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Milosevic: prima vittima della "custodia occidentale"

di K. Gajendra Singh* - 03/04/2006

Fonte: continente.altervista.org


Quelli che controllano il Presente, controllano il Passato
George Orwell

Dirigenti e media occidentali, controllati corporativamente negli USA e dominati dai governi nel Regno Unito e in Europa, stanno divertendosi un mondo dopo la morte, nelle carceri del tribunale dell'Aja, dell'eroe nazionalista serbo ed ex Presidente della Serbia e della Repubblica Federale di Jugoslavia, Slobodan Miloševic. Fianco a fianco, un altro tribunale "di canguri" creato dagli USA, contro tutte le norme e leggi internazionali, sta orchestrando un processo a Saddam Hussein, per titillare il pubblico occidentale, alimentato quotidianamente con sesso e violenza cruenta sui propri schermi cinematografici o televisivi.

I media occidentali descrivono Miloševic come il Macellaio dei Balcani, ma che dire dei ben noti macellai di Falluja, Baghdad, dell'Iraq e dell'Afghanistan sotto la cosiddetta "Operation Iraqi Freedom", ispirata da Dio? Quindi parlano di mullah, fondamentalismo islamico e terrorismo, che in ogni caso furono seminati, coltivati e fatti sbocciare sotto l'Occidente a guida statunitense nei vivai dell'Afghanistan, e lanciati fin dal marzo 2003 dall'invasione dell'Iraq.

Cos'altro potreste aspettarvi dai "Cinque Grandi", il conglomerato mediatico mondiale di Time Warner, The Walt Disney Company, Bertelsmann AG, Viacom e News Corporation, che oggi controlla approssimativamente il 90% dei titoli principali nel mondo? Tale controllo ha minato le fondamenta della democrazia negli USA. Ma per il resto del mondo, la guerra unidirezionale delle parole è tanto corrosiva e mortale quanto i danni collaterali delle premeditate guerre preventive.
Allan Little di BBC News, ha scritto da Belgrado che "Slobodan Miloševic è come un personaggio di Goethe. L'arco della sua vita, l'ascesa e la caduta, è faustiano. Strinse un patto con i demoni gemelli del nazionalismo balcano e della guerra. I demoni lo spinsero al potere e, per un po', ve lo mantennero. Ma egli ne perse il controllo, e quelli, alfine, lo distrussero". A dispetto dei milioni di cittadini britannici in marcia contro l'invasione a guida anglo-americana dell'Iraq nel 2003, la BBC ha concesso, nei suoi servizi, solo il 2% del tempo alle opinioni contro la guerra. I dirigenti nazionalisti non sono popolari presso i governi occidentali e i loro media.

Ramsey Clark, ex Guardasigilli statunitense, dopo aver reso onore alla salma di Miloševic a Belgrado, ha sostenuto che il processo per crimini di guerra a Miloševic, e il procedimento legale contro l'ex presidente iracheno Saddam Hussein, sono "difettosi". "Entrambi i comandanti sono stati abbastanza coraggiosi da combattere paesi più potenti", ha affermato Clark. "La storia proverà che Miloševic era nel giusto. Le accuse sono solo tali, delle accuse. Il processo non aveva fatti", ha insistito. "Miloševic è stato demonizzato. Ho veduto un'eccessiva demonizzazione di quest'uomo, specialmente da parte dei media", ha aggiunto Clark.
E' anche un futile tentativo occidentale di guadagnare punti strombazzando quanto Albanesi, Kosovari, Croati e persino Serbi abbiano sofferto sotto Miloševic. I Musulmani, ed anche i Musulmani balcanici, non sono sciocchi. Un diplomatico albanese mi ha recentemente confessato che si tratta d'una copertura, per nascondere le sofferenze infernali inflitte quotidianamente al popolo iracheno dalle forze d'occupazione occidentali, e i pluridecennali atti terroristici israeliani contro i Palestinesi, così definiti anche da un "alleato" degl'Israeliani come il primo ministro turco Tayep Erdogan.

Funerali di Miloševic

Citando un funzionario del Partito Socialista Serbo (PSS), la Xinhua riferisce che più di 50 delegazioni straniere hanno preso parte al funerale di Miloševic nel suo paese natale di Pozarevac, circa 80 km ad est di Belgrado. I dignitari includerebbero il dirigente del Partito Comunista Russo, Gennadij Zjuganov, il vice-presidente della Duma di Stato russa Sergej Baburin, Ramsey Clark, ed altri. Quasi 100.000 persone provenienti da Serbia, Montenegro e repubblica serba di Bosnia, pare fossero presenti alla cerimonia d'inumazione. Stando a stime non ufficiali, circa 80.000 persone avevano reso omaggio alla salma di Miloševic, esposta al Museo della Rivoluzione di Belgrado.
La Chiesa Ortodossa Serba, che sostenne Miloševic e il suo nazionalismo, terrà una cerimonia funebre a Pozarevac, cosa in qualche modo sorprendente per un uomo che non si pensava essere religioso.
La vedova e compagna politica di Miloševic, Mira Markovic, ora a Mosca ma con un mandato d'arresto pendente a Belgrado su di lei e il loro figlio Marko, non ha partecipato ai funerali. La figlia Marija, che vive nella vicina repubblica del Montenegro, ha dichiarato che il padre non avrebbe voluto essere sepolto nella casa di Pozarevac, appartenente alla famiglia di Mira, bensì avrebbe dovuto essere sepolto nel suo villaggio ancestrale in Montenegro.
Nel fare a pezzi una nazione multireligiosa, multietnica, multilinguistica e multiculturale creata dal maresciallo Tito per gli Slavi Meridionali, gli Statunitensi si sono aggregati alle nazioni europee-occidentali, i primi per distruggere la Jugoslavia, una nazione slava ortodossa in Europa, amica della slava ortodossa Russia, le seconde per rinnovare la propria influenza e controllo sui Balcani, la prima volta agguantata dai Turchi Ottomani, che per due volte bussarono alle porte di Vienna. Tale ricordo ancora offusca il giudizio europeo sull'entrata della secolare Repubblica Turca nell'UE.
Nel giugno 1991, la Slovenia e la Croazia si scissero dalla federazione, seguite dalle repubbliche di Macedonia e Bosnia-Erzegovina. Le larghe minoranze serbe in Croazia e Bosnia chiesero di restare nella Jugoslavia, fondando la richiesta sul medesimo diritto all'autodeterminazione invocato dai loro vicini Croati e Musulmani. I Serbi di Croazia cominciarono a organizzarsi autonomamente già a metà del 1990, e in ciò furono sostenuti dal governo jugoslavo. Il riconoscimento di Slovenia e Croazia da parte delle potenze europee fu la prima scintilla del fuoco che avrebbe consumato la Jugoslavia, e condotto al susseguente bagno di sangue nei Balcani.
Nel 1995, Miloševic negoziò l'Accordo di Dayton in nome dei Serbi Bosniaci. Azioni armate da parte di gruppi separatisti albanesi, e i contrattacchi della polizia e dell'esercito serbo nell'allora provincia autonoma del Kosovo, culminarono nella guerra del 1998, negli attacchi aerei della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia tra marzo e giugno 1999, e infine nel ritiro totale d'ogni forza di sicurezza jugoslava dalla provincia, oggi dominata da un vicerè europeo.
Dopo il collasso dell'URSS e la riunificazione della Germania nel 1991, un risorgente stato tedesco vide i propri interessi nei Balcani - storicamente nella sfera d'influenza germanica - meglio serviti dalla promozione della secessione slovena - la più prospera regione jugoslava - e croata.

