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Preghiera all'Essere di un viandante sulle strade polverose

di Francesco Lamendola - 27/08/2009


Non sappiamo nemmeno che nome darTi
Tu che sei l'Ineffabile e l'Inesprimibile,
davanti al quale la nostra piccolezza microscopica
ci rende timidi, reverenti, consapevoli della distanza infinita.
Eppure, la scintilla di luce che arde in noi
ci spinge a scioglerTi un inno di lode e di ringraziamento
che si unisce a quello di altre innumerevoli creature
del mare, della terra e del cielo,
del mondo visibile e di quello invisibile.

Nulla abbiamo da domandare, perché Tu già conosci tutto
l'indigenza che si annida come un ragno nella tela della nostra vita,
la brama ardente di felicità che ci scuote come canne al vento
e ci fa stormire come milioni di foglie di pioppo
nella brezza leggera della sera
quando il lungo giorno estivo volge verso la pace del tramonto
in una gloria impareggiabile di colori incandescenti:
il giallo dorato degli ultimi raggi obliqui di sole
il rosso purpureo delle lunghe nuvole veleggianti all'orizzonte
il verde elettrico del cielo che trascolora dalla luce al pallore della notte.
Ogni cosa esprime la bellezza e canta la gioia
ogni cosa erompe in un frenetico batter di mani, come le fronde del bosco
quando un vento gagliardo  le squassa con mano possente;
ovunque rifulge l'incommensurabile sapienza di un disegno armonioso
di una intelligenza perfetta e inimitabile.
Nulla abbiamo da chiederTi, perché Tu sai tutto
anche l'ombra che si cela, acquattata, nell'anima nostra
e tutto vedi, senza giudicare o condannare:
lasci che il giudizio tocchi a noi stessi, quando capiremo
quando ci saremo portati abbastanza in alto
vincendo il peso dell'egoismo, che ci trascina in basso.
Tu sai perché il cuore del giusto frema di orrore
davanti al trionfo apparente dei malvagi;
perché bambini innocenti soffrano crudelmente
mentre c'è chi specula e arricchisce sulle loro pene.

Ecco, questo solo Ti domandiamo: di aiutarci
non a capire, perché non lo potremmo,
ma a fidarci ciecamente del Tuo amore
che ci ha tratti dal nulla, portandoci all'essere.
Dacci la saldezza del cuore nelle tentazioni
e tieni da noi lontana l'ombra cupa della disperazione
col suo triste codazzo di seminatori di dubbi e di amarezze.

Tu, che splendi come un ghiacciaio immacolato
sotto i raggi del primo sole del mattino
nel primo giorno della storia del mondo;
Tu, che lambisci e carezzi dolcemente ogni cosa,
come l'onda del mare che va a frangersi sulla riva sabbiosa;
Tu, che sostieni gli animi sfiniti col fresco balsamo della Speranza
e fai cadere la pioggia ristoratrice sui campi riarsi delle nostre vite
dopo settimane di rovente canicola e di afosa oppressione
e non permetti che un solo filo d'erba inaridisca anzitempo:
lode e grazie a Te, fulgore di luce infinita
che si contrappone alle tenebre del nulla e della morte.
Tu non ci hai chiamati alla vita
per rigettarci nel gelido buio senza tempo,
ma per farci eredi di un regno che non ha limiti né conosce tramonti.
Nessuno può penetrare i tuoi insondabili progetti
né pretendere di strapparti un lembo d'infinito:
noi non siamo che creature incerte vaganti nella polvere
lungo strade che non sappiamo dove porteranno
ma che aneliamo ci ricongiungano a Te, padre di tutte le cose.
Accompagna i nostri passi, sostieni i nostri piedi sanguinanti
quando le rocce della via divengono più aguzze
e ci strappano brandelli di carne e gemiti di sofferenza.
Aiutaci a scorgere tutta la meraviglia, tutto lo splendore
del miracolo impareggiabile del mondo
che giorno dopo giorno distendi innanzi al nostro sguardo,
come una tavola imbandita di cento meraviglie per gli ospiti d'onore;
fai che impariamo a non saziarcene mai, a esultarne senza fine
unendoci alla gratitudine universale che si leva da ogni dove.
Aiutaci a rispondere alla chiamata con animo forte
a non lasciarci impigliare in false immagini di bene,
a non rincorrere illusori fantasmi di gioie inafferrabili;
rafforza la nostra capacità di prestarci senza riserve
alla piena e felice attuazione dei tuoi sapientissimi disegni.
e non permettere che la paura del dolore e della morte
ci turbi e ci avveleni la pura gioia della vita.
Noi sappiano che solo passando per la porta stretta
saremo poi in grado di scorgere la luce che non impallidisce
di ammirare il giardino che non intirizzisce alle brume invernali
e saziarci i sensi in riva al fiume che scorre sempre limpido e tranquillo.

