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Quale show per il futuro?

di Roberto Giammanco - 16/07/2009

 

In principio era il Logos; ora è lo spettacolo, o meglio lo Show, ciò che si mostra presupponendo sempre che dietro ci sia dell’altro.
Era uno Show la pedana che riproduceva l’effetto-terremoto allestita a L’Aquila per strappare qualche gridolino alle first ladies, le mogli dei cosiddetti “Grandi della terra”.
Anche le lacrime di Michelle, la First Lady del “Paese che guida i destini del mondo”, per i bambini vittime del terremoto d’Abruzzo sono state utilizzate come uno Show accattivante con quel finale a cena in una trattoria di Trastevere, con relativo menu.
Niente Show invece per le migliaia di bambini della Striscia di Gaza o per quelli dei villaggi di montagna tra l’Afghanistan e il Pakistan, polverizzati e napalmizzati come la città di Falluja e mille altre località irakene.
Era uno Show sommesso e discreto il paternalistico richiamo sui diritti umani che il Presidente della Repubblica italiana ha fatto al Presidente cinese Hu Jintao prima di vederlo uscire dalle riunioni del G8, rimandato a casa in punta di piedi con la scusa di dover far fronte ai disordini in corso nel Territorio degli Uiguri (circa due milioni, in un paese che ha più di un miliardo di abitanti).
Chi mai farà capire agli utenti dello Show G8 che Hu Jintao è per gli Stati Uniti un pericoloso concorrente in affari con l’Europa visto che se la Cina ritirasse i suoi crediti l’economia americana, fatta eccezione per l’economia di guerra,”crollerebbe verticalmente”?
Obama ha un carisma che ricorda un po’ quello che aveva trent’anni fa Ronald Reagan. Tutti e due attori: Reagan di professione, e Obama per talento ed educazione. Tutti e due sostenuti dalle speranze e dalle aspettative sapientemente convogliate dal mondo mediatico. Reagan forse più dell’ ”Abbronzato”; ma tutti e due immagini-simbolo della moda mediatica prevalente nel proprio momento storico. L’All-American Ronald Reagan, anziano padre e Everybody’s Pal, compagnone di tutti; Obama, il figlio di successo che piace a prima vista per i suoi modi da bianco perbene di carriera.
Ormai la questione dei neri è confinata a qualche promessa di aiuti alle nazioni africane, promesse quasi mai mantenute, e alla esortazione a “sollevarsi con le proprie forze”, come ha detto tra commossi abbracci e danze pittoresche lo stesso Obama durante la sua visita-lampo (ventiquattro ore) nel Ghana. È lì che ha visitato uno dei più sinistri punti di partenza delle navi negriere che per quattro secoli trasportarono nelle Americhe dai tredici ai venti milioni di neri arricchendo nazioni, ordini religiosi, mercanti, banchieri e assicuratori di tutta Europa.
I media hanno fatto vedere lo Show della commozione di Obama al pensiero che qualcuno dei suoi antenati poteva essere stato ospite, incatenato e bollato a fuoco, di una maison des esclaves della Costa d’Oro, e poi disteso per mesi nelle stive delle navi negriere in cubicoli alti al massimo cinquanta centimetri. Non sarebbe ora presidente degli Stati Uniti se i suoi antenati fossero rientrati in quel 15-25% di gettati in mare o di morti per dissenteria e / o frustate che le Compagnie di Assicurazione prevedevano per ogni spedizione. Rischio alto, ma non abbastanza da impedire la continua lievitazione dei profitti. Nella seconda metà del XIX secolo, quando la tratta era molto diminuita, gli investitori ricavavano in media il 40% netto da ogni spedizione.
Quanto allo Show di Berlusconi, sembra proprio che più diventa insopportabile e vergognoso, e più si rivela come l’ingrediente fondamentale della palude politica di questa Repubblica vaticano-bananiera. Nessuno ne può più fare a meno.
Cosa succederebbe, succederà, o potrebbe succedere se le Buffon d’Europe, come lo ha definito la stampa francese, non ci fosse più per una qualsiasi ragione, lasciamo stare quale? Mi si consenta questa domanda peregrina e provocatoria.
Sembra che Berlusconi piaccia meno a tanti poteri, anche forti: ma chi saprebbe disegnare le prospettive future di questo paese, se restasse orfano di lui? Orfano di un Presidente Operaio, Imprenditore, Pluri-mega-imputato, Allegro festaiolo, Miracolista e Miracolato, Figlio di mamma, Padre e Marito di successo, Playboy trasformatosi in Statista, alla maniera del fu Primo rurale, Primo motociclista, Primo aviatore e Primo sciatore di altri tempi?
Non ci lamentiamo. Dopo tutto, noi siamo il paese dei Primi e degli ultimi.