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Balotelli, la Juve e la colpa «oggettiva». Il calcio metafora di un Paese tragicamente assurdo

di Ostellino Piero - 26/04/2009

Icori di parte dei tifosi juventini contro il giocatore dell' Inter Mario Balotelli non hanno alcuna giustificazione. Punto. Gli «indignati speciali» dei giornali li condannano come «razzisti», invocando - al solito - una punizione per la Juventus. Ma non spiegano perché nessuno abbia insultato Sulley Ali Muntari, che è nero come Balotelli. Il presidente, Massimo Moratti, si sente Mandela. Ma l' ex allenatore, Gigi Simoni - intellettualmente onesto - non ha dubbi: «Non credo che i fischi a Balotelli riguardino il colore della pelle. Piuttosto bisogna soffermarsi sugli atteggiamenti di questo ragazzo che molte volte sono riprovevoli». E l' allenatore in carica, Josè Mourinho, la butta sull' ironia: Balotelli è antipatico perché è bravo, non perché nero. Dunque: razzismo o insulti volgari? Il razzismo - quando non discrimina l' «altro», ledendone i diritti soggettivi che sono uguali per tutti - è una manifestazione, per quanto orribile, del pensiero. Non lo si combatte con la Digos, che ora «indagherebbe». Contro la volgarità? Balotelli è infantilmente arrogante. Provoca gli avversari non col gioco - lo faceva anche Omar Sivori e non lo chiamavano «argentino di m...» - ma con gli sberleffi; ha scalciato due volte, e alle spalle, un giocatore della Juve; ha fatto aspettare gli altri ventuno giocatori, compresi i suoi compagni, l' arbitro e decine di migliaia di spettatori rientrando pigramente in campo in ritardo dopo l' intervallo fra il primo e il secondo tempo. Nel Milan - non dico alla Juve, per non essere accusato di juventinite - uno così non c' è; se non lo avesse fatto la famiglia (che evidentemente non lo fa), la società gli avrebbe già insegnato come si sta al mondo. L' Inter, invece, rimane «figlia di un Dio minore»; coltiva un eterno complesso di inferiorità e di persecuzione anche quando vince; non tira le orecchie a Balotelli. Al suo presidente piace credere che la squadra vince, sul campo, grazie a un giocatore, Ibrahimovic, che lui ha comprato dalla Juve; ma che lo stesso, quand' era alla Juve, vinceva solo per le telefonate di Luciano Moggi. La Federazione - con una di quelle decisioni strampalate della giustizia sportiva - ha condannato la Juve a giocare la prossima partita a porte chiuse «per responsabilità oggettiva». Ma, in Diritto, la responsabilità è sempre soggettiva, individuale. D' altra parte, chi l' aveva sbattuta in «B» aveva detto che «la sentenza rifletteva un diffuso sentimento popolare». Il tribunale del Bar Sport. Ma chi, ora, la accusa di razzismo non rileva che l' affermazione era più incivile dei cori juventini a Balotelli: la Juve meritava la «B» non perché colpevole, ma perché, secondo i tifosi avversi, era «una squadra di m...». È proprio vero che l' Italia - della quale quella del calcio è solo la metafora - è così tragicamente assurda perché, in Italia, ci sono troppi italiani.