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La rivelazione del tesoriere Pd "in 5 anni ai partiti 941 milioni"

di Sergio Rizzo - 11/06/2009

 


«Il tesoriere ha in mano i cordoni della borsa di un partito. Figura tradizionalmente oscura, un po` sinistra, al punto da passare per colui che manovra non solo i denari ma anche i segreti più turpi della politica». Tanto basterebbe a spiegare perché nessun tesoriere di partito abbia mai scritto un libro. Nessuno prima di Mauro Agostini, l`uomo che un anno e mezzo fa ha avuto (e ha tuttora) in mano i cordoni della borsa del Partito democratico: non si sa se per coraggio o incoscienza. Il suo libro, da cui sono tratte queste frasi, esce oggi in libreria, l`ha pubblicato Aliberti in una collana diretta da Pier Luigi Celli e si chiama semplicemente li tesoriere. Da un titolo così è lecito attendersi anche qualche considerazione numerica. Che infatti non manca. A cominciare dal calcolo minuzioso di quanti soldi pubblici, attraverso il meccanismo ipocrita dei cosiddetti rimborsi elettorali, sono entrati nelle tasche dei partiti italiani soltanto negli ultimi cinque anni, dal 2004 al 2008. Reggetevi forte: 941 milioni 446.og1 euro e 14 centesimi. Cifre senza eguali in Europa, se si eccettua, sostiene Agostini, la Germania. La ciccia, tuttavia, non è nei numeri. Il tesoriere sostiene che è necessario un sistema di finanziamento dei partiti «prevalentemente pubblico» senza più ipocrisie, ma con «forme di controllo incisive e penetranti» di natura «squisitamente pubblica» e il «vincolo esplicito» di una gestione sobria ed economica prevedendo anche «sanzioni reputazionali». Ma al tempo stesso non può non ripercorrere la storia dei ruvidi rapporti con i suoi colleghi dei Ds, Ugo Sposetti, e della Margherita, Luigi Lusi, i due partiti che hanno dato vita al Pd. «dl nuovo partito nasceva senza un euro. L`obiettivo, mai esplicitato, ma evidente in comportamenti (...) dei tesorieri Ds e Margherita era quello di dare vita a una sorta di triunvirato nella gestione delle risorse, di cui però i veri sovrani avrebbero dovuto essere Ugo Sposetti e Luigi Lusi, in quanto titolari dei rimborsi elettorali. Con le conseguenze facilmente immaginabili: quando le cose sarebbero andate secondo i desiderata dei due vecchi azionisti, i soldi sarebbero affluiti regolarmente, in caso contrario no. E evidente che la questione rivestiva un valore (...) squisitamente politico e di autonomia del nuovo partito». Una ricostruzione che indica senza mezzi termini fra le cause delle difficoltà interne del Pd la sopravvivenza dei vecchi apparati di partito, con le rispettive munizioni finanziarie. Agostini ricorda che i Ds avevano provveduto a blindare in fondazioni «con un percorso opaco» migliaia di immobili. E che il tesoriere della Margherita, Lusi, aveva dato sì la disponibilità a contribuire al Pd con i rimborsi elettorali. «a condizione che anche i Ds avessero fatto la loro parte, in ragione di quaranta a sessanta per cento». Ma «l`impossibilità dei Ds» a mettere mano al portafoglio motivata da quel partito con il forte indebitamento «assolveva tutti dall`obbligo politico di sostenere il Pd». Questa vicenda è chiaro sintomo di quella che Agostini definisce «un`ambiguità di fondo mai esplicitata ma che percorrerà il progetto sotto pelle in tutto il suo primo anno di vita e che rischia di essere anche la causa profonda della crisi che sfocia nelle dimissioni di Walter Veltroni». Ancora: «L`ispirazione sembra più quella di dare vita a una specie di consorzio odi holding i cui diritti principali restano in mano ai soci fondatori, piuttosto che fondare una nuova formazione politica». La notizia con la quale comincia Il tesoriere, e cioè che il Pd ha fatto certificare il bilancio 2008 dalla Price Waterhouse Coopers («la prima volta», rivendica con orgoglio Agostini, che un partito italiano sottopone i suoi conti a una verifica del genere), valga a questo punto come una consolazione. Perché se la diagnosi politica è giusta, la strada è ancora tutta in salita. Dettaglio non trascurabile: il libro viene presentato oggi dal segretario del Pd, Dario Franceschini.