Donaci un cuore nuovo, capace di amore e di perdono
perché abbiamo un gran bisogno di perdonare chi ci ha offeso
e di perdonare a noi stessi le nostre infedeltà.
Tu che hai tratto dal nulla ogni cosa per amore
insegna come si ama veramente a noi, così ignoranti
che chiamiamo amore il bruciante desiderio di possesso
e non sappiamo amare mai niente e nessuno, neanche noi stessi.
Se Tu ci ispirerai sentimenti di vero amore
sarà come se ci insegnassi a vivere, a pregare
perché  la vita e la preghiera sono una cosa sola con l'amore
e una vita senza amore non è vita
così come una preghiera senza amore
non è che un vuoto soffio di voce, senza senso.

Ancora, scioglici la benda che ci copre gli occhi
e permetti al nostro sguardo di spaziare liberamente
saziandosi di luce come chi emerge da una caverna
dopo un lungo e penoso soggiorno nei recessi della terra.
Ora brancoliamo come ciechi, come poveri ubriachi
cui un vino troppo forte ha dato alla testa,
passiamo accanto ad infinite meraviglie senza neppur vederle
senza degnare d'uno sguardo splendori di bellezza impareggiabile.
Quando finalmente la benda ci cadrà dagli occhi
e saremo in grado di vedere con la seconda vista
il mondo si accenderà di colori che ora non scorgiamo
spargerà profumi che ora il nostro olfatto nemmeno percepisce
e risuonerà di melodie che nessun orecchio ha udito mai, neppure in sogno.
Allora una profonda pace e un senso d'intima armonia
ci scenderà nell'anima, sciogliendo il vecchio cuore di pietra
e ogni contraddizione ci apparirà illusoria,
il pungiglione del dubbio smetterà di tormentarci
vedremo che nessuna lacrima rimane sconsolata
nessun dolore resta senza un riscatto, ma che ogni cosa
viene assorbita e trasfigurata in un gran mare di luce, di bellezza.
Il nostro vagare sulle strade polverose del mondo
avrà finalmente un termine, come le nostre piaghe
cesseranno di dolerci e sanguinare; ogni afflizione sarà dimenticata.
Ritroveremo tutto, comprenderemo tutto, esulteremo per sempre di tutto.
Perché, tornati alla casa dell'Essere come dopo un lungo viaggio
ci renderemo conto che mai ci eravamo davvero allontanati
ma che eravamo sempre stati nella dimora dell'Essere
pur senza saperlo o senza ricordarlo, come poveri smarriti.

Sarà bello.
Sarà come ritrovare la parte più preziosa di noi stessi
tanto a lungo dimenticata chissà dove, laggiù in fondo;
sarà come ritornare a casa dopo un'assenza lunga e perigliosa
con il cuore trafitto da cento e cento lame di acuta nostalgia.
Allora il leone pascolerà con l'agnello, fraternamente,
e comprenderemo d'essere tutti una medesima famiglia.
Smetteremo di aver paura, di odiare e di bramare senza fine
smetteremo di lasciarci trascinare dal meschino egoismo
che ci fa vedere ovunque dei rivali da abbattere o delle prede da catturare.
Perdoneremo e saremo a nostra volta perdonati
e un gran senso di pace ci scenderà nel cuore, a rimanervi.
Solo allora la nostra preghiera sarà del tutto pura:
perché non avremo più nulla da chiedere
ma soltanto da lodare e ringraziare, senza fine.