Washington, che dapprima ostacolò l'intervento tedesco e la disintegrazione della Jugoslavia, si mise anch'essa all'opera per estendere la propria ambizione egemonica sui paesi dell'ex blocco orientale, e aprirli alla globalizzazione. Gli USA divennero il primo patrocinatore dell'indipendenza bosniaca, e in seguito appoggiarono il nazionalismo albanese e il separatista Esercito di Liberazione del Kosovo nel periodo che precede la guerra USA-NATO del 1999. Persino trasportarono i Jihadisti musulmani dall'Afghanistan per combattere i Serbi. Molti si sono colà sposati, e dunque divenuti "in sonno", una possibile minaccia per l'Europa stessa.
Quelli che conoscevano la storia e la politica jugoslava, avvertirono che questo lento spezzettamento della federazione jugoslava avrebbe inevitabilmente condotto alla guerra civile. La forgia di nuovi stati-nazione fondati sul nazionalismo etnico, comporta inesorabilmente la pratica chiamata "pulizia etnica".
Washington, avendo offerto il proprio sostegno alla dissoluzione della Jugoslavia, prese di mira la slava, ortodossa e filorussa Serbia, che difendeva lo stato unitario. Gli Statunitensi contrastarono la pulizia etnica solo quand'era condotta dai Serbi, mentre attivamente la sostenevano quando Croazia, Bosnia e Albanesi kosovari perseguivano l'identico scopo con i medesimi metodi sanguinosi.

Il tribunale stesso fu istituito e finanziato dalle stesse potenze che lanciarono la guerra illegale contro la Jugoslavia, e si macchiarono di palesi crimini di guerra - il bombardamento d'obiettivi civili - durante l'intervento. La giustizia dei vincitori!

Miloševic fu rovesciato il 5 ottobre 2000 da una rivoluzione di piazza patrocinata dagli Statunitensi. Fu arrestato e trasferito il 28 giugno 2001 all'Aja, su iniziativa del primo ministro installato dagli USA, Zoran Djindjic, a dispetto della veemente opposizione del presidente Kostunica, oggi primo ministro della Serbia. Djindjic firmò così, con quell'atto ignobile, la sua condanna a morte, e ben presto fu assassinato. A Belgrado fu promesso l'aiuto occidentale in cambio di quell'azione infame, ma la maggior parte fu bloccato dallo stile mafioso della nuova élite, con le condizioni delle masse (il 60% di disoccupati) sempre più critiche.
Il diplomatico indiano Chinmay Gharekhan, che fu consigliere di due Segretari Generali dell'ONU durante la guerra balcanica degli anni '90, nel suo libro sulle Nazioni Unite (The Hexagonal Table), ha osservato che nessuna delle parti in conflitto fu scevra di responsabilità per l'intensificarsi della violenza.

La Crociata occidentale - una replica ai giorni nostri

In una ripresa delle storiche Crociate occidentali contro il Jihad, l'attuale campagna a guida statunitense ha seguito l'antico cammino. La Cristianità occidentale contro l'Islam e persino contro la Cristianità Ortodossa orientale e le loro terre; con la sola differenza che rispetto alle prime Crociate, quando gli Ebrei furono macellati senza pietà dai Crociati, essi sono oggi alla guida dei Cristiani occidentali. Nella Quarta Crociata indetta da papa Innocenzo III nel 1198, l'esercito crociato saccheggiò Costantinopoli, capitale dell'Impero ortodosso bizantino, infliggendogli un colpo mortale e rendendo più facile ai Turchi musulmani la sua occupazione. Gli attentati dell'11 settembre furono sfruttati per stabilire basi statunitensi intorno alla Federazione Russa, ed autorità fantoccio sono state instaurate nell'ex spazio strategico russo, a cominciare dalla Serbia. Ciò è stato realizzato con successo in Georgia e Ucraina, con la prima incoraggiata a permettere ai ribelli musulmani ceceni d'utilizzarne il territorio contro la Russia. Gli ultimi Papi, alcuni inveterati viaggiatori per il mondo, e i capi della Chiesa Ortodossa Russa, successori di Bisanzio, rimangono ancora inconciliabili.
Perciò fu naturale, per la famiglia e il fratello di Slobodan Miloševic, trovare rifugio a Mosca. Ironicamente, fu l'ex primo ministro russo Černomyrdin, spedito a negoziare tra Miloševic e le forze NATO a guida USA - e riguardo ai cui ricchi conti correnti in banche occidentali ha lanciato accuse il "Financial Times", ma le minacce di citare in giudizio il giornale non hanno portato a nulla - colui che vendette Miloševic. Curiosamente Černomyrdin era ambasciatore russo a Kiev quando il filo-occidentale Viktor Juščenko, sposato con una ex impiegata al Dipartimento di Stato USA, fu instaurato al potere tramite la cosiddetta "Rivoluzione Arancione", al posto del filorusso Viktor Janukovič.

