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Il pauroso fa male a se stesso. Chi è vile danneggia gli altri

di Francesco Alberoni - 19/10/2009

Il pauroso trema davanti alle difficol­tà, le ingigantisce. Anche quando ini­zia una nuova avventura, come fare un viaggio, fidanzarsi o comperare un ap­partamento, poi ci ripensa pieno di dub­bi. Il viaggio è forse troppo pericoloso, i genitori lasciati a casa si sentono soli, nel caso del fidanzamento non è più sicu­ro del proprio amore o di quello del suo amato. Allora trema, suda, decide di non partire, cerca rassicurazioni, disdi­ce gli impegni. Un poveretto che fa male solo a se stesso.

Il vile, invece, è un pauroso pieno di dubbi che, nel suo decidere prima una co­sa e poi il suo contrario, produce un dan­no a quelli che contavano su di lui e si fidavano della sua parola. In guerra quello che trema e dice «non me la sen­to » suscita disprezzo. Ma è ben più gra­ve il caso di chi invece si offre volonta­rio, si fa affidare una azione delicata, ot­tiene la fiducia dei compagni che conta­no sul suo coraggio e poi, quando l’azio­ne bellica è in corso, viene preso dalla pa­ura, si ferma, si nasconde e, per colpa sua, essi vengono massacrati. Costui non è un pauroso, è un vile.

Ho fatto un esempio bellico, ma voi sa­pete che queste cose avvengono nella vi­ta comune.

Un amico ha preso un accordo con voi per costituire una società. Dapprima è entusiasta, facilone, ma quando voi vi siete già esposti, quando avete già fatto dei debiti, preso dai dubbi scappa, spari­sce. Oppure voi lasciate il vostro lavoro perché un tale ve ne ha promesso uno mi­gliore.

Dice che ha tutti in pugno, che non ci sono problemi. Poi venite a scopri­re che alla riunione decisiva non ha nem­meno proposto il vostro nome perché te­meva di esporsi troppo. Di nuovo un vi­le.

Soprattutto gli innovatori sono espo­sti a questo pericolo. Quando Lawrence ha scritto «L’amante di Lady Chatter­ley » i suoi amici apprezzavano il libro, lo consideravano un capolavoro, ma sono stati molto pochi quelli che poi l’hanno difeso. E lo stesso è successo a Nabokov quando ha scritto «Lolita». Quanta poca gente ha il coraggio di dire, di scrivere ciò che crede e ciò che pensa! Lo fanno in privato, ma in pubblico hanno paura del­le obiezioni, delle condanne, delle criti­che... E quanta gente non ha il coraggio di mantenere la parola data! Di solito lo fa per opportunismo: appena vede un pe­ricolo oppure un vantaggio cambia idea.

Ma c’e anche chi non è capace di man­tenere la promessa perché è moralmente debole. Perché è vile.