  • Afghanistan. 3 aprile. Mosca pronta a cooperare con Washington aprendo un corridoio al transito di convogli militari diretti in Afghanistan. Lo ha dichiarato ieri il portavoce del ministero degli Esteri, Andrei Nesterenko, chiarendo che però Mosca non ha ancora ricevuto alcuna richiesta in tal senso da Washington. «La Russia è pronta a collaborare su questi temi, anche con gli Stati Uniti. I parametri concreti di tale collaborazione dipendono dalla disponibilità di Washington a cooperare con la Russia nell'ambito della rinnovata strategia americana sulla questione afghano-pachistana», ha detto Nesterenko. «Finora però non ci è giunta ancora alcuna richiesta ufficiale».

 

  • USA. 3 aprile. Oggi, con l'entrata di Albania e Croazia, salgono a 28 i membri della NATO. In concomitanza, si apre oggi a Baden-Baden, in Germania, il "Summit dell'anniversario" della NATO. Resta indiscussa la leadership USA. Obama ha posto l'accento all'unità sullo sforzo comune dell'Alleanza Atlantica in Afghanistan, dove gli Stati Uniti non stanno vincendo la guerra. Ora la «nuova» strategia USA nei fatti si risolve nell'invio di altri 14mila soldati, più funzionari impegnati sia nella formazione dei militari sia nell'ambiguo civile-militare che tanti guasti ha prodotto. Dagli alleati dovrà venire un nuovo, inevitabile impegno militare, perché «è in gioco la credibilità della NATO». Magari, come già accade, con l'invio di soldati dai nuovissimi alleati: dalla Croazia e dall'Albania. Sono nella NATO da sole 24 ore, ma per loro l'Alleanza ha garantito quanto a "democrazia", vale a dire per la crescita delle spese militari e la disponibilità a ospitare basi. E che tornano utili anche nel cortile del sud-est europeo: i soldati albanesi magari potranno sostituire in Kosovo quelli spagnoli che non riconoscono l'indipendenza del secondo Stato albanese dei Balcani. Se la NATO ha fatto una guerra «umanitaria» può fare anche questo.

  • USA. 3 aprile. Sul tappeto, però, a Baden-Baden, c'è anche l'allargamento della NATO a Est, che ha subito un duro colpo  nell'estate del 2008 di fronte all'esplodere della crisi del Caucaso con il conflitto Russia-Georgia, dopo l'attacco all'Abkhazia e all'Ossetia da parte della Georgia di Saakashvili, che dava per scontato un sostegno indiretto degli Stati Uniti attraverso la NATO, fino a quel momento pronta ad accettare la candidatura di Tbilisi. Questo rallentamento oggi si esplicita anche nella crisi politica in Ucraina. «L'Allenza non può essere poliziotto globale, non può sostituire l'ONU in materia di sicurezza internazionale» e, sull'allargamento, la NATO «deve mantenere il senso della misura» e «riflettere» prima di espandersi ulteriormente. Così si è espresso il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier in un articolo su Der Spiegel alla vigilia del vertice. Ora il presidente statunitense è impegnato con la sua missione europea a dare sostanza al concetto strategico che cementi gli "alleati". Intanto, rilanciando sul fantomatico "terrorismo" globale che tutti minaccia e puntando ad una ripulitura d'immagine degli Stati Uniti dall'unilateralismo al multilateralismo funzionale. Per questo Obama è stato eletto.


  • USA. 3 aprile. Attraverso lo strumento della NATO, durante la "Guerra Fredda", gli Stati Uniti hanno mantenuto il dominio sugli alleati/(appunto)subalterni europei, usando l'Europa come prima linea nel confronto, anche nucleare, con il Patto di Varsavia (fondato il 14 maggio 1955, sei anni dopo la NATO). Lo scenario cambia radicalmente quando, nel 1991, si dissolve prima il Patto di Varsavia, quindi la stessa URSS. A questo punto, per gli Stati Uniti è della massima urgenza ridefinire il ruolo dell'Alleanza. Viene infatti meno la motivazione della «minaccia sovietica» che ha tenuto coesa la NATO sotto la leadership USA: vi è il pericolo che gli alleati europei facciano scelte divergenti -una NATO senza gli USA- o addirittura ritengano inutile la NATO nella nuova situazione geopolitica. Il 7 novembre 1991 il Consiglio Atlantico, riunito a Roma, vara «il nuovo concetto strategico dell'Alleanza»: definendo il concetto di sicurezza come qualcosa che non è circoscritto all'area nord-atlantica, si comincia a delineare la «Grande NATO». Poco tempo dopo, il «nuovo concetto strategico», fatto proprio dall'Italia attraverso il «Nuovo modello di difesa», viene messo in pratica nei Balcani. In Bosnia, dopo il voluto «fallimento dell'ONU», la NATO interviene nel 1994, con la prima azione di guerra dalla fondazione dell'Alleanza. Segue la prima vera guerra, quella contro la Jugoslavia, nel 1999. E, mentre è in corso, il vertice NATO del 23-25 aprile ufficializza il «nuovo concetto strategico»: da alleanza che, in base all'articolo 5 del trattato del 1949, impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell'area nord-atlantica, essa viene trasformata in alleanza che impegna i paesi membri anche a «condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza».

