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Il pensiero ermafrodita della scienza. La riflessione epistemologica di Franco Soldani

di Franco Soldani - Emanuele Montagna - 20/10/2009

Fonte: faremondo


Faremondo, la rete bolognese di ricercatori e scrittori
già animatori del movimento di inchiesta sui fatti dell'11
settembre, riprende le sue serate di discussione al
Locomotiv. 
L'occasione è l'uscita del secondo libro delle edizioni
omonime, intitolato Il pensiero ermafrodita della scienza.
Ne è autore Franco Soldani, uno dei fondatori di
Faremondo, studioso della società del capitale e critico
dell'epistemologia scientifica.
Si tratta del saggio d'apertura di un'opera di ampio respiro
prevista in cinque volumi - Sociopoiesi. Come funziona e si
riproduce la società del capitale -  il cui intento
programmatico è quello di ridisegnare le coordinate del
pensiero critico dopo decenni di letture e narrazioni
subalterne, tutte destinate al fallimento - spiega Soldani -
perché sotto la crosta "antagonista" hanno condiviso
e condividono la stessa aria di famiglia dei paradigmi
dominanti.
Nel volume che esce in questi giorni, Soldani muove da una
critica serrata alla visione stereotipata e mitica della
scienza che circola sui media e nell'opinione pubblica
"colta" dell'Occidente. Di qui passa a tematizzare le
contraddizioni insanabili presenti nelle interpretazioni
avanzate dall'interno del mondo scientifico da diversi suoi
esponenti di punta (fisici, matematici, biologi, ecc.).
Ad essere prese in esame non sono mai le parabole sulla
scienza narrate da filosofi ed epistemologi, bensì le
riflessioni stesse di chi la scienza la fa e la vive in
prima persona.
Analizzando in sequenza scenari della mente via via più
surreali, in cui a farla da padrone non sono  il rigore
dell'argomentazione e i test sperimentali bensì la spinta
autoreferenza cognitiva e la logica versatile della scienza,
l'autore arriva a tracciare un quadro che ha dello
stupefacente: il tempio del sapere dell'intero l'Occidente
assomiglia ai santuari della tradizione teologica, dove
«la conoscenza è un processo basato sull'ignoto»
(David Bohm) e «sapere è ignorare» (Nicola Cusano)...
Una decifrazione del codice segreto della scienza; lo
sgretolamento della sua pretesa di essere comprensione
oggettiva e disinteressata del mondo; l'indicazione del
comune seme ibrido da cui agli albori dell'epoca moderna
sono nati sia il sapere scientifico sia il capitale quale
principio determinante della società; e, per non
concludere, l'inizio di una differente spiegazione del
sofisticato universo di fumo (economia, politica, cultura,
media ecc.) nel quale siamo costretti a sopravvivere: tutto
questo ed altro ne Il pensiero ermafrodita della scienza,
che verrà presentato a Bologna martedì 27 ottobre alle
20.30 presso il Locomotiv (nel parco del Dopolavoro
ferroviario, entrate da via Serlio 25/2 e da via Stalingrado
12).
In allegato ampi estratti dalla Prefazione del volume.
 

