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Massimo Fini su Nietzsche

di Michele Fabbri - 29/04/2009

 


Quando un intellettuale del calibro di Massimo Fini si confronta con un gigante come Nietzsche, si assiste a un evento culturale di importanza non trascurabile. Il celebre giornalista ha pubblicato una biografia del filosofo tedesco che rappresenta un testo importante per affrontare il complesso pensiero di Nietzsche. Naturalmente biografie di Nietzsche erano già state pubblicate in precedenza, anche con notevoli quantità di dati e di testimonianze, ma la peculiarità del libro di Massimo Fini sta nel fatto di indagare il lato umano di Nietzsche, nello sforzo di delinearne il carattere in relazione alla sua produzione letteraria. La biografia di Fini è pertanto un’ottima introduzione per chi vuole approfondire la conoscenza del più grande filosofo dell’età contemporanea.

Conoscere le vicende biografiche di artisti e scrittori può sempre essere utile per interpretare la loro opera, tanto più per un autore come Nietzsche, funestato dalla follia nella fase finale della sua vita. Fini definisce Nietzsche un “apolide dell’esistenza”, definizione quanto mai calzante per un pensatore che ha saputo guardare all’abisso tragico della vita con uno sguardo totalmente disincantato, come forse solo Leopardi e Cioran hanno saputo fare. La vita di Nietzsche fin dall’infanzia mostra una personalità caratterizzata da grande difficoltà nei rapporti interpersonali, compensata da una profonda concentrazione nello studio. Nietzsche si segnala per l’intelligenza vivace e per la grande attitudine agli studi umanistici, ma i primi tentativi di scritti letterari, all’epoca del liceo, denotano un modo di esprimersi molto banale e decisamente inferiore a quello che ci si poteva aspettare da un ragazzo colto della sua età. Il futuro filosofo vive essenzialmente di studio e di letture, estraniato dalla realtà: la vita di Nietzsche è completamente priva di azione. Il suo carattere era estremamente mite e quasi arrendevole, cosa che crea forte contrasto con l’eccezionale aggressività del suo stile di scrittura. Infatti nelle prese di posizione intellettuali Nietzsche era irremovibile: a 21 anni annuncia alla madre di essere divenuto ateo. Nietzsche, figlio di un pastore luterano, era cresciuto in un ambiente religiosissimo tuttavia la madre Franziska, da buona protestante, pensò che quella era la volontà di Dio, e che magari in futuro la pecorella smarrita sarebbe tornata all’ovile più salda di prima. Le cose, come sappiamo, andarono ben diversamente, ma la madre di Nietzsche fu sempre vicina al suo Friedrich, soprattutto nei terribili anni della follia, con una dedizione e un amore assolutamente commoventi.

Nietzsche inizia una brillante carriera accademica come filologo classico all’Università di Basilea, dove intreccia rapporti con personaggi che influenzeranno profondamente la sua vicenda intellettuale. Fra queste conoscenze la più illustre è quella di Richard Wagner. È difficile immaginare due personalità più diverse di quelle del musicista e del filosofo. Wagner era un avventuriero, uno spaccone, un donnaiolo. Nietzsche invece era timido, impacciato nei rapporti umani e totalmente incapace di un approccio con l’altro sesso. La vicenda di amicizia e di rottura fra i due è ben nota, e di essa si troverà ampia testimonianza negli stessi scritti di Nietzsche. Nel clima dell’amicizia wagneriana Nietzsche scrive La nascita della tragedia, il libro che lancia le definizioni dell’apollineo e del dionisiaco che segneranno profondamente le categorie culturali della modernità.

Altri intellettuali influiranno sul pensiero di Nietzsche anche in virtù di una assidua frequentazione personale: importantissimo è l’incontro di Nietzsche con Franz Overbeck. Overbeck era professore di teologia all’Università di Basilea, con la particolare caratteristica di essere dichiaratamente ateo. La figura del teologo ateo è ancora oggi presente nella cultura protestante; la cosa peraltro non destava grande scalpore neppure a quell’epoca, e si può immaginare quanta influenza abbia avuto questo originale professore di teologia su Nietzsche.

Dopo pochi anni di insegnamento Nietzsche comincia a essere tormentato da problemi di salute: fortissime emicranie accompagnate da vomito, con attacchi che possono durare fino a trenta ore. Mano a mano che Nietzsche viene distratto dall’attività di ricerca accademica, si ingrossa il suo corpus di scrittura creativa. Nel 1876 si vede costretto a chiedere un congedo per motivi di salute e l’Università gli assegna una pensione di invalidità grazie alla quale potrà iniziare una serie di viaggi alla ricerca di climi salutari e di nuovi stimoli intellettuali. Nietzsche continua a pubblicare, ma le sue opere sono autofinanziate e diffuse in poche centinaia di copie, per lo più quelle che lui stesso regala ad amici e conoscenti. La quarta parte di Così parlò Zarathustra fu stampata in quaranta esemplari !

Nietzsche inoltre si interessa costantemente di musica ma, pur essendo un buon pianista, sembra incapace di riconoscere l’autentico genio musicale e spesso individua quelli che secondo lui sono compositori di talento e che invece non hanno avuto alcuna importanza nella storia della musica. Nietzsche aveva lui stesso ambizioni di composizione musicale e scrisse dei pezzi di scarso valore e totalmente ignorati dalla critica.