  • USA. 3 aprile. A partire da questa data la NATO si espande verso Est. Nel 1999 vengono inglobati i primi tre paesi dell'ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. Nel 2004, altri sette: Estonia, Lettonia, Lituania (già parte dell'Urss); Bulgaria, Romania, Slovacchia (già parte del Patto di Varsavia); Slovenia (già parte della Federazione jugoslava). Ora (2009) anche Albania e Croazia. Viene inoltre preparato l'ingresso dell'ex repubblica jugoslava di Macedonia e di Ucraina e Georgia, già parte dell'URSS. Ma la NATO guarda oltre. L'«area atlantica» si estende ormai fin sulle montagne afghane. Qui, l'11 agosto 2003, la NATO annuncia di aver «assunto il ruolo di leadership dell'ISAF, forza con mandato ONU». Un colpo di mano: solo a cose fatte il Consiglio di Sicurezza dell'ONU «riconosce il continuo impegno della NATO nel dirigere l'ISAF». A guidare la missione non è più l'ONU ma la NATO: il quartier generale ISAF viene inserito nella catena di comando della NATO. E poiché il «comandante supremo alleato» è sempre un generale USA, la missione ISAF viene di fatto inserita nella catena di comando del Pentagono. Una strategia che ha ben altri scopi di quelli dichiarati: non la liberazione dell'Afghanistan dai taliban, addestrati e armati in Pakistan in una operazione concordata con la CIA per conquistare il potere a Kabul, ma l'occupazione dell'Afghanistan, area di primaria importanza strategica. Qui, annuncia il segretario generale, si prevede «un forte impegno della NATO a lungo termine». Tutto questo costa: la spesa militare dell'Alleanza supera i 985 miliardi di dollari, quasi i tre quarti della spesa militare mondiale.

 

  • Corsica. 4 aprile. Quattordicenne in coma per spari della polizia francese. Oggi, a Bastia, manifestazione per denunciare «la repressione poliziesca che soffre l'isola». Durante le ultime proteste in Corsica contro la condanna all'ergastolo dell'indipendentista Yvan Colonna, un poliziotto ha sparato contro i manifestanti: Xavier Orsini, 14 anni, è da allora in coma. Secondo testimoni, il poliziotto ha sparato contro il giovane ad una distanza di cinque metri procurando una frattura alla mandibola, infezione polmonare ed edema cerebrale. Il settimanale U Ribombu (www.uribombu.com) ha raccolto video e fotografie che mostrano la virulenza con la quale la polizia francese si è scagliata contro i giovani. Di recente, nei confronti dei giovani indipendentisti, la polizia ha preso l'abitudine di prelevare anche tracce di DNA. Il giorno dell'assassinio del giovane, in contemporanea si tenevano altre manifestazioni ad Aiacciu, Corti, Purtivechju, Lisula, Fium'Orbu.

 

  • USA. 4 aprile. «Al Qaeda minaccia l'Europa: collaborate di più in Afghanistan». Il vertice della NATO che si è aperto ieri sera con una cena a Baden-Baden e proseguirà oggi a Strasburgo, è simbolicamente il segnale della fine dell'unilateralismo di Washington. Obama ha sottolineato che, dopo l'unità che ha fatto seguito all'11 settembre, «la guerra in Iraq aveva minato le relazioni USA-Europa» e che ora si volta pagina. Gli USA hanno bisogno dell'Europa in Afghanistan e, più in generale, per la nuova strategia «afpak» nella zona che si estende fino al Pakistan. Obama ha fatto un passo verso le posizioni francesi, considerando come un gesto favorevole la decisione di Sarkozy di reintegrare i comandi militari della NATO, 43 anni dopo l'uscita decisa dal generale De Gaulle. Il presidente statunitense ha parlato di Europa dalle «capacità militari rafforzate». Obama ha detto «Vogliamo degli alleati forti». Gli USA non possono essere i soli a condurre la guerra al "terrorismo", ha ripetuto, «l'Europa non può attendersi che gli USA portino da soli questo fardello». Di qui il leitmotiv della Spectre del terrorismo internazionale "Al Qaeda" con gli USA nei panni di James Bond.

