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Giustizia senza appello

di Massimo Fini - 27/09/2005

Fonte: Massimo Fini


Giustizia senza appello
Massimo Fini

È passato alla Camera il
progetto di legge presentato
da Gaetano
Pecorella, presidente della
Commissione Giustizia oltre
che legale di Silvio Berlusconi,
per cui diventano inappellabili
le sentenze di primo grado che
hanno decretato l’assoluzione
dell’imputato. La legge, se passerà
al Senato e diventerà definitiva,
avrà valore retroattivo in
base al principio generale della
“retroattività della legge penale
più favorevole al reo” o presunto
tale e quindi tutti gli appelli
in corso vengono cancellati.
L’opposizione afferma che si
tratta della solita legge ad personam
a favore di Silvio Berlusconi
che, assolto o prescritto
in primo grado; deve affrontare
alcuni ricorsi in Appello, in
particolare quello per il processo
Sme. Non lo so. Certo è
che un premier coinvolto in
innumerevoli “guai giudiziari”
ogni iniziativa del Governo in
materia di Giustizia diventa
inevitabilmente sospetta e che
un Governo guidato da un premier
in queste condizioni non
pare il più adatto a legiferare
in tale materia.
Ma veniamo al merito
segue dalla prima
(…) del progetto di legge che,
come tanti altri di questi ultimi
tempi, appare assurdo. Il
processo si basa sulla parità
dei diritti delle parti, dell’accusa
e della difesa. Se la difesa
può appellare quando l’imputato
sia stato condannato in
primo grado e l’accusa no, è
evidente che questa parità viene
meno. L’opinione pubblica,
in genere, è portata istintivamente
a parteggiare per l’imputato
contro i Pubblici ministeri,
ma non bisogna dimenticare
che nel processo ci sono
anche le parti civili, cioè le
vittime del reato, le quali a
loro volta non potranno
appellarsi davanti a una sentenza
di assoluzione. La legge
trova naturalmente l’entusiastica
approvazione del centrodestra
che in questi anni ha
rivelato un’anima supergarantista.
Naturalmente quando ci sono
di mezzo lorsignori. Ma questo
stesso centrodestra si
indignò quando il giudice
milanese Giuseppina Forleo
assolse dell’accusa di terrorismo
il marocchino Mohammed
Dakri che raccoglieva
fondi da mandare ai combattenti
iracheni e plaudì, una
volta tanto, alla Procura di
Milano che fece ricorso contro
quella sentenza. Se passa
la legge approvata ieri alla
Camera la sentenza che ha
assolto Dakri sarà inappellabile
e il presunto terrorista
non avrà più nulla da temere
dalla giustizia italiana.
Il processo italiano ha urgente
bisogno di essere snellito. Ma
con misure equilibrate. Impedire
l’appello quando l’imputato
sia stato assolto in primo
grado risolve poco da questo
punto di vista. Poiché infatti la
possibilità dell’appello rimane
per l’imputato condannato le
Corti d’Appello dovranno
comunque continuare ad esistere
e i giudici e i pubblici
ministeri di quelle Corti non
potranno essere dislocati
altrove per aiutare i colleghi a
smaltire l’enorme numero di
cause arretrate che i Tribunali
italiani hanno accumulato. Ci
sono molti casi, poi, in cui gli
imputati sono plurimi e alcuni
vengono assolti e altri condannati.
Questi potranno fare
appello, ma coinvolgeranno
inevitabilmente anche gli
imputati assolti. Come ci si
regola in questi casi? Insomma,
un pastrocchio inestricabile
e inverecondo.
Molto più sensato, oltre che
più equo, sarebbe abolire il
secondo grado di giudizio per
tutti, sia nei casi di sentenza di
assoluzione che di condanna,
e restituire alla Cassazione il
suo ruolo di Tribunale che
controlla la mera legittimità
formale delle procedure precedenti,
mentre attualmente si
è trasformata, grazie al grimaldello
della coerenza del
dispositivo con le motivazioni,
in un terzo, defaticante giudizio
di merito.
Ma queste sono cose troppo
sensate per interessare una
classe dirigente che, in materia
di giustizia, sembra preoccuparsi
solo della propria
autotutela, poco o nulla
importandogli dell’ulteriore
scempio di quel poco che
resta del Diritto in Italia e di
un senso della legalità che, a
questo punto, nessuno, a meno
che non sia un fesso inveterato,
può conservare.