Processo a Miloševic

"Considero questo tribunale (un) falso tribunale, e (le) accuse false accuse. E' illegale, mancando dell'avallo dell'Assemblea Generale dell'ONU. Pertanto, non ho bisogno di nominare un difensore presso (un) organo illegale", dichiarò Miloševic all'inizio del suo processo, nel luglio 2001.
Quando il processo a Miloševic ebbe inizio, BBC, CNN ed altri canali occidentali diedero piena copertura alle accuse mossegli, ma censurarono e interruppero le trasmissioni quando Miloševic le rifiutò e cominciò con la sua contro-requisitoria. Analogamente, la trasmissione del processo a Saddam Hussein è apertamente censurata e persino mutilata per adattarla ai bisogni della propaganda occidentale; molte volte la sua voce è stata del tutto rimossa. Bella fine per l'onestà e l'integrità dei media occidentali...

Una valutazione oggettiva

Una delle poche voci ragionevoli in Occidente, John Laughland del "The Guardian", s'incontrò con Slobodan Miloševic nella sua cella all'Aja nel gennaio dello scorso anno, e come molti altri lo trovò cortese ed intelligente. "Vinceremo", gli predisse Miloševic. "La libertà è un valore universale. Non hanno alcuna prova contro di me".
Tali dichiarazioni scioccheranno quelli ai cui occhi Miloševic è stato demonizzato come "un dittatore nazionalista votato a creare una Grande Serbia razzialmente pura". Ma società civili dovrebbero essere riluttanti a giustificare condanne criminali basate su campagne d'odio.
"Il fatto è che i nemici di Miloševic non sono mai stati capaci di produrre una sola dichiarazione accanitamente nazionalista, o razzista, uscita dalla sua bocca, mentre nei quattro anni del suo processo a L'Aja non un solo testimone ha giurato ch'egli avrebbe ordinato crimini di guerra.

"Invece, i testimoni sfilati per L'Aja negli ultimi due anni circa, hanno certificato che non vi fu mai alcun genocidio in Kosovo, né alcun piano per espellere la popolazione civile di etnia albanese, e che Miloševic non può essere ritenuto responsabile per la dissoluzione della Jugoslavia e la conseguente guerra civile in Bosnia-Erzegovina".

Stabilire le responsabilità penali è una scienza esatta. Miloševic non era ancora in carica quando la Jugoslavia cominciò a disfarsi. Ante Markovic, un beniamino dell'Occidente, nel 1991 ordinò al (multi-etnico) esercito jugoslavo di combattere contro gli stati secessionisti, Croazia e Slovenia, e chi non l'avrebbe fatto? Quindi, gl'interventi occidentali non fecero che peggiorare la situazione.

Il pubblico ministero dell'Aja mosse l'accusa originale contro Miloševic per il Kosovo nel maggio 1999, al culmine dell'attacco NATO sulla Jugoslavia, per giustificare l'invasione. Un anno e mezzo dopo, e a quasi un decennio dagli eventi, le accuse inerenti Bosnia e Croazia furono aggiunte perché le insinuazioni della NATO riguardo il genocidio in Kosovo non avrebbero potuto reggere in una corte. "Ma anche le accuse su Bosnia e Croazia erano problematiche. Miloševic ha sempre negato responsabilità morali e legali per le atrocità commesse dai Serbo-Bosniaci, per esempio nel 1995 a Srebrenica, perché, in quanto presidente della vicina Serbia, non aveva autorità sulla Bosnia o i Serbo-Bosniaci. Sebbene egli avesse influenza sui Serbo-Bosniaci, v'è una bella differenza tra questo e la responsabilità penale.

"Se il Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia (TPIJ) fosse una vera e propria corte di legge, le accuse contro di lui sarebbero cadute già molto tempo fa. Sfortunatamente, è un organo altamente politicizzato, creato su iniziativa dei medesimi stati che avevano attaccato la Jugoslavia nel 1999, e i cui giudici si sono disonorati da soli piegando le regole per facilitare i compiti dell'accusa. Nel 2004, i giudici imposero un collegio difensivo a Miloševic, sebbene lo statuto del TPIJ affermasse che gl'imputati hanno il diritto di difendersi da soli, e benché sapessero ch'egli era troppo malato per affrontare il processo. Il 24 febbraio 2006, su insistenza dell'accusa, hanno rifiutato la richiesta di Miloševic d'essere trasferito in una clinica per le cure cardiache: è morto due settimane dopo.

"E' lesivo dei valori basilari della civiltà occidentale, che la procuratrice capo dell'Aja, Carla del Ponte, ora affermi che Miloševic sia scappato alla giustizia morendo, assumendo così che giustizia significhi non un regolare processo ma un verdetto di colpevolezza. Il giorno in cui crederemo ciò" conclude Laughland "avremo completamente abbandonato lo stato di diritto". L'Occidente è molto vicino a quel punto.
Carla Del Ponte, procuratrice capo dell'ONU per i crimini di guerra, ha dichiarato d'essere convinta che avrebbe ottenuto la condanna. "Mi dispiaccio inoltre per le vittime, le migliaia di vittime che stavano attendendo giustizia", aggiungendo che, secondo lei, sono state presentate prove a sufficienza contro Miloševic perché fosse riconosciuto colpevole di crimini di guerra.

L'UE ha chiarito che se la Serbia non coopera nell'arresto di Ratko Mladic e Radovan Karadzic, i presunti criminali di guerra serbo-bosniaci, i negoziati d'associazione del paese all'Unione saranno congelati. Un ricatto bell'è buono! E l'UE accetterà l'Albania e il Kosovo?
Assidui osservatori del Tribunale giudicano che Miloševic non fosse il solo elemento in gioco. "Il successo o fallimento del tribunale non dipende da un solo caso", sostiene Judith Armatta, ex osservatrice giudiziaria della Coalizione per la Giustizia Internazionale. "Non importa quanto fosse responsabile per il tragico decennio di crimini in Jugoslavia, dal momento che un solo uomo non può aver provocato tutto ciò da solo".