 

  • USA. 4 aprile. Obama: «Ridurre le armi nucleari». Per gli esperti del settore si tratta non necessariamente di segnali di apertura, essendo passaggi obbligati. Si avvicinano alcune scadenze naturali. Alla fine del 2009 decadrà il trattato Start-1, l'unico superstite del regime che regola le armi nucleari strategiche (dopo che il più avanzato Start-2 fu disdetto da Bush nel 2002). Inoltre, la quinquennale Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione (Tnp) nel 2010 sarà la prova del fuoco delle reali volontà USA, dopo che la precedente conferenza fu pressoché boicottata (e l'accordo strategico con l'India, potenza nucleare fuori dal Tnp, è sembrato un siluro contro il trattato); è urgente la ratifica del trattato di messa al bando dei test nucleari (Ctbt), che gli USA bocciarono nel 1999. Infine, nel 2012 scade il «Trattato di Mosca» (Sort), firmato nel 2002 da Bush e Putin. È difficile pensare che questi vuoti vengano colmati senza riduzioni degli armamenti nucleari, su cui altolocati ex-uomini di Stato (Kissinger, Shultz, Perry e Nunn) si espressero nel 2007 sul Wall Street Journal. Ma vi sono ulteriori aspetti complessi e delicati.

 

  • USA. 4 aprile. Per quanto riguarda la consistenza numerica degli arsenali, l'orientamento che sembra trapelare, di ridurre il numero delle testate operative a 1.000 per parte, non è una grande novità (era stato avanzato dalla Russia, ma era caduto nel vuoto), e occorrerà capire che cosa significhi realmente. Le testate strategiche operative sono oggi circa 3mila per gli USA e 3.500 per la Russia: ma vi è un numero ulteriore, e incerto, di testate tattiche, che potrebbero ammontare rispettivamente a più di 500 e di 2mila, e che per ora non rientrerebbero nelle riduzioni previste. Inoltre vi è una grande quantità di testate rimosse -di scorta, inattive di risposta, o in attesa di smantellamento- che porta il numero di testate USA a quasi 10mila, e russe a quasi 14mila.

 

  • USA. 4 aprile. Fino a oggi le riduzioni sono avvenute più sulla carta che in termini reali perché negli Stati Uniti hanno trasferito la proprietà delle testate dal Dipartimento della Difesa a quello dell'Energia, lasciandone la maggior parte nelle basi in cui erano, perché il secondo non ha la capacità di immagazzinarle: la capacità di smantellamento è ridotta a poche centinaia all'anno negli USA (e ancor meno in Russia), perché l'attività principale della Pantex Plant è l'estensione della vita operativa delle testate. Ma più che il numero conta lo stato operativo, perché ancora oggi un migliaio di testate per parte sono in stato di allerta, pronte al lancio su allarme, e puntate su obiettivi strategici dell'«avversario»: con enormi rischi di scatenare la guerra nucleare per errore. Verrà de-allertato in modo sostanziale l'arsenale? E quale sarà, al di là del numero, il ruolo strategico delle armi nucleari? Il riesame di questa posizione (Nuclear Posture Review), a cui il nuovo Presidente è tenuto entro l'anno, sarà decisivo. Più di 20mila testate sono ormai un peso inutile e anacronistico per entrambi i paesi: forti riduzioni sono inevitabili, ma non sarà ovvio interpretarle. La tendenza fino a oggi è stata di creare un sistema offensivo più efficiente e pericoloso: per questo scopo potrebbe essere opportuno un numero minore di testate, integrato con sistemi di difesa antimissile e sistemi d'arma basati nello spazio. E poi, si fermeranno i progetti di nuovi sistemi d'arma con capacità nucleare (vedi F-35)? La vecchia triade (bombardieri e missili balistici basati a terra e in mare) è ancora funzionale alle nuove esigenze? A queste scelte è legato il problema della proliferazione nucleare. Bisognerà vedere se cambierà radicalmente anche l'atteggiamento verso Israele, il cui arsenale nucleare è il "segreto di Pulcinella" e rimane il macigno più pesante sulla strada non solo di una nuova politica per l'Asia e il Mediterraneo, ma del disarmo nucleare.