Il pensiero ermafrodita della scienza

La monografia che presento qui al lettore è la prima di un polittico intellettuale, per così dire, in cinque parti i cui successivi volumi verranno pubblicati a tempo debito. Il secondo prenderà in considerazione la natura del capitale tramite una rilettura di Marx alla luce tanto del suo pensiero più sofisticato, quanto della ragione scientifica del suo tempo e odierna, il terzo la natura della società emergente dai processi innescati dal capitale finanziario attuale, il quarto la realtà dissimulata di cui consta il mondo in cui viviamo e l’ultimo, infine, l’immaginazione cognitiva contemporanea che genera la realtà che ci circonda. Se gli inizi son sempre difficili, come pare, in ogni impresa, in questo caso le conclusioni sono ancora più ardue dell’esordio, giacché il fine più ambizioso dell’opera complessiva emergerà in tutto il suo rilievo, questo almeno è quello che mi auguro, solo al termine del cammino: non all’alba, bensì al tramonto, quando il viaggio avrà concluso il suo iter. (1)
    Nondimeno, pur assumendo il suo pieno significato in quella cornice d’insieme, il presente saggio costituisce comunque un esercizio d’interpretazione ed uno studio autonomo e leggibile come un lavoro a sé stante. Prima di tutto, naturalmente, per l’alternativa descrizione della scienza che si è cercato di comprovare mediante i suoi stessi argomenti ufficiali e ufficialmente riconosciuti dalla comunità degli addetti ai lavori. Viste le innocue icone convenzionali presentate all’opinione pubblica internazionale dai Megamedia dell’Occidente, imperanti dappertutto nelle nostre società, mi è sembrato opportuno e persino urgente provare a delineare una differente esposizione della sua natura più riposta e perciò stesso invisibile in pratica nei luoghi comuni ancora oggi dominanti.
   La smisurata pretesa di chi scrive è quella di disegnare almeno i rudimenti concettuali e i primi principi di una differente teoria del capitale e della sua complessa organizzazione sociale. L’intento ovviamente è in un certo senso proibitivo, giacché si tratta di ripensare e osservare con occhi nuovi sia i paesaggi consueti e apparentemente noti del mondo in cui viviamo (ad un tempo naturale e societario), sia la stessa mente con cui ci rendiamo intelligibili tanto il nostro contesto storico, la sua natura e il suo divenire, quanto il pensiero con cui costruiamo o dal quale facciamo emergere il nostro universo cognitivo e comportamentale (condotte politico-ideologiche, contegni intenzionali, sfere simboliche della vita, ecc.). In fin dei conti, si tratta di andare oltre gli stereotipi correnti tramite quella stessa materia immaginaria di cui questi ultimi constano – come far rivoltare un guanto dalle sue stesse dita!
Siccome di questa galassia di cliché e mondi di fumo la scienza costituisce la fonte culturale fondamentale, si sono prese le mosse dalla sua natura attuale ed esclusivamente dai suoi discorsi, affrontandone l’analisi con una chiave di lettura in linea di principio distinta, credo, da tutte le altre al momento in circolazione sul mercato delle idee. Se ammettiamo che la realtà odierna, congiuntamente con quello che l’individuo ne sa, sia completamente fittizia e apocrifa, ebbene la razionalità scientifica è la causa che nel corso dei secoli, e in particolare tra Ottocento e Novecento, l’ha generata in modi talmente complessi e sofisticati da avergli quasi assicurato, di fronte ai soggetti contemporanei, l’elisir della vita eterna. Ecco perché era indispensabile cominciare dai suoi raffinati sistemi d’idee e dal regno apparentemente impersonale e disincarnato della conoscenza disinteressata.
   Scrutare dentro la scienza e il mondo reale con occhi nuovi è un po’ come scoprire dietro la maschera che ci guarda o sotto l’identità della persona conosciuta e dell’esperienza ordinaria, un’altra, differente e totalmente inattesa natura. È come se, in altri termini, dopo aver vissuto un’intera esistenza in mezzo alla nebbia o dentro una sorta di Castello di Atlante onirico, una brezza nuova e fresca spazzasse via le dense brume del mondo artefatto e (dis)simulato in cui si era fino ad allora vissuti e ci si rivelasse l’effettivo suo carattere più recondito, al di fuori e oltre l’inganno sottile e perverso degli apparenti stati di cose dominanti nell’ambito del nostro quotidiano, sin nell’intimo dell’animo individuale.
   A quel punto, ci si potrà forse affacciare, immagino con lo stesso identico stupore probabilmente di cartografi d’altri tempi, su un continente completamente diverso da quello che i nostri piedi pensavano di aver calcato fino ad allora.

   

 Note

(1)    Il lettore eventualmente interessato può prendere visione del progetto in www.faremondo.org: Sociopoiesi. Come funziona e si riproduce la società del capitale. Il piano dell’opera, corredato di una breve presentazione, ha naturalmente forma provvisoria e costituisce un programma di ricerca in fieri, ma le sue linee guida sono quelle indicate. D’altro canto, la sua prima parte la state leggendo in questo momento.