Lo storico Marko Attila Hoare, che lavorava come ricercatore nell'Ufficio della Procuratrice, ha scritto che la decisione di non perseguire tutti i membri dell'impresa criminale non fu una questione di mancanza di prove, ma piuttosto una decisione della Del Ponte stessa.
Alla fine di febbraio, Miloševic ha chiesto al tribunale d'emanare un mandato di comparizione contro l'ex presidente statunitense Bill Clinton affinché si presentasse sul banco dei testimoni, apparentemente con lo scopo di mostrare che Washington stessa era responsabile per crimini contro l'umanità avendo condotto una guerra illegale contro la Jugoslavia e condotto una pesante campagna di bombardamenti aerei contro obiettivi civili.

Nell'aprile 1999, Robert Fisk descrisse sul londinese "Indipendent" un'incursione aerea della NATO a guida statunitense su un obiettivo civile in Jugoslavia: "Sprofondato dentro il groviglio di cemento, plastica e ferro, in quella che una volta era la sala trucco vicina allo studio della Televisione serba, c'è tutto quello che rimane d'una giovane donna, bruciata viva da un missile della NATO esploso nella sala di controllo radiofonica. Nel giro di sei ore, la segretaria di stato [britannico) per lo sviluppo internazionale Clare Short, ha dichiarato il luogo un obiettivo legittimo. La scorsa notte al crepuscolo, 10 corpi spezzati - due dei quali femminili - sono stati estratti da sotto il cemento, un altro uomo è morto in ospedale ed altri 15 tecnici e segretari giacciono ancora sotto le macerie".

Un giorno prima l'editorialista del "New York Times", Thomas Friedman, aveva gracchiato: "Dovrebbe essere chiaro a Belgrado: ogni rete elettrica, tubatura dell'acqua, ponte, strada e fabbrica bellica va considerata un obiettivo". La stessa settimana il "Times" ha spiattellato in prima pagina: "La NATO comincia oggi il suo secondo mese di bombardamenti sulla Jugoslavia, con nuovi attacchi contro obiettivi militari che hanno distrutto centrali elettriche ed idriche civili"...

Reazioni alla "morte" di Miloševic

Il ministro della giustizia serbo Zoran Stojkovic ha confessato d'essere "scosso come persona", ed accusato il Tribunale delle Nazioni Unite per i Crimini di Guerra de L'Aja di non aver provveduto alle necessarie cure mediche per l'ex dirigente, che soffriva di pressione alta e problemi cardiaci.

"E' stato ucciso. Non è morto. E' stato ucciso. C'è un omicidio", ha dichiarato Marko Miloševic alla AP Television News arrivando in Olanda.
Miloševic aveva detto al suo assistente Milorad Vucelic: "Non preoccuparti: non mi distruggeranno né spezzeranno; sconfiggerò tutti loro", ma "era ovvio ch'egli fosse molto malato". Tuttavia, questo non sembra un uomo che medita di suicidarsi o assumere Rifampicin pur essendo sotto sorveglianza 24 ore su 24.

Il presidente del tribunale Fausto Pocar ha affermato che i risultati provvisori mostrano che Miloševic non è stato avvelenato, ma è morto per un attacco cardiaco.
L'alta pressione di Miloševic fu un problema fin dall'inizio del processo, ed è diventata sempre più difficile da controllare. I dottori del carcere hanno a lungo sospettato ch'egli non assumesse le sue medicine, o così sostiene Donald Uges, uno dei due tossicologi olandesi consultati per il caso. S'è suggerito ch'egli avrebbe ingerito l'antibiotico Rifampicin, per annullare l'effetto delle medicine contro l'alta pressione. Uges e i funzionari del tribunale hanno fatto trapelare che l'antibiotico sarebbe stato assunto intenzionalmente, introdotto da visitatori.
Ma un altro dottore, Barriot, ha confutato questa teoria, testimoniando come Miloševic lo abbia recentemente chiamato più volte , "molto ansioso per la sua pressione" e dubbioso che i secondini stessero dandogli il giusto medicinale - un dubbio che ha sollevato anche in tribunale. "Non aveva fiducia nelle droghe e nei trattamenti che gli venivano somministrati in prigione", ha concluso Barriot.

"Le sue condizioni mediche non erano buone, così abbiamo chiesto esami addizionali per valutare la situazione cardiaca", ha dichiarato la dott.sa Florence Leclerq, una cardiologa francese che aveva visitato Miloševic lo scorso novembre. "Ma questi esami non sono mai stati fatti, ed ora è un problema". Sebbene l'alta pressione, a lungo termine, finisca con il logorare il cuore, aumentando il rischio d'attacchi cardiaci, Miloševic non ne presentava - secondo la dott.sa Leclerq - alcun classico sintomo, come il dolore al petto. Quando ha saputo il verdetto dell'autopsia, s'è confessata sorpresa. "Ciò che turba, è che in quattro anni non sono mai stati fatti numerosi esami e controlli sul suo cuore", secondo il dott. Vukasin Andric, un serbo che a sua volta esaminò il sig. Miloševic il 4 novembre scorso.

Altri hanno fatto notare che la sua morte giunge meno d'una settimana dopo il suicidio, nella stessa prigione, di Milan Babic, durante la guerra dirigente dei Serbi della Krajina in Croazia.

"Abbiamo il diritto di non credere e di non avere fiducia in coloro i quali stanno conducendo quest'autopsia", ha affermato il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, al momento dell'annuncio che quattro patologi russi sarebbero volati a L'Aja. Meno d'una settimana prima, Miloševic gli aveva scritto d'essere stato avvelenato. In una lettera dell'8 marzo, accennava a tentativi di "distruggere la mia salute", dopo che i dottori avevano trovato [nel suo sangue] alte dosi di droghe che curano lebbra e tubercolosi. "Quelli che mi hanno imposto una droga contro la lebbra", s'è lamentato, "certo non possono curare la mia malattia".

I quattro esperti di medicina russi, che hanno raggiunto l'Olanda per esaminare i risultati, hanno affermato di non fidarsi delle conclusioni e delle cure che Miloševic ha ricevuto dalle autorità.