 

  • USA / Uzbekistan. 4 aprile. Portavoce del Pentagono annuncia che gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo con l'Uzbekistan per il transito dal paese asiatico di materiale non militare destinato all'Afghanistan (alimenti, medicinali, materiali di costruzione). L'accordo permette agli USA di risolvere un grosso problema logistico, in un momento in cui Obama ha deciso un rafforzamento del contingente militare e civile nel paese (dai 38mila soldati attuali a 68mila entro la fine dell'anno). Nel 2005 l'Uzbekistan aveva chiuso a Washington l'accesso a una base aerea militare che era servita alle operazioni del Pentagono fin dal 2001. Adesso i due paesi hanno trovato una nuova soluzione per far fronte alle esigenze USA. Gli Stati uniti sono anche in trattativa con il Kirghizistan per cercare di ottenere una proroga nell'uso della base militare di Manas vitale per le operazioni in Afghanistan.

 

  • USA / Russia. 4 aprile. “Pace” geopolitica tra Washington e Mosca? M. Bhadrakumar, diplomatico di carriera dell’India per più di 29 anni, durante i quali è stato ambasciatore in Uzbekistan (1995-98) e in Turchia (1998-2001), è nel complesso cauto. In merito al recente faccia a faccia tra Obama e Medvedev, sull’edizione odierna di Asia Times il diplomatico ricorda infatti l’incontro a Soči sul Mar Nero, un anno fa, subito dopo il 59° vertice dell'Alleanza Atlantica a Bucarest, tra i presidenti uscenti Bush e Putin. «Il summit di Soči produsse una dichiarazione magniloquente che tracciava i contorni della cooperazione strategica tra le due grandi potenze. Ma subito dopo la conclusione del vertice le relazioni si inasprirono e i legami tra Stati Uniti e Russia precipitarono. I rapporti peggiorarono sempre più. Il conflitto nel Caucaso meridionale dello scorso agosto condusse a una deriva pericolosa nelle relazioni tra la Russia e l'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO), aggiungendosi alla lista di contenziosi che già complicavano la relazione USA-Russia: il posizionamento di componenti del sistema di difesa antimissile statunitense in Europa Centrale, l'allargamento a est della NATO, la rivalità per le risorse energetiche del Caspio, discordie non sopite nella regione del Mar Nero e via dicendo».

 

  • USA / Russia. 4 aprile. Ecco perché per l’ex ambasciatore è ancora troppo presto per parlare di disgelo dopo l'incontro tra Obama e Medvedev in margine al summit del G20 di Londra. Va però sottolineato come stavolta l’incontro tra i due presidenti sia stato preceduto da varie consultazioni ad alto livello delle due grandi potenze. «Oltre alle consultazioni di Lavrov con la sua controparte statunitense Hillary Clinton a Ginevra il 6 marzo, varie delegazioni ad alto livello si erano recate a Mosca per risuscitare le relazioni USA-Russia prima dell'incontro tra i due presidenti. C'erano dunque state le visite del Sottosegretario di Stato William Burns, degli ex segretari di Stato Henry Kissinger, George Schultz e James Baker, dell'ex segretario della difesa William Perry, dell'ex consigliere per la sicurezza nazionale Brent Scowcroft, degli ex senatori Sam Nunn, Gary Hart e Chuck Hagel. Nel frattempo nell'ambito dei colloqui USA-Russia era entrato anche il rapporto della Commissione Hart-Hagel su “La giusta direzione per la politica statunitense verso la Russia”, diffuso il 16 marzo». In quest’ultimo caso si tratta di commissione bipartisan sulle relazioni russo-statunitensi che prende i nomi dagli ex senatori democratico e repubblicano Gary Hart e Chuck Hagel, finalizzata all’elaborazione di raccomandazioni per «portare avanti gli interessi nazionali americani nelle relazioni con la Russia». In particolare l’aiuto di Mosca è indispensabile nel «raggiungimento di obiettivi americani essenziali: dall'impedire l'acquisizione di armi nucleari da parte dell'Iran a smantellare al-Qaeda e stabilizzare l'Afghanistan e a garantire la sicurezza e la prosperità europee».