Le frequentazioni culturali di Nietzsche mostrano un uomo interessato solo al pensiero e alla creatività artistica, ma del tutto alieno dalla riflessione su temi di politica, di economia e di attualità. Il socialismo è un fenomeno del tutto incomprensibile per Nietzsche e non ci sono testimonianze di alcun tipo che ci dicano che Nietzsche abbia letto quello che sarebbe divenuto il suo antagonista filosofico: Karl Marx. In Svizzera Nietzsche ebbe occasione di incontrare Giuseppe Mazzini, ma anche in questo caso il filosofo tedesco mostra di non conoscere nulla del pensiero di Mazzini e meno ancora delle vicende risorgimentali italiane, che pure avevano larga eco nell’opinione pubblica internazionale.

Nel corso delle sue peregrinazioni Nietzsche si innamorava platonicamente di figure femminili in cui si imbatteva: la più celebre è quella di Lou Salomé. Ma naturalmente in questi frangenti Nietzsche si comportava come un adolescente, e lui stesso peraltro sembrava poco convinto delle proprie capacità di seduttore.

Alla fine degli anni ’80 le opere di Nietzsche cominciano ad avere una circolazione abbastanza ampia e sono conosciute anche al di fuori dei paesi di lingua tedesca. Poi, la mattina del 3 gennaio 1889, mentre Nietzsche si trova a Torino, il filosofo vede un cocchiere che frusta un cavallo e piangendo corre ad abbracciare l’animale: Nietzsche è sprofondato nella follia. L’amico di sempre, Overbeck, si precipita a Torino per riportarlo a casa. Nietzsche vivrà ancora dieci anni, durante i quali il solo interesse che sembra rimasto intatto è quello di ascoltare musica. Proprio in questo periodo i suoi libri cominciano ad avere un successo straordinario in tutto il mondo. Nietzsche muore il 25 agosto del 1900: l’autore de L’Anticristo viene sepolto col rito religioso, con tanto di croce d’argento sulla bara.

Il capitolo finale del libro è dedicato alle ipotesi sulla follia di Nietzsche, che possono dare indicazioni anche sulla sua vicenda culturale. Una tesi molto in voga fu quella di una sifilide con complicazioni nervose. In realtà tutto lascia pensare che Nietzsche fosse sessualmente inibito e la possibilità che abbia avuto rapporti con prostitute, pur non essendo impossibile, pare poco probabile. Sulla sessualità di Nietzsche l’unica testimonianza è quella relativa al celebre episodio del bordello di Colonia: quando studiava all’università Nietzsche fu introdotto a sua insaputa in una casa di tolleranza ma, anziché scegliere una ragazza, si diresse al pianoforte e accennò qualche accordo, poi se ne andò fra la costernazione delle giovani prostitute. Questo episodio ha dato il via a una serie di ipotesi decisamente fantasiose, tanto più che le cartelle cliniche di Nietzsche non mostrano i segni più caratteristici della sifilide. La tesi della sifilide probabilmente ha avuto grande seguito perché corrispondeva a certi stereotipi di scrittori maledetti molto in voga a fine ‘800. L’ipotesi più plausibile sulla causa della follia è che Nietzsche non abbia retto all’enorme tensione intellettuale che si era accumulata in lui: per molto tempo il suo disagio si manifestò in forme somatizzate, poi il suo cervello è andato in pezzi e lo ha fatto all’improvviso, in un solo schianto.

Fini poi fornisce importanti indicazioni sulle vicende postume degli scritti di Nietzsche. La sorella Elisabeth, spesso accusata di aver manipolato in senso ideologico le opere del fratello, in realtà si è limitata a nascondere certi particolari della vita famigliare di Nietzsche, ma è proprio ad Elisabeth che si deve una accurata selezione dei manoscritti originali che ha permesso, almeno in parte, di discernere l’opera del filosofo dalle interpolazioni di amici più o meno intellettualmente onesti e competenti. Inoltre fu merito di Elisabeth la fondazione di un Archivio Nietzsche che fosse un punto di riferimento per gli studiosi del filosofo.

Massimo Fini riferisce di due visite che ha fatto alla tomba di Nietzsche che ben rappresentano le alterne fortune del filosofo nel corso del tempo. Fini ha visto la tomba per la prima volta all’epoca del regime comunista della Germania Est, agli inizi degli anni ’70: la tomba era in stato di semiabbandono, con la vegetazione che copriva la sepoltura, e le librerie della DDR, pur essendo ben fornite, non vendevano libri di Nietzsche. Fini è tornato a visitare la tomba del filosofo tedesco nel 2001 e ha trovato il luogo segnalato da cartelli turistici, la tomba completamente ristrutturata e tenuta nel massimo decoro, e un piccolo museo con firme di visitatori venuti da tutto il mondo per rendere omaggio al profeta della rivolta contro il mondo moderno.

Nietzsche e Marx sono indubbiamente gli intellettuali che maggiormente hanno influito sulla forma mentis dell’uomo contemporaneo, e sintetizzano in modo esemplare i filoni culturali che hanno caratterizzato tutta la storia occidentale. Da una parte il pensiero di matrice monoteista dell’ebreo Marx: dogmatico, irrazionale, intollerante. Dall’altra parte il pensiero ispirato al paganesimo di Nietzsche: critico, problematico, differenzialista.

Eppure proprio nel XXI° secolo, nel secolo che celebra il cupo trionfo dell’omologazione egualitaria, le pagine noiose e mediocri di Marx non sono più lette nemmeno dai militanti di sinistra, e ormai sono studiate solo dagli specialisti di teorie economiche, mentre le parole di Nietzsche guizzano ancora come fiamme e non cessano di affascinare i lettori col loro potere incantatorio e sempre gravido di fecondi sviluppi.

Massimo Fini, Nietzsche. L’apolide dell’esistenza, Marsilio, Venezia 2002, pp.432, € 17,00