In qualsiasi altro luogo e tempo, il Tribunale dell'Aja e coloro che lo controllano sarebbero stati ritenuti direttamente responsabili della morte di Miloševic. Quest'è un altro capitolo nella nauseante litania delle aggressioni, demonizzazioni e atti criminali occidentali. Tutte le menzogne vomitate dalla propaganda occidentale non sono in grado di nasconderlo.

Avvelenamento di Yasser Arafat

Scrivendo sul "Gush Salom", lo scorso settembre, Uri Avnery ha affermato: "Per decenni, i media israeliani e occidentali hanno condotto, su disposizione del governo, una campagna massiccia d'odio e demonizzazione contro Yasser Arafat. Dopo la sua morte in una clinica di Parigi, i media, incluso Haaretz, hanno strepitato: Dottori, Arafat morto di Aids o avvelenamento. [La teoria dell'Aids è solo uno specchietto per le allodole - le medicine contro l'Aids sono utilizzate per coprire i veleni].

"La parola chiave è, ovviamente, Aids. Per tutto il lungo articolo non v'è traccia di prova per quest'accusa. I cronisti citano fonti nella sicurezza israeliana. Citano inoltre dottori israeliani che hanno udito da dottori francesi - un metodo originale per una diagnosi medica. Un autorevole professore israeliano ha persino scovato una prova definitiva: non è stato reso pubblico che Arafat s'era sottoposto all'esame dell'Aids. Vero, una équipe medica tunisina lo aveva visitato a Ramallah e il risultato era stato negativo, ma chi crederebbe a degli arabi?
"Ovviamente, i cronisti stessi sarebbero costretti ad ammettere che i sintomi di Arafat sono completamente incompatibili con quelli dell'Aids".
Con sommo disgusto, scrive Uri: "Ma, siccome ora tutte le dighe sono state aperte, sono pronto a dire quel che c'è nella mia testa: fin dal primo momento, sono certo che Arafat sia stato avvelenato.

"Molti dei dottori intervistati da Haaretz hanno testimoniato come i sintomi indichino l'avvelenamento, e, infatti, sono incompatibili con qualsiasi altra causa. Il rapporto dei dottori francesi, che hanno curato Arafat durante le ultime due settimane della sua vita, afferma che non è stata trovata alcuna causa conosciuta per la sua morte. In effetti, gli esami non hanno trovato alcuna traccia di veleno nel suo corpo - ma gli esami sono stati condotti solo per i veleni solitamente utilizzati. Non è un segreto che molti servizi nel mondo hanno sviluppato veleni che non possono essere rilevati, o le cui tracce scompaiono in un lasso di tempo molto breve".
Uri fa dunque l'esempio di come gli agenti del Mossad catturati ad Amman avessero avvelenato il capo di Hamas, Khaled Mash'al, con una piccola puntura, nel mezzo della strada principale di Amman, e la sua vita fu salvata solo perché il re Hussein domandò ad Israele di fornire immediatamente l'antidoto.

"Il caso Mash'al prova che i servizi segreti israeliani possiedono i mezzi per avvelenare la gente senza lasciare tracce. L'avvelenamento fu scoperto solo perché i perpetratori vennero colti in flagrante. Tuttavia, una probabilità, per quanto alta possa essere, non costituisce una prova. Al momento, non v'è prova che Arafat sia stato davvero avvelenato dai servizi israeliani". Anche altri possiedono veleni sofisticati.
Cambi di regime, una franchigia statunitense
Estratti da un mio articolo del 2 dicembre 2004, pubblicato sul Asia Times:
Un sacco di progetti, lavoro e denaro sono stati realizzati per disegnare un modello statunitense di promozione della democrazia nel mondo. Il primo successo del modello fu riportato in Serbia. Fondata e organizzata dal governo statunitense, che dispiegò consulenti, sondaggisti, diplomatici, i due grandi partiti americani e le organizzazioni non governative (ONG) statunitensi, la campagna sconfisse Slobodan Miloševic nell'urna, a Belgrado nel 2000.
Richard Miles, l'ambasciatore statunitense a Belgrado, giocò un ruolo chiave nella campagna per deporre Miloševic. Nel novembre dello scorso anno, come ambasciatore a Tblisi, Miles ha riapplicato lo stesso metodo con successo. Grazie al suo allenatore, Saakašvili, educato negli USA, ha rovesciato Eduard Shevardnadze. Quando l'ambasciatore statunitense in Bielorussia, Michael Kozak, un veterano in simili operazioni nel Centroamerica, in particolare nel Nicaragua, ha organizzato una campagna quasi identica per provare a sconfiggere l'uomo forte bielorusso, Aleksandr Lukašenko, ha fallito. "Non ci saranno Kostunica in Bielorussia", ha dichiarato il Presidente bielorusso, riferendosi al successo statunitense a Belgrado di dieci mesi prima.
Ma l'esperienza guadagnata in Serbia, Georgia e Bielorussia, è stata inestimabile per gli Statunitensi al fine di progettare l'operazione a Kiev. E' dunque facile capire una tale spontaneità ingegnosamente organizzata. L'operazione - costruire la democrazia attraverso l'urna e la disobbedienza civile, che sarebbe l'invidia anche d'un gandhiano - è ora così collaudata che tali metodi sono maturati in un modello per vincere le elezioni d'altri popoli. Situato nel centro di Belgrado, il Centro per la Resistenza Non Violenta, formato da ragazzi informatizzati, è pronto a ingaggiare e condurre operazioni per sconfiggere persino un regime che controlli media di massa, giudici, corti, apparati di sicurezza e stazioni di voto.
Il gruppo di Belgrado vanta un addestramento sul campo nel movimento studentesco anti-Miloševic, Otpor. Il marchio con una sola parola orecchiabile è importante. In Georgia l'anno scorso, il movimento studentesco parallelo era Khmara. Il Bielorussia, Zubr. In Ucraina, è Pora. Otpor aveva inoltre un motto semplice, potente, che nel 2000 appariva ovunque in Serbia - le due parole gotov je, che significano "è finito", con riferimento a Miloševic. Un logo rappresentante un pugno chiuso bianco e nero completava la magistrale campagna di marketing. In Ucraina, l'equivalente è un orologio ticchettante, anch'esso a segnalare che il regime di Kučma ha i giorni contati. Adesivi, pitture murarie e siti informatici sono le armi dei giovani attivisti. L'ironia e la commedia di strada sbeffeggiante il regime, hanno riscosso grande successo nel perforare la paura della gente e farne esplodere la rabbia. Forse solo gli attivisti di Piazza Tienanmen nel 1989 poterono godere d'un simile tipo di sostegno.

