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E l'uomo moderno si comprò la luna...

di Antonio Talarico - 15/10/2009

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La notizia era stata annunciata appena un giorno prima, nel modo più arrogante, praticamente a cose fatte: la NASA, l’ente aerospaziale americano, lancia un missile sulla luna “per vedere di quale natura è la polvere sul satellite terrestre. Il missile nell'impatto solleverà una nuvola di polvere e gli scienziati sperano di capire se c'è acqua o ghiaccio. L'idea è di confermare la presenza d’acqua, essenziale per la vita dei futuri pionieri umani” (fonte: agenzia AP Com).
A parte il sospetto che l’esperimento celi ben altre finalità (militari?), noto con indignazione e sgomento che la boria dell’Homo Americanus, sottospecie evoluta dell’Homo Occidentalis, non conosce né limiti né rispetto, per nessun essere o posto del Creato. Così, passo dopo passo, di conquista in conquista, la dea Scienza, sostituto comodo e beneaugurante dell’oramai sorpassato Spirito, nei cuori degli uomini “emancipati”, miete ininterrottamente successi o vittime, al variare della visuale. L’interrogativo, però, anche nella sensibilità di alcuni inguaribili idealisti (li scusi, se può, la NASA) appare a grandi lettere sullo schermo: ma la luna è proprietà americana? E se oggi è accaduto questo, domani qualunque ente, Stato, associazione a fini eversivi (nel senso di eversione dell’ordine cosmico) potrà senza preavviso alcuno scaraventare i suoi missili sul satellite della Terra, o magari su Giove o Marte? O subissare corpi celesti di scorie radioattive, inondarli con tonnellate di spazzatura che il nostro pianeta non riesce più a smaltire, grazie al grandioso e progredito stile di vita di una minoranza di abitanti terrestri che contamina acqua, aria, spazio, sottosuolo per conto proprio e altrui? Qualcuno dovrebbe spiegare (magari nei telegiornali, al posto dei gossip sulla coppia Clooney – Canalis) il motivo reale della ricerca dell’acqua sulla luna; studio peraltro perseguito a suon di dollari, spesi arditamente mentre nel mondo miliardi di persone soffrono la fame. Che cosa dovrebbero scoprire eventuali esploratori? Chi siamo? Da dove veniamo? Chi ci ha creati? O, al massimo, quanto è grande in metri cubi l’universo? Miliardi di dollari, anni di energie per un numerino incomprensibile o per sapere che l’oggetto che ci contiene è piramidale con scappellamento a destra, avrebbe potuto osservare il buon Ugo Tognazzi.
E' proprio vero che la curiosità è femmina ma la stupidità è umana. E deleteria. Il fatto inquietante, appreso durante secoli di storia, è che, una volta superate le colonne d’Ercole nell’assurda corsa verso il cosiddetto sviluppo, l’uomo non e riuscito più a fermarsi. Ubriaco di maniacale delirio d’onnipotenza, si è travestito da Dio del mondo e delle cose, convinto - ma questo è un cardine del credo capitalista, responsabile in appena tre secoli della distruzione della Terra dopo millenni di sonnacchiosa tranquillità - che volere sia uguale a potere e, per dirla col filosofo inglese Francesco Bacone, conoscere sia indispensabile per dominare.
“O graziosa luna, io mi rammento / che, or volge l'anno, sovra questo colle / io venia pien d'angoscia a rimirarti: e tu pendevi allor su quella selva / siccome or fai, che tutta la rischiari”. Un giorno questi versi leopardiani potrebbero essere l’ultimo manifesto lirico di quando l’astro celeste, da sempre inseparabile compagno notturno del genere umano, era la solitaria consolazione di poeti, amanti e suicidi. Non discarica, né zona di conquista per basi futuristiche di cui l’umanità non saprebbe che fare.
Aveva ragione il poeta Giuseppe Ungaretti quando, sull’onda degli sconvolgenti eventi vissuti in prima persona durante la Prima Guerra Mondiale, scrisse cupo di sconforto che l’erba è “lieta dove non passa l’uomo”. Di sicuro tanti avvenimenti successivi non l’hanno smentito. Se ci fossi io al posto della luna non sarei per nulla tranquillo.