  • USA / Russia. 4 aprile. Collaborazione su Iran ed Afghanistan, con l’occhio strategico rivolto alla Cina. La Commissione Hart-Hagel ritiene che gli interessi egemonici globali di Washington possano essere perseguiti, quantomeno in questa fase, ricercando la cooperazione di Mosca. «Assicurare gli interessi nazionali vitali dell'America nel mondo complesso, interconnesso e interdipendente del XXI secolo richiede una profonda e significativa cooperazione con altri governi... E poche nazioni potrebbero fare la differenza per il nostro successo più della Russia, con il suo vasto arsenale di armi nucleari, la sua posizione strategica tra Europa e Asia, le sue considerevoli risorse energetiche e il suo status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un'azione rapida ed efficace per rafforzare le relazioni USA-Russia ha un'importanza critica nella promozione degli interessi degli Stati Uniti». La Commissione non tace la delicatezza della fase storica per gli interessi egemonici globali di Washington. «Mentre gli Stati Uniti stanno affrontando una profonda crisi economica, le sfide in materia di politica estera che si pongono al nostro paese sono sempre più complicate e difficili –e i nostri interessi nel gestire particolari situazioni possono essere in competizione o perfino contraddittori. È per questa ragione che dobbiamo fare scelte difficili nel plasmare la nostra politica estera, concentrandoci soprattutto su ciò che è realmente vitale in senso stretto: innanzitutto la non-proliferazione nucleare, il controllo degli armamenti, il terrorismo e la ripresa economica globale».

 

  • USA / Russia. 4 aprile. Di fatto le dichiarazioni e le azioni di Washington e Mosca nelle ultime settimane indicano che i due governi si stanno muovendo nelle direzioni suggerite dalla Commissione Hart-Hagel. Trovare un compromesso con Mosca significa, per la commissione, «lavorare congiuntamente per rafforzare il regime internazionale di non-proliferazione; rivedere i posizionamenti della difesa antimissile in Polonia e nella Repubblica Ceca (…) accettare il fatto che né l'Ucraina né la Georgia sono pronte a entrare nella NATO e avviare una stretta collaborazione con gli alleati degli Stati Uniti per individuare opzioni che non siano l'ingresso di questi paesi nella NATO per dimostrare l'impegno a difendere la loro sovranità; lanciare un serio dialogo sul controllo degli armamenti che comprenda l'estensione del Trattato per la Riduzione delle Armi Strategiche (START) e un'ulteriore riduzione delle armi nucleari tattiche e strategiche».

 

  • USA / Russia. 4 aprile. Guardiamo ora ai fatti delle ultime settimane. L’accordo per la riduzione delle armi nucleari che sostituisca lo START, che scade a dicembre. Per citare Obama, «sia gli Stati Uniti che la Russia e altre potenze nucleari si troveranno in una posizione molto più forte nel dare vigore a quello che è diventato un trattato di proliferazione alquanto fragile e logoro, se daremo l'esempio e sapremo compiere dei seri passi per ridurre l'arsenale nucleare»; l’alleggerimento della pressione sul dispiegamento di elementi del sistema anti-missile statunitense in Europa e sull’allargamento della NATO a Ucraina e Georgia. «Le divergenze permangono su altre questioni, come il conflitto del 2008 nel Caucaso e i successivi cambiamenti nella regione, o l'indipendenza del Kosovo, ma adesso non si tratta esattamente di “punti caldi” nelle relazioni USA-Russia». Ma cosa ha ottenuto in cambio Washington da queste “aperture”? La cooperazione USA-Russia in Afghanistan. «La dichiarazione congiunta dei due presidenti dice che hanno concordato la necessità di collaborare sull'Afghanistan in quanto “al-Qaeda e altri gruppi terroristici e rivoltosi in Afghanistan e Pakistan rappresentano una comune minaccia per molti paesi, Stati Uniti e Russia compresi”. La dichiarazione aggiungeva che Mosca e Washington avrebbero “lavorato e fornito appoggio a una risposta internazionale coordinata con le Nazioni Unite in un ruolo chiave”».