Ora l'Iran

Il gioco per franchigia continua. Lo "Asia Times" del 14 marzo 2006, riferiva come un Nilofar di nazionalità iraniana, che lavora per un'organizzazione internazionale a Tehran, fosse stato invitato ad un seminario sui diritti umani a Dubai, EAU. Gli organizzatori del corso si sono rivelati essere un miscuglio d'esuli iraniani residenti a Los Angeles, di americani che apparentemente supervisionavano il corso e la cui affiliazione è rimasta oscura, e tre serbi che dicevano d'appartenere al movimento democratico Otpor che rovesciò il presidente serbo Miloševic nel 2000.

Il seminario altamente segreto, fu annunciato fuorviantemente nell'atrio dell'albergo Holiday Inn come una conferenza del "Griffin Hospital", nella quale organizzatori, istruttori e studenti erano identificati attraverso pseudonimi e sono stati istruiti a comunicare l'un l'altro col servizio professionale e criptato di posta elettronica Hushmail. Gl'istruttori serbi hanno organizzato giochi di ruolo per ridicolizzare l'élite politica dei chierici shiiti e demonizzarli agli occhi della gente.
"Ci hanno insegnato i metodi da loro utilizzati per deporre Miloševic", ha raccontato Nilofar, "cosicché noi potessimo scegliere il migliore per rovesciare il regime, sebbene essi non abbiano mai parlato apertamente di abbattere il regime (in Iran) - ci hanno giusto insegnato cos'hanno fatto loro nel proprio paese".
"Gl'iraniani hanno continuato a bere e bere e bere", ha concluso Nilofar, "ed hanno fatto un sacco di telefonate interminabili, convinti che gli americani avrebbero pagato per loro. Ma alla fine, non l'hanno fatto". Appare abbastanza ovvio che l'idea sia quella d'agenti provocatori, come il movimento Otpor in Serbia, che utilizzando tecniche quali graffiti anti-governativi, exit polls inventati ecc., spingano il governo a condurre un'offensiva generale contro il movimento studentesco, che poi sarebbe presa a pretesto per "suscitare" una sollevazione di massa in Iran che appaia spontanea ed endogena.
Tali masse composte da giovani poveri, disadattati e disoccupati, dalla Serbia in avanti, sono solo carne da macello usa e getta nei giochi corporativi volti ad estendere la loro stretta sull'intero Globo. Non v'è penuria di capetti locali in stile mafioso, disposti ad agire da procuratori. Il processo del cambio di regime tramite la forza della piazza è stato documentato da "Guardian", "Global Search" ed altri. Io stesso ho scritto ampliamente su questi eventi.

Stando a "New Statesman", Jušcenko fu sostenuto copertamente da National Endowment for Democracy (NED), Carnegie Endowment for International Peace, Freedom House e Open Society Institute di George Soros, le stesse istituzioni che aiutarono a deporre Ševardnadze lo scorso anno. Il NED ha quattro istituti affiliati: International Republican Institute (IRI), National Democratic Institute for International Affairs (NDI), Center for International Private Enterprise (CIPE), e American Center for International Labor Solidarity (ACILS). Essi "forniscono assistenza tecnica agli aspiranti democratici nel mondo".
Scrivendo sul "International Herald Tribune" nel dicembre 2004, Tinatin Khidasheli, presidentessa dell'Associazione Georgiana dei Giovani Avvocati (un gruppo per i diritti umani), ed oggi docente alla Università di Yale, e che fu un'entusiasta partecipante alla "rivoluzione delle rose", ha raccontato come Saakašvili abbia utilizzato quest'anno per consolidare il suo potere, avviando emendamenti costituzionali che ridurranno i poteri del Parlamento, e garantendosi più poteri di qualsiasi altro presidente eletto in uno stato democratico.
E per quanto riguarda la libertà di parola nella Georgia odierna, "dozzine di media sono stati chiusi, incluse tre stazioni televisive. Persino popolari talk shows politici sono stati sospesi o rimpiazzati", ed altri tacciati di tradimento. Il direttore d'un giornale indipendente, senza precedenti per uso di droga, è stato arrestato in strada per possesso di stupefacenti dopo aver criticato un governatore regionale nominato da Saakašvili. La casa d'un membro del parlamento è stata perquisita senza mandato, "e la polizia ha dichiarato d'aver trovato un arsenale d'armi nel guardaroba del suo bambino". Bella fine per la libertà nella nuova Georgia.

Nel 1993, Viktor Jušcenko, in qualità di capo della Banca Nazionale d'Ucraina appena costituitasi, fece osservare l'usuale terapia choc del FMI, che contribuì solo ad impoverire l'economia, con un drammatico crollo dei salari reali, con i prezzi di pane, elettricità e trasporti moltiplicati rispettivamente di tre, sei e nove volte. Le condizioni di vita crollarono. Egli fu nominato primo ministro nel 1999 poiché il FMI promise dei prestiti in cambio. Chiuse parte delle basilari manifatture del paese e tentò anche di minare lo scambio bilaterale di petrolio e gas naturale con la Russia, chiedendo che questo commercio fosse condotto in dollari statunitensi, anziché attraverso il baratto di merci e servizi. Fu costretto alle dimissioni nel 2001, a seguito d'un voto di sfiducia del parlamento. "Viktor Jušcenko ha rispettato gli obblighi verso il FMI meglio e più accuratamente dei suoi doveri verso i cittadini e il proprio paese" - così Olena Makosjan, analista di Kharkiv, sul quotidiano centrista ucraino "Den'" (BBC Monitoring, 16 novembre 2004).