B) Estratti dalla Prefazione


   
Il mondo contemporaneo e l’intero pianeta si trovano oggi in una drammatica fase di transizione ad un nuovo ordine internazionale. Iniziata nel corso degli anni ’90 del Novecento, tale fase ha trovato un suo primo punto di svolta nel disegno criminale concepito, organizzato e infine portato a compimento dalle classi dominanti statunitensi l’11 settembre 2001. (1) Questo processo si trova attualmente di fronte ad un bivio geo-politico ed economico-finanziario di portata globale in parte generato da quello stesso avvenimento cruciale.  (2)  
Se davvero il capitale finanziario USA riuscisse a far diventare realtà i suoi sogni di «full spectrum dominance» planetari (3) e ridisegnare l’architettura manifatturiera, bancaria e creditizia dell’intera economia mondiale, (4) sarebbe difficile rimanere spettatori passivi di fronte alle dimensioni di un tale tsunami sociale. D’altro canto, anche adesso, nelle condizioni date, nel mentre gli avvenimenti evolvono e maturano sotto i nostri occhi, non si può assistere, impassibili o partecipi, alla trasformazione della cartografia dell’impero e lasciare immutato il pensiero che dovrebbe spiegarla e che in ogni caso si troverà a dover fronteggiare.
    Se l’11 settembre 2001, questo «inside job» ad uso e consumo delle élite al potere negli Stati Uniti, ci ha dimostrato ancora una volta, alla luce abbagliante del giorno, il nichilismo assoluto di cui si nutre la potenza guida dell’Occidente, in pari tempo ci ha anche clamorosamente fatto vedere che cosa si debba pensare della cultura liberal-democratica di cui si è sempre nutrita l’egemonia delle classi al comando della società. L’11 settembre, infatti, ci ha mostrato a chiare lettere e in maniera definitiva quale sia, dietro le quinte e sotto la facciata di cartone delle regole formali del gioco, il volto più autentico delle attuali élite dirigenti USA e non solo. La volontà politica senza fondamento legale alcuno, la doppia e criminale natura dello Stato, la vera natura delle società democratiche, ormai un universo di istituzioni fittizie plasmate e ridotte ad un vero e proprio guscio vuoto da oligarchie economico-finanziarie senza scrupoli, dal loro ceto politico e dai loro Megamedia, la vera natura infine dell’intera società civile del mondo moderno, con la sua apparente impalcatura giuridico-normativa di tipo tecnico (avalutativa, super partes, obiettiva), i suoi sistemi di valori, la sua informata opinione pubblica, i suoi diritti universali dell’uomo, le sue libertà formali…sono ormai tutte realtà drammaticamente emerse in primo piano e divenute evidenti come prove conclamate. [...]
Tutti i principi di civiltà della cultura occidentale, che a suo tempo avevano apparentemente trasformato questa parte del globo nel paradiso artificiale del pensiero illuministico, sono stati sovvertiti e letteralmente ridotti in cenere dall’11 settembre 2001. Gli stessi ipotetici custodi della Costituzione e dell’ordinamento giuridico metropolitano e internazionale si sono trasformati in coloro che lo hanno violato e ridotto in pezzi, tra l’altro sulla base dello stesso mandato elettorale ricevuto da quei soggetti, ironia perfida della storia, la cui vita hanno poi sacrificato senza battere ciglio sull’altare della loro agenda geopolitica complessiva.
    Se certo ci si poteva aspettare che l’elitario mondo intellettuale del capitale (l’Accademia, la Stampa, i Network, gli Imperi Editoriali, ecc. il cui gelido cinismo non ha uguali nel regno umano) prendesse apertamente la parte dell’amministrazione USA e addirittura ne promuovesse apertis verbis – con lettere aperte all’opinione pubblica domestica e mondiale, nonché prese di posizione ufficiali (8) – gli intenti criminali, degno di nota è tuttavia il fatto che il resto della società si sia messo alla coda di tali disegni e abbia adottato un contegno attivamente acquiescente nei loro confronti. Tanto i marxisti dei sei continenti quanto i democratici, sia i progressisti sia gli antagonisti, sia gli individui di sinistra sia quelli di destra, sia i radicali sia i riformisti – comunque si vogliano poi connotare queste diverse e molte aree cerebrali di una sola mente –, insomma tutti i variegati punti di vista apparentemente alternativi alla cultura dominante, financo quella sua parte che in ossequio quanto meno alle sue origini avrebbe dovuto distinguersi dal coro, hanno finito con l’assumere la stessa condotta di fronte all’avvenimento:

* o l’hanno semplicemente ignorato e considerato non degno di un’analisi più approfondita, senza prestare alcuna attenzione al suo straordinario rilievo;
* o hanno sostanzialmente condiviso le spiegazioni della storia ufficiale, sposandone ciecamente gli argomenti e promuovendone l’autenticità presso l’opinione pubblica internazionale;
* oppure in un crescendo surreale e grottesco insieme hanno infine osteggiato, avversato e deriso fino alla denigrazione tutti coloro che provavano, adducendo prove documentali e fatti conclamati, la responsabilità diretta e di primo piano del governo Bush nella pianificazione, organizzazione e infine realizzazione dell’intero evento.

    Questo variopinto arcipelago di soggetti e tendenze ha in genere fatto di tutto, poco importa se intenzionalmente, su commissione, o in ragione di una forma mentis irrimediabilmente subalterna, per far letteralmente sparire dalla scena il significato davvero epocale e dirimente di quel giorno, un segnavia storico che marca la fine della civiltà occidentale come l’abbiamo conosciuta finora e la dissoluzione della presunta supremazia culturale delle sue classi dirigenti. In altre parole, l’11 settembre implica il crollo completo dei loro miti originari e dei loro complessi, funzionalmente differenziati e ramificati in modo capillare in tutto l’organismo sociale, apparati ideologici, del loro intero sistema egemonico e del loro presunto primato politico-sociale. Scoprire d’un colpo che un universo di cultura ed istituzioni civili ospita al proprio interno, come parte integrante della propria natura, una logica criminale ed un nichilismo etico senza limiti che avrebbe lasciato attonito anche Machiavelli, non è cosa che capiti spesso nell’arco di tempo di una vita privata. D’altra parte, solo chi ha capito la tremenda posta in gioco insita nell’affaire può sperare di riemergere rinnovato, uomo nuovo, intellettualmente e moralmente, da quella tragedia tipicamente americana, più generalmente occidentale e in definitiva planetaria. Se è forse purtroppo vero che la storia – come diceva con fine animo di poeta Paul Valéry – non insegna rigorosamente nulla agli esseri umani (9), quell’esperienza ci addita tuttavia una realtà di cui è indispensabile tener conto quando si studia la società, i contegni dei suoi soggetti, i processi che mettono in moto e i fini che si propongono di perseguire.
Ovviamente, il fatto che il vero volto dell’Occidente sia venuto in primo piano l’11 settembre ed abbia ridotto in polvere la sua immagine convenzionale, di per sé non genera alcuna crisi del suo sistema di potere. Al contrario. Quest’ultimo aveva infatti anche pianificato in anticipo tutte le precondizioni perché tutto ciò non accadesse e questa eventualità fosse persino esclusa dal novero delle cose possibili. Tramite la macchina e il rullo compressore dei Megamedia, il controllo politico dei punti di vista alternativi, l’attiva acquiescenza dell’Europa e delle sue classi dirigenti, l’invenzione di mondi fittizi per le moltitudini planetarie, realtà suscitate letteralmente dal nulla e fatte vivere come vere alle masse metropolitane, l’unica chiave di lettura credibile e financo concepibile del reale è subito diventata quella ufficiale del governo in carica, circostanza che ha sepolto sotto l’apparente crisma della spiegazione pubblica autentica tutto l’affaire. La mente che ha concepito l’avvenimento (funzionale e dunque indispensabile ai suoi deliri geo-strategici complessivi), lo ha organizzato e portato a compimento con gelida determinazione, si noti il fatto, è anche lo stesso soggetto che poi genera la propria versione delle cose e la fa valere come l’unica possibile e corrispondente alla verità. Un contegno scientemente programmato di questo tipo, oltre ad essere perverso, rappresenta nel regno del dominio un preclaro esempio di logica che si conferma da sola in modo impressionante, giacché evoca in vita persino la realtà che poi gli servirà come pietra di paragone per corroborare le proprie prefabbricate spiegazioni del mondo.
