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Estensione del dominio della lotta

di Davide Gianetti - 24/08/2009

 

Viaggio al termine della lotta. Si potrebbe intitolare così il romanzo d’esordio di Michel Houellebecq, quell’Estensione del dominio della lotta che ha lanciato lo scrittore transalpino nell’olimpo della letteratura novecentesca. E proprio come il grande Céline, Houellebecq allestisce la sua personale galleria dell’insensato, del laido quotidiano, ancorché borghese, delle piccole meschinità elevate a regole di vita. “Siate abietti e sarete veri” ama ripetere Houellebecq. E c’è da credergli. Se ne Le particelle elementari e in Piattaforma la tragica banalità del quotidiano assume i contorni di un’epopea che dall’universale si riduce al particolare, in questo suo romanzo breve Houellebecq, da formidabile diagnosta delle ossessioni che flagellano il crepuscolare Occidente, mette in scena la gelida solitudine esistenziale del protagonista quale depositario e simbolo delle nevrosi, della follia e del delirio di questo nostro modello sociale. Trentenne programmatore informatico in una anonima cittadina,  il protagonista del romanzo conduce un’esistenza indifferente a tutto. L’amicizia, il lavoro, il sesso sono scanditi e vissuti in modo anodino, asettico, quasi fossero brandelli di non-vita eppure rigidamente compartimentali in un sistema ideologico imperniato su di un darwinismo sociale espanso agli aspetti più minuti del vivente. La lotta, anticamente per la mera sopravvivenza materiale, si è estesa a tutti i livelli dell’esistenza. E come il liberalismo economico decreta il successo nella lotta per il potere e per il denaro, così il liberalismo sessuale seleziona i più adatti alla felicità e al godimento. Per gli esclusi e per i perdenti non restano altro che odio, amarezza e l’attesa della morte liberatrice. Il liberalismo sessuale, in questo, non è meno spietato del suo omologo economico. Anche i vincenti devono tuttavia sottostare alla regola dell’entropia che governa l’universo. Ma la nostra civiltà, osserva Houellebecq, fatica sempre più ad accettare quel ciclo vitale di nascita, invecchiamento e morte che tutte le società tradizionali vivevano scevre da rimpianti o recriminazioni. Il disfacimento fisico, il desiderio declinante, la malattia, lungi dal rappresentare stadi della vita fisiologici e ineliminabili, provocano nell’uomo contemporaneo un’amarezza senza precedenti. Osserva Houellebecq: “invecchiando si diventa meno seducenti, e questo provoca amarezza. Si comincia  a invidiare i giovani, e presto l’invidia si trasforma in odio. Questo odio, condannato a rimanere inconfessabile, si invelenisce e diventa sempre più cocente; poi si placa e si estingue. Non resta altro che l’amarezza e il disgusto, la malattia e l’attesa della morte”. Schiacciato dal peso di una lotta per la sopraffazione, insieme economica, lavorativa e sessuale, da cui uscirà inevitabilmente sconfitto, l’antieroe di questo libro assiste con sarcasmo alla propria (e altrui) autodistruzione, agendo sullo sfondo di una società occidentale cupa e livida che richiama e rimanda innegabili suggestioni dispotiche. Più volte accostato al Lo straniero di Camus ma in realtà debitore de Il solitario di Ionesco, il romanzo, attraversato da un implacabile nichilismo e sorretto da una lingua scarnificata, conduce il lettore nei territori della follia e della disperazione, gli unici possibili e pensabili da questo Occidente in fase terminale.
 

Autore: Michel Houellebecq
Titolo: Estensione del dominio della lotta
Edizioni: Bompiani, Milano 2007
Traduzione: Sergio Claudio Perroni
Pagine: 152