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Gli Stati Uniti imperiali e l'Europa irrilevante

di Sergio Romano - 31/10/2009


Non credo di avere scritto
che l’irrilevanza dell’Europa avrebbe «costretto o indotto» l’America ad assumere un atteggiamento imperiale. Penso che gli Stati Uniti siano sempre e comunque «imperiali», anche se il loro stile è alquanto diverso da quello dell’imperialismo tradizionale e lo stile di Obama diverso da quello di Bush. L’irrilevanza dell’Europa, nel 2003, fu il risultato delle nostre divisioni.
L’Ue aveva l’autorità morale necessaria per dire agli Stati Uniti con franchezza che la guerra contro l’Iraq era un errore e che avrebbe complicato la lotta al terrorismo piuttosto che semplificarla. E aveva il diritto di ricordare aWashington che gli effetti di quella sprovveduta politica americana sarebbero ricaduti su regioni con cui l’Europa ha rapporti di contiguità territoriale e complementarietà economica.
Non sono certo che un pronunciamento europeo avrebbe fermato l’America di Bush sulla soglia della guerra. Ma avrebbe conferito all’Ue un profilo politico di cui avrebbe potuto valersi negli anni seguenti per mitigare gli effetti della politica americana.
Oggi la situazione è alquanto diversa. L’America è responsabile di un’altra crisi che ha fortemente destabilizzato l’economia mondiale, ma Obama sta cercando di correggere gli errori del suo predecessore.
È giusto dargli una mano.
Ma gli europei lo stanno facendo con lo stile dei gregari, degli attendenti, degli scudieri, dei «portatori d’acqua». Aspettano che Washington decida come affrontare una particolare questione (Afghanistan, Iran, Palestina, relazioni con la Russia) e si limitano ad accompagnare lo sforzo americano con la loro solidarietà e, dove occorre, con il loro voto. Potrebbero avanzare le loro proposte, assumere posizioni originali, prendere iniziative, recitare quando necessario il ruolo del mediatore. Ma sono dominati dal timore di spaccarsi ancora una volta, come nel 2003, e preferiscono attestarsi sul minimo comune denominatore della posizione americana.
Questo minimalismo europeo paralizza l’Ue e le impedisce di cogliere un’occasione, rispondere a una sfida o parare un colpo. Ecco un esempio.
Il G8 sopravvivrà come un «ente inutile» e sarà una sorta di residuo fossile di un’epoca in cui gli affari del mondo furono gestiti, anche se con modesta efficacia, da un consiglio di amministrazione composto