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Elezioni iraniane: dall’Occidente il solito déjà vu

di Stefano Di Ludovico - 19/06/2009

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Di fronte alle elezioni iraniane, assistiamo al solito déjà vù da parte dell’Occidente: poiché ha vinto Ahmadinejad, ovvero la nostra novella bestia nera, reo soltanto, come già Milosevic e Saddam, di voler portare avanti per il suo paese una politica estera sganciata dagli interessi occidentali, si dà per scontato che le elezioni siano state truccate e che in realtà il vero vincitore sia Moussavi, che ha l’unico merito di essere fautore, evidentemente, di una politica più allineata ed accomodante nei nostri confronti.
Ovviamente nessuno – i nostri politici come i nostri media, ché basta dare un’occhiata ai circuiti d’informazione mediorentali per una lettura del tutto diversa degli eventi – si è ancora degnato di spiegarci per davvero in cosa sono consistiti questi presunti trucchi, dove e come sarebbero avvenuti gli eventuali brogli e che consistenza hanno avuto, senza contare il fatto che secondo i dati ufficiali Ahmadinejad avrebbe conseguito un vantaggio su Moussavi di oltre il 30%, quindi non si capisce come la scoperta di eventuali brogli potrebbe ribaltare l’esito della consultazione.
E così, se Ahmadinejad, denunciando le evidenti interferenze occidentali in ciò che sta avvenendo nel suo paese, per le nostre cancellerie - e circo mediatico al seguito - delira e rivela il suo vero volto di dittatore sprezzante dei valori democratici, Moussavi, lamentando le presunte interferenze nello svolgimento delle elezioni di forze ostili alla democrazia, è invece un sant’uomo e la verità non può che stare dalla sua parte. E se centinaia di migliaia di manifestanti scendono in piazza a Teheran in favore di Moussavi, è segno della maturità democratica del popolo iraniano; se altrettanti ne scendono in piazza per Ahmadinejad, è segno che la presa del potere da parte dei mullah è ancora forte: i primi sono il fior fiore della gioventù iraniana con la voglia di Occidente; i secondi vecchi rottami khomeinisti manovrati e prezzolati dal regime.
E a raccontarci il tutto, qui da noi, sono soprattutto schiere di sedicenti “esuli” che, mobilitati come spesso in queste occasioni dal circo di cui sopra, dai loro esili dorati in Occidente si abbandonano a fantasmagoriche ricostruzioni di ciò che sta accadendo in queste ore in un paese nel quale non mettono piede da decenni.
Dunque, nulla di nuovo sul fronte occidentale. Sappiamo, del resto, come l’Occidente intende la democrazia, soprattutto quella di “esportazione”: se vincono quelli che la pensano come noi, i nostri amici, in poche parole i nostri lacchè, evviva la democrazia; se vincono quelli che la pensano diversamente, quelli che se ne vogliono andare per la propria strada, quelli che dei nostri “valori” non gliene importa un accidente perché stanno bene coi loro, allora ci sono stati brogli, allora il popolo non è ancora maturo per la democrazia; allora forse è meglio rinviare tutto e mandare un po’ di truppe e cooperanti vari ad educarli e portarli a più miti consigli.
In Algeria, nel 1991, di fronte alla clamorosa vittoria del Fronte Islamico di Salvezza nelle elezioni parlamentari, l’esercito, spalleggiato dall’Occidente, pensò bene di attuare un colpo di stato a cui seguì una sanguinosissima guerra civile che in sette anni ha fatto circa 150.000 morti. In Egitto, dopo l’inaspettato successo dei Fratelli Musulmani nelle elezioni del 2005, il nostro amico Mubarak ha deciso di sospendere il processo di “democratizzazione” in atto nel paese, annullando le tornate elettorali successive e mettendo fuori legge i movimenti islamisti. Gaza, da quando Hamas ha assunto il controllo della situazione dopo la vittoria elettorale del 2006, è strangolata da un durissimo embargo economico messo in atto dall’Occidente; Occidente che di Hamas non riconosce il legittimo governo riconoscendo invece quello parallelo creato in Cisgiordania da Al Fatah che quelle elezioni aveva perso. E in Turchia, da quarant’anni a questa parte, non si contano i colpi di stato dell’esercito – il custode dei valori “laici” e “occidentali” – ogni qualvolta un partito di ispirazione islamica vince le elezioni e sale del tutto legittimamente al governo. Insomma, visti i precedenti, Ahmadinejad sembra essere solo il prossimo malcapitato di turno: come si è permesso di vincere lui? Come si è permesso di disattendere il verdetto del popolo… pardon, volevamo dire dell’Occidente?

Auguri, Presidente Ahmadinejad: ne avrà bisogno. E congratulazioni per la vittoria.

Stefano Di Ludovico