    D’altro canto, all’epoca le diverse classi sociali si trovavano già da decenni si può dire in una condizione totalmente subalterna rispetto ai dominanti ed erano del tutto incapaci di intendere il contesto sociale artefatto in cui venivano e vengono fatte vivere. Per poterlo capire, difatti, bisognerebbe prima poter avere almeno intravisto i piani delle potenti agenzie di vertice che, nell’ombra e dietro le quinte del mondo osservabile, lo suscitano coi loro disegni, ne preformano i contorni visibili e ne scrivono poi i significati che verranno percepiti dalle moltitudini. Tali possenti apparati, di Stato o privati, di natura politico-ideologica o economico-finanziaria, si servono poi dei Megamedia di loro proprietà per suggellare con la realtà (dis)simulata che questi ultimi secernono le loro intenzioni e rendono dunque estremamente improbabile, se non impossibile, l’eventuale emergere delle loro ben occultate responsabilità. [...]
    L’11 settembre tuttavia, in pari tempo, ci ha anche chiarito il fatto che niente può più esser compreso con le categorie del passato. Di fronte ad eventi cosí dirimenti e spartiacque tra le diverse epoche del capitale, abbiamo bisogno di una vera e propria rivoluzione intellettuale per poterci rendere intelligibile il mondo odierno. La storia, la società, la cultura, lo Stato e i suoi apparati, i Megamedia attuali, il dominio del simbolico, privato e pubblico, la tecnologia e i sistemi di macchine di oggi, la logica politica e la sua intima e stabile simbiosi col crimine organizzato, il potere di fatto e l’ideologia della tecnica (giuridica e prescrittiva), ed infine – vertice sommo di questa differenziata e complessa totalità sociale – la scienza e i suoi sofisticati domini di conoscenza, non possono più essere interpretati con i vecchi schemi concettuali. (11)
Tutta la variegata civiltà liberal-borghese, con i suoi grandi sistemi d’idee codificati nelle sue diverse discipline accademiche, rese d’altro canto istituzionali (e dunque ufficiali chiavi d’accesso alla comprensione del reale) dall’universo onniabbracciante dell’Istruzione e della Formazione di base, superiore e universitaria, non può più spiegarci alcunché. Se mai una volta questo è stato il suo intento, oggi ben altri sono i suoi fini, completamente opposti al presunto ideale illuminista della tradizione europea.
    Lo stesso dicasi del resto del marxismo fiorito tra Ottocento e Novecento, a sua volta frazionatosi, in cordiale discordia, sia storicamente nella I, II e III Internazionale, nella socialdemocrazia europea e statunitense, nonché nei partiti comunisti dei cinque continenti, sia nelle diverse scuole di pensiero in cui si è ben presto diviso: filosofia, economia, sociologia, storiografia e quant’altro. La natura più autentica di tutta questa variegata cultura si rispecchia in modo fedele probabilmente in quello che Jago pensava di se stesso: Io non sono mai stata quello che sono (12).
Se un tempo si poteva forse credere che la prima avesse come sua missione, magari inconsapevole e involontaria, una qualche descrizione veritiera del mondo, oggi il suo primo scopo è divenuto piuttosto la sistematica dissimulazione della verità. Se tale metamorfosi può a prima vista sembrare sorprendente, nondimeno essa è intimamente ed estremamente funzionale ai cambiamenti nel frattempo intervenuti all’interno della società capitalistica.
Anche i mille marxismi odierni d’altra parte hanno messo capo a simili esiti. Nati con l’intenzione di rivoluzionare il mondo, sono oggi divenuti, per molte e diverse ragioni, parte integrante del sistema e del tutto incapaci di render conto della sua effettiva natura. Al contrario, caso mai. Tramite le loro stesse interpretazioni degli eventi e del reale, queste moderne dottrine laiche risultano essere del tutto funzionali all’establishment dirigente e completamente subalterne ai suoi disegni. Sono insomma divenute ideologie dei dominanti all’interno delle classi dominate. [...]
    Stando le cose come stanno, è ormai divenuto indispensabile far tesoro delle lezioni del passato e cambiare decisamente strada. Se a seguito delle due metamorfosi in questione si può senz’altro dire, in accordo anche col sofisticato principio di Jago, che ormai “la realtà non è quella che è”, la chiave di volta della rivoluzione intellettuale di cui abbiamo oggi bisogno è data senza alcun dubbio da una contestuale, profonda rilettura sia dell’effettivo status interno del pensiero scientifico, sia della natura del capitale e delle sofisticate mediazioni di cui si serve per riprodursi. Società e conoscenza nascono precisamente dalla ibridazione originaria di questi due domini ed assumono profili specifici e straordinari (id est, fuori dell’ordinario) precisamente grazie a questa loro comune fonte. [...]