Il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko, che ci si aspetta vincerà ampiamente col 70% dei voti le elezioni di questo fine settimana [le elezioni del 17 marzo, che in realtà ha vinto con oltre l'80% dei voti, NdT], ha minacciato azioni rigorose contro la rivoluzione di piazza in stile "arancione". Gli osservatori stranieri sono stati rispediti all'aeroporto, e il KGB - che conserva il suo nome sovietico - ha dichiarato che le ambasciate georgiane in Lituania e Ucraina stanno tramando per destabilizzare il voto.
L'amministrazione Bush, che considera la Bielorussia un "avamposto della tirannia", ha pubblicato un dossier in cui sono specificate le finanze personali di Lukašenko e gli affari in armamenti della Bielorussia. L'UE e gli USA hanno accusato Lukašenko di negare la libertà d'espressione e controllare i media, minacciando "sanzioni mirate" nel caso, come si pensa, gli osservatori dichiareranno fraudolente le elezioni. L'UE sta creando una "stazione radio indipendente" in Polonia.
Se non altro, gli sforzi condotti dagli Statunitensi hanno impedito la naturale evoluzione verso maggiore libertà e democrazia, due parole molto abusate dai dirigenti statunitensi e britannici. Infatti, dopo l'11 settembre e il 7 luglio, i cittadini delle democrazie più ricche e più vecchie stanno perdendo le loro libertà e i loro diritti.

Meno libertà negli USA

Il "Boston Globe" ha riferito la settimana scorsa che quattro senatori repubblicani hanno presentato un provvedimento per istituzionalizzare il programma di sorveglianza del presidente Bush, considerato illegale.
Uno dei principali patrocinatori del provvedimento, il sen. Mike DeWine, ha affermato che "non darà carta bianca al presidente", bensì autorizzerà "un programma limitato, ma necessario".

La proposta è stata condannata, tra gli altri, dalla American Civil Liberties Union (ACLU), secondo la quale il provvedimento permetterà di "spiare le telefonate e la posta elettronica degli Americani per 45 giorni, senza la supervisione d'un tribunale, e rende il ricorso alla corte dopo questo periodo opzionale" - in violazione delle garanzie previste dal Quarto Emendamento contro le perquisizioni irragionevoli.
"Il Congresso non può approvare un programma illegale, fin tanto che così numerose domande rimangono senza risposta", ha affermato Caroline Fredrickson, direttrice dell'ufficio legislativo di Washington dell'ACLU. "Quando lo stato di diritto è stato infranto da qualcuno, specialmente da un presidente, la risposta appropriata è un'indagine completa e indipendente".

Il "New York Times" era a conoscenza da un intero anno dei controlli illegali autorizzati da George Bush, ma se n'era rimasto tranquillo.

Ora Blair dice che Dio l'ha ispirato a invadere l'Iraq

L'editorialista britannica Mary Riddel nota che "Blair sta finalmente realizzando il suo errore catastrofico". Ciò è in parte merito "delle madri, mogli e compagne che non hanno mai smesso di denunciare la follia di questo conflitto". "Le [Nazioni Unite] hanno detto no, ma Dio ha detto sì", rimarca la Riddel, riferendosi alla pretesa di Tony Blair d'essere stato ispirato da Dio. Suggerendo che il Primo Ministro non dovrà aspettare un giorno nel lontano futuro per essere giudicato delle sue azioni dalla divinità. Riddell l'ha buttata già chiaramente: "Non aspettare Dio. Saremo noi a giudicarti". Reg Keys, il cui figlio è stato ucciso in Iraq, ha accusato il sig.Blair di "usare Dio come un appiglio per giustificare un fallimento strategico totale", e giudica i suoi commenti "ripugnanti".
Alex Salmond, dello Scottish National Party, ha dichiarato che Blair "non sembra ispirato da Dio, ma piuttosto inguaiato, confuso e con un grande peso sulla coscienza". Ha osservato Salmond che "Dio non può considerarsi un co-autore della guerra in Iraq - George W. Bush ne fu il co-autore. [Blair] arriva solo qualche mese dopo il suo alleato politico", George Bush, "a proclamare che la sua decisione di muovere guerra all'Iraq sarebbe una missione ricevuta da Dio".
Ma questi dirigenti saranno mai processari per l'invasione dell'Iraq contro la carta dell'ONU, ch'è sfociata nella morte di duecentomila iracheni e la distruzione dell'economia dell'Iraq, oltre alla morte di più di 2311 soldati statunitensi in un'impresa immorale, ora tramutatasi in un incubo? Che dire dei crimini di Abu Ghraib, Guantanamo, Bagram, ed altri spediti ad essere interrogati in non precisate regione in Europa, o in altre nazioni amiche, dalla CIA?