 

  • USA / Russia. 4 aprile. In pratica, alla vigilia del vertice G20 a Londra, Mosca ha offerto il transito aereo e ferroviario completo e senza ostacoli sul territorio russo per il trasporto dei rifornimenti militari degli Stati Uniti e della NATO diretti in Afghanistan. «Essenzialmente i russi hanno offerto agli Stati Uniti l'opportunità di non dipendere più da altre rotte di transito come il problematico Pakistan». Per Bhadrakumar, «ciò che emerge è che Mosca ha capito che la maggiore preoccupazione della politica estera dell'amministrazione Obama sarà la stabilizzazione dell'Afghanistan». Si tratta per il nostro analista di una «bella pensata da parte di Mosca (…) il Cremlino valuta acutamente che gli interessi in termini di sicurezza della Russia non vengono in alcun modo danneggiati se la Russia aiuta gli Stati Uniti a stabilizzare l'Afghanistan». Questo però non assicura il successo statunitense in Afghanistan. «La strategia afghana di Obama ha scarse probabilità di successo, ma questo non è un problema della Russia. Aiutare un amico nel momento del bisogno potrebbe far sì che la Russia diventi davvero amica dell'amministrazione Obama. La logica è semplice, diretta e forse anche praticabile, visto che gli Stati Uniti rischiano seriamente di impantanarsi politicamente e militarmente in Afghanistan e hanno estremo bisogno dell'aiuto di chiunque».

 

  • Repubblica Ceca. 5 aprile. Barack Obama è arrivato ieri sera a Praga. Tra i temi principali lo Scudo antimissile voluto da Bush. Ora, dopo le aperture della Casa Bianca all'Iran e la disponibilità di Teheran verso il conflitto in Afghanistan, a che serve? Ufficialmente gli Stati Uniti vogliono ancora installare il sistema antimissile a ridosso della frontiera con la Russia, una base militare e un mega-radar nella Repubblica ceca sui Monti Brdy, a circa 70 km da Praga, e dieci rampe di missili intercettori in Polonia. Mettendo tra l'altro a repentaglio uno straordinario ecosistema. E infatti contro il mega-radar c'è il 70% dell'opinione pubblica ceca, secondo gli ultimissimi sondaggi, e sono mobilitati decine e decine di comuni interessati alla realizzazione della base militare, che hanno promosso una miriade di referendum locali. «Siamo all'assurdo. Sembra che il nostro futuro», dice Jan Tamas portavoce del "coordinamento Ne zakladnam" contro le basi militari USA in Repubblica Ceca, «non dipenda da noi e nemmeno dal nostro governo, ma dal governo americano e da quello russo». Né va dimenticata la dura reazione che è arrivata quando è stata annunciata da Bush nell'ottobre del 2008 l'eventuale «mediazione» con la Russia, cioè la possibilità dell'arrivo nella Repubblica ceca di militari russi per controllare il mega-Radar USA. Come se non fosse bastata la tragedia della Primavera di Praga. Che accadrà adesso? L'accordo per il mega-radar è stato ratificato solo dai due governi, ceco e USA, con Condoleezza Rice venuta a Praga nell'agosto 2008 a firmarlo. Per la costituzione ceca, il parlamento deve approvarlo e poi l'ultima decisione sarà del presidente Vaclav Klaus. Ma il governo è caduto una settimana fa e tutto è sospeso. Aspettando Obama.

 

  • Repubblica Ceca. 5 aprile. Con la fine della guerra fredda, la Rivoluzione di velluto riaccese la fiducia. Le parole del presidente ceco Havel, il primo dopo la caduta del socialismo reale, furono rincuoranti: «Adesso non entreranno più militari nel nostro paese. Non vogliamo che i nostri nipoti debbano eseguire gli ordini di ufficiali stranieri». Ma ebbero vita breve. Oggi Havel è a favore dello Scudo voluto da Bush e un'altra potenza straniera incombe. Tra la popolazione, le informazioni intanto girano: il governo ha eseguito degli studi secondo i quali gli effetti del radar non sono nocivi alla salute umana, ma molti esperti del settore hanno affermato che i dati presentati dall'amministrazione ceca sono stati appositamente falsati per rassicurare la popolazione. Gli effetti nocivi per la salute sono tutt'altro che irrilevanti e le radiazioni che lo strumento emette danneggerebbero, oltre che la flora e la fauna circostante, anche gli esseri umani. Il referendum indetto dalle istituzioni locali parla chiaro: il 95% degli abitanti dei colli Brdy (affluenza al voto 80%) non vuole lo scudo spaziale sopra le proprie teste. Anche a livello nazionale la linea è la stessa: i sondaggi mostrano che il 70% dei cechi non vuole basi né truppe straniere nel proprio paese. Nonostante questo, il governo della Repubblica Ceca, guidato dalla coalizione di centrodestra di Topolanek, ha sempre negoziato e appoggiato l'amministrazione Bush in questa decisione. «Siamo sicuri che il governo è stato comprato dall'amministrazione Bush con una m