La simbiosi iniziale, agli albori dell’epoca contemporanea, tra scienza e modo di produzione capitalistico, in altre parole, ha dato vita tanto ad un mondo socio-economico, quanto ad una forma mentis soggettiva, e dunque ad un sapere generalmente societario, totalmente differenti dai canoni del tutto convenzionali con cui vengono in genere rappresentati questi due dirimenti oggetti. Per entrambi vale l’avvertenza classica: la scienza ufficiale, la società attuale e financo la nostra attività cognitiva – prenda questa la forma dell’agire politico, delle convinzioni personali, del libero arbitrio, della volontà di decidere, della comprensione razionale del mondo, ecc. – non sono quello che sono. Per sperare di poterne capire la vera natura non ci resta altro da fare che avventurarci in tale terra incognita e tuffarci nel suo mare apparentemente senza riva.
    In questa sorta di ideale viaggio verso Itaca, il pensiero ermafrodita è la chiave virtuale che apre di fronte ai nostri occhi un paesaggio della mente completamente nuovo e ci fa varcare la soglia di un continente finora ignoto e sconosciuto ai nostri passi, mai visto prima. Per arrivarci, tuttavia, non avremo bisogno di solcare oceani e valicare montagne inaccessibili. La Terra Nuova in cui metteremo piede è già intorno a noi, vi siamo nati e ci è cresciuta intorno, come l’aria che respiriamo, in guisa di mondo invisibile, come se dentro la selva noi vedessimo sempre e solo gli alberi e mai la foresta in quanto tale. Del resto, come sappiamo dalla nostra stessa vita, se guardando qualcosa non vediamo niente, questo non vuol dire che niente ci sia. Lasciamo che siano le parole di un grande poeta e artista moderno, Juan de Mairena, a darci un ritratto impietoso del mondo, ben diverso da quello prevalente nelle società dell’Occidente: «el velo de la apariencia, aun multiplicado hasta lo infinito, nada vela, que tras de lo aparente nada aparece y que, por ende, es ella, la apariencia, una firme y única realidad» (13).
Una nuova analisi della ragione scientifica, nondimeno, conviene precisare, è stata resa possibile da una preliminare rilettura del modo di produzione capitalistico, da una differente spiegazione sia della sua natura, sia delle sofisticate mediazioni messe in atto dal capitale, a tutti i livelli della sua società, per riprodursi in modo anonimo tramite un’intera serie di distinzioni e categorie essenziali – il principio determinante, la logica post festum, la fatticità del reale, il principio volontà, il soggetto contemporaneo, l’ordine interno-la superficie esterna, e così via – le cui dirimenti funzioni verranno prese in esame, in dettaglio, al momento opportuno. La cosa veramente cruciale da mettere in risalto è invece il fatto che con la nascita del capitale, per sperare di poter capire la scienza nel suo intimo, non è più sufficiente riferirsi ad influenze esterne né a condizionamenti a posteriori né a priori proiettati da una qualsivoglia autorità, e neppure ad un suo qualche uso politico da parte di certi attori sociali. Nemmeno si ha a che fare con una dipendenza culturale degli scienziati dalla classe dominante, come se quest’ultima esercitasse sulla loro mente una sorta di allegorico imprinting tendente a far loro secernere pensieri conformi all’ordine costituito (in primis professionale, ovviamente), circostanza che per contro gli assicurerebbe prestigio personale, pingui emolumenti, rendite di posizione, privilegi accademici e quant’altro, e renderebbe persino possibile l’esercizio dell’arte attraverso il copioso flusso di finanziamenti con cui alimenta la Big Science (Laboratori imponenti, Centri di ricerca, Università, ecc.).