Processo ai dirigenti statunitensi


Nel suo rapporto annuale su "Lo stato dei diritti umani nel mondo", l'anno passato Amnesty International (AI) descrisse la base navale statunitense nella Baia di Guantanamo (Cuba) come "il gulag dei giorni nostri", ed accusò i funzionari statunitensi di sfidare il diritto internazionale nel trattamento dei detenuti.
AI ha inoltre invitato i governi stranieri ad utilizzare il diritto internazionale per indagare il segretario alla difesa Donald Rumsfeld, il ministro della giustizia Alberto Gonzales ed altri presunti "architetti della tortura" a Abu Ghraib, Baia di Guantanamo ed altre prigioni, dove i detenuti sospettati di collusione con gruppi terroristi sono interrogati in violazione delle convenzioni di Ginevra e contro la tortura.
"Se tali indagini dovessero sostenere l'accusa, i governi dovrebbero arrestare qualsiasi funzionario acceda nel loro territorio, ed avviare un procedimento legale contro di lui", ha affermato William Shulz, direttore esecutivo della sezione statunitensi dell'agenzia internazionale per i diritti umani. Se gli Stati Uniti "continuano a sottrarsi al loro dovere" d'indagare gli alti vertici della catena di comando, sostiene Schulz, i governi stranieri dovranno difendere i loro obblighi verso il diritto internazionale indagando tutti gli alti funzionari statunitensi coinvolti. Oltre a Rumsfeld e Gonzales, la lista comprende: l'ex direttore della CIA, George Tenet; il ten. gen. Ricardo Sanchez, ex comandante delle forze statunitensi in Iraq; il magg. gen. Geoffrey Miller, comandante della Joint Task Force di Guantanamo; Douglas Feith, sottosegretario alla difesa.
Schulz sostiene che le Convenzioni di Ginevra e la Convenzione contro la tortura ed altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, vincola legalmente i paesi che le hanno firmate ad esercitare "giurisdizione universale" sulla gente sospettata d'averle violate. Certi crimini, tra cui la tortura, equivalgono - secondo Schulz - a offese contro l'umanità intera, cosicché tutte i paesi hanno il dovere d'indagare e perseguire i responsabili di tali crimini.
Il rapporto di AI "assurdo" secondo George Bush
Com'era prevedibile, Scott McClennan, addetto stampa della Casa Bianca, ha definito le accuse "non confermate dai fatti".
Il presidente Bush, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, ha dichiarato: "Conosco il rapporto di Amnesty International, ed è assurdo. Gli Stati Uniti sono un paese che promuove la libertà nel mondo", ed ha aggiunto che Washington "ha indagato ogni singola lamentela contro [sic] i detenuti". "Sembra che [Amnesty] basi alcune delle sue decisioni sul mondo ed accuse, su gente ch'era detenuta, gente che odia l'America, gente [che] ch'è stata istruita in alcuni casi a smontare [sic] - cioè a non dire la verità", ha proseguito Bush. "E dunque è un rapporto assurdo. Questo è quel che è" [se non fosse che pochi nel mondo credono a Bush].
In precedenza il vice-presidente Dick Cheney aveva risposto al rapporto di Amnesty, in un'intervista con la CNN, dicendo: "Giacché Amnesty International suggerisce che in qualche modo gli Stati Uniti siano violatori dei diritti umani, io francamente non li prenderò sul serio".
"E' in corso un vero tambureggiamento da quando Amnesty ha pubblicato il suo rapporto. Sembra che vi sia un tentativo di mettere a tacere i critici", ha notato AI. Mentre i media corporati come il "Washington Post", di norma un difensore dei gruppi indipendenti sui diritti umani, ha contestato la rappresentazione come improduttiva, la redazione neoconservatrice del "Wall Street Journal" l'ha saltata a pie' pari come "un ulteriore segnale della degradazione morale di Amnesty International", le cui ultime accuse "costituiscono propaganda filo-Al Qaeda".
Ma allora Cheney sosteneva che vi fossero ADM in Iraq, che Baghdad fosse alleata con Al Qaeda e che stesse cercando d'ottenere uranio dal Niger. Tutte queste accuse si sono rivelate false, grazie agli stessi ispettori statunitensi degli armamenti. Il suo stesso ufficio fece trapelare il nome d'una agente della CIA per vendicarsi del suo sposo, l'ex ambasciatore statunitense Wilson, che aveva denunciato l'affaire Niger come un falso. L'aiutante-capo di Cheney, Scooter Libby, è stato accusato di falsa testimonianza in quel caso, e sarà processato.

Amnesty non cede

Ma Amnesty non ha ceduto terreno. "A Guantanamo, gli USA hanno creato un campo di prigionia isolato, nel quale la gente è confinata arbitrariamente, tenuta quasi in isolamento, senza accuse, condanne né processo. Non un singolo detenuto di Guantanamo ha visto il suo incarceramento legalizzato da una corte", a dispetto d'una decisione della Corte Suprema, lo scorso anno, che andava in tal senso.
"Vale inoltre la pena di far notare", sottolinea Schulz, "che quest'amministrazione non ci ha mai trovati assurdi quando abbiamo criticato Cuba o la Cina, o quando condannammo le violazioni in Iraq sotto Saddam Hussein".
Ad attirare critiche è anche l'insistenza di Bush e Cheney che siano stati i detenuti stessi a confezionare gli abusi riportati.

Un'occhiata dentro Guantanamo

A New York, il 15 marzo 2006, gli avvocati rappresentanti dei detenuti di Guantanamo al Center for Constitutional Rights (CCR), hanno reagito alla prima lettera d'un detenuto suicida mai declassificato dal Governo statunitensi, accusando l'Amministrazione Bush d'indurre i detenuti al suicidio tramite detenzione indefinita, maltrattamenti e tortura. La lettere sconvolgente di Jumah Al Dossari, un cittadino del Bahrein trovato impiccato dal proprio avvocato in un tentativo di suicidio a Guantanamo nell'ottobre 2005, descrive come le orribili condizioni del confino di Jumah e l'indefinitezza dei tempi di detenzione l'abbiano condotto ad attentare alla sua stessa vita. Nella sua lettera, Jumah cerca di "far sentire la mia voce al mondo dalle profondità dei centri di detenzione", e implora "i giusti in America a riguardare la situazione e tentare d'avere un momento di verità".
"Questa sconcertante nuova lettera, rivela un uomo portato sull'orlo dell'autodistruzione dalle inumane politiche governative di detenzione indefinita e maltrattamento - che colpiscono centinai di persone che non sono accusate d'un crimine e neppure hanno subito il più sommario processo", ha affermato la vice-direttrice legale del CCR, Barbara Olshansky.

USA totalmente isolati sulla nuova entità ONU sui diritti umani

I dirigente statunitensi non smettono mai di battere sul fatto che parlano a nome della comunità internazionale (di solito, USA, Regno Unito e pochi altri), ma la settimana scorsa, contro la dura opposizione di Washington, le Nazioni Unite hanno votato, con una maggioranza schiacciante, per l'istituzione d'un nuovo ente finalizzato alla promozione dei diritti umani nel mondo. Mentre 170 paesi hanno sostenuto il nuovo ente, USA, Israele, Isole Marshall e Palau hanno votato contro di esso.

(traduzione di Daniele Scalea)

Fonte: Al Jazeera, 19 marzo 2006

*K. Gajendra Singh è stato ambasciatore dell'India in Turchia e Azerbaijan tra il 1992 e il 1996. Prima di quel periodo, aveva servito nello stesso ruolo in Giordania (durante la Guerra del Golfo 1990-91), Romania e Senegal. Attualmente, è presidente della Fondazione per gli Studi Indo-Turchi. Collabora con EURASIA. Rivista di Studi Geopolitici.