    Tutto questo ovviamente c’è stato, è tuttora presente ed è ben noto, ma non è di per sé determinante per spiegare la natura preordinata – alla fonte, laddove la conoscenza della natura nasce, si forma e fa emergere i materiali cognitivi con cui poi costruirà se stessa – della scienza. Il complesso contesto in causa, infatti, agisce a giochi già fatti, una volta che la sua architettura concettuale, il suo status a prima vista esclusivamente conoscitivo, si è già costituita nelle sue epoche pregresse, al momento della sua origine dalle ceneri della civiltà medievale. All’inverso di tutti quei vincoli estranei alla natura del pensiero scientifico, è la formazione stessa e il processo di sviluppo dell’intero organismo a portare impressa nel suo testo nucleico di tipo intellettuale l’impronta del capitale. In caso contrario, si dovrebbe supporre che una logica imperante al di fuori della ragione impersonale – quella occasionale e contingente dell’agire politico e del potere, delle lobbies e degli interessi costituiti – possa preformarne la sottile struttura teorica, il sofisticato sistema d’idee. Il che non può essere. Altrimenti dovremmo ammettere che il sapere e la comprensione del mondo reale, di forma eminentemente cognitiva e altamente simbolica, emergano da imposizioni e delibere discrezionali di un dato agente sociale esterno al mondo della scienza e con una razionalità completamente differente rispetto a quest’ultima. Se lo si facesse, svanirebbe nel nulla persino la possibilità di ogni interpretazione coerente dell’universo, giacché tutto si ridurrebbe alle decisioni arbitrarie di un qualche gruppo dirigente. Il che, di nuovo, vale a dire in maniera nuova, non può essere, giacché nella fattispecie ci si troverebbe di fronte ad un’istanza ignota e non spiegata – ad un potere di fatto, semplicemene assunto come tale, in guisa di presupposto indimostrato, senza aver in alcun modo provato da quali specifiche condizioni al contorno sia a suo tempo emerso, che fa valere i suoi imperatvi gratuiti nei confronti della scienza – come fonte sconosciuta della conoscenza. Il che è assurdo (anche se in effetti il surreale, come si vedrà, è moneta corrente e un ingrediente essenziale, e con funzioni dirimenti, nella logica dell’Occidente).
Render conto in modo originale e comunque in maniera radicalmente distinta rispetto al passato di che cos`è il capitale e come si riproduce, diventa dunque una indispensabile premessa per poter poi, al contempo cioè, prendere in esame la sottile e più profonda trama concettuale interna di cui consta la stoffa scientifica e da cui in seguito emergeranno gli eclatanti fenomeni tramite cui la comunità degli addetti ai lavori si mette al servizio del suo signore e padrone (il grande capitale e l’élite finanziaria che ne ha reso possibile l’esistenza).
   Un cimento di tale portata, impegnativo ed esigente com’è, e che implica letteralmente un profondo restyling e riordinamento dell’intero nostro modo di concepire il pensiero, esige l’abbandono definitivo dei modi di ragionare tradizionali, la fuoriuscita dalla palude del mondo fittizio costruito quotidianamente dai Megamedia intorno alla nostra mente, il superamento definitivo dell’attuale senso comune (che non funziona neanche più tra le quattro mura di casa, come si credeva una volta), l’abbandono irrevocabile dei vecchi modi d’intervenire negli affari sociali, degli argomenti preconfezionati – di un’agenda socio-politica ed economica complessiva, tra l’altro, previamente decisa, ai vertici del sistema, dai dominanti – diffusi a piene mani, quotidianamente e per 24 ore su 24, dai moderni apparati istituzionali del consenso e dai suoi singoli agenti (“di sinistra”, “di centro”, “di destra”, soprattutto ubiquitari, bisogna dire, oggi, ecc.), di secernere conoscenza del mondo, di studiare la realtà e di lavorare possibilmente per cambiarla. Se nel corso della via dubitassimo delle nostre forze, se ci sorgesse il sospetto di non essere in grado di condurre in porto questa sorta di Arca di Noè cognitiva, in cui quello che viene salvato e portato verso nuovi lidi, più che specie organiche di un antico regno animale e vegetale, è in primo luogo il nostro ingegno, quale migliore risposta ai nostri umani timori, quale miglior viatico intellettuale per tale viaggio verso terre incognite che la parola del poeta:
«¿Renunciaríamos a navegar, que es caminar entre las estrellas, porque las estrellas no pueden cogerse con la mano?». (14)

München, 17 maggio 2009

Franco Soldani




Note

(1) Cfr. il mio Il porto delle nebbie. 11 settembre 2001: perché gli ideologi “di sinistra” e i marxisti di tutte le latitudini condividono la storia ufficiale, Faremondo, Bologna, 2008. In occasione della prima Conferenza internazionale sull’11 settembre organizzata da chi scrive a Bologna nel settembre 2006 insieme a Emanuele Montagna, Gabriele Ciampichetti e Roberto Di Marco, ho pubblicato un opuscolo – La logica del principio determinante. L’11 settembre e il dominio del capitale nelle società occidentali – in cui censivo la vasta bibliografia di studi internazionali dedicata agli avvenimenti USA. [...]
(2) Cfr. GEAB: Collapse of the US dollar. Global sistemic crisis, in www.globalresearch.ca del 17 febbraio 2009; B. Gokay, The 2008 world economic crisis, in Globalresearch del 15 febbraio 2009; A US dollar conspiracy theory?, in Globalresearch del 4 febbraio 2009; M. Hudson, Finance capitalism hits a wall, in Globalresearch del 17 febbraio 2009; G. North, The looming collapse of European banking, in Globalresearch del 19 febbraio 2009; A. G. Marshall, The Bilderberg plan for 2009. Remaking the global political economy, in Globalresearch del 26 20 maggio 2009; M. Hudson, De-dollarization. Dismantling America’s financial-military empire, in Globalresearch del 13 giugno 2009; B. Chapman, How long can the dollar last as the world’s reserve currency?, in Globalresearch del 13 giugno 2009. [...]
(3) Cfr. W. Engdahl, Full spectrum dominance. Totalitarian democracy in the New World Order, Third Millennium Press, Baton Rouge (Louisiana), 2009; id., Power of money. The rise and fall of the American Century, Verso, London, 2009; M. Chang, The shadow moneylenders and the global financial tsunami, American Free Press, Washington, 2009.
(4) Cfr. M. Hudson, Super Imperialism. The origin and fundamentals of U.S. world dominance, Pluto Press, London, 2003; id., Global fracture. The new international economic order, Pluto Press, London, 2005; M. Chossudovsky, The globalization of poverty and the new world order, Global Research, Montreal, 2003; E. H. Brown, The web of debt, Third Millennium Press, Baton Rouge (Louisiana), 2008. [...]
(8) È sufficiente qui ricordare l’indegna lettera di appoggio al presidente Bush, per altri versi consona alle loro funzioni istituzionali e dunque estremamente professionale come impostura, dei 66 preclari accademici statunitensi, tra i quali non pochi membri del PNAC, poco dopo l’11 settembre. Un’analisi dei suoi argomenti e della sottile logica perversa che ne pervade la stoffa retorica si trova nel mio: 11 settembre e «full spectrum doninance». Potere e conoscenza nell’epoca del neoimperialismo, che è il testo da me presentato alla Conferenza di Bologna del 2006, a cui presero parte tra gli altri David Ray Griffin e Webster Tarpley.
(9) Cfr. P. Valéry, Regards sur le monde actuel, Gallimard, Paris, 1945, p.35. Secondo Marx, le società che si sviluppano nel corso del tempo hanno «la caratteristica di dimenticare la propria storia», in Per la critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, 1975, p.1117. Che poi questo oblio sia funzionale alle classi che organizzano e dirigono la loro riproduzione, è un’altra questione. [...]
(11) Per una rassegna del pensiero scientifico contemporaneo, alla esclusiva luce di quello che gli addetti ai lavori pensano di ciò che fanno e della conoscenza che secernono nel corso delle loro attività, mi permetto di rinviare il lettore al mio Le relazioni virtuose. L’epistemologia scientifica contemporanea e la logica del capitale, 2 voll., Uni Service, Trento, 2007.
(12) Cfr. W. Shakespeare, Othello. The Moor of Venice, Longman, London, 1993, p.11: I am not what I am. Ho usato la confessione del luogotenente di Otello in chiave di lettura del mondo odierno nel mio Il porto delle nebbie, cit., pp.105 e sgg.
(13) A. Machado, Juan de Mairena, vol. I, Catedra, Madrid, 1999, p.358.
(14) ibid. II, p.119.

prima edizione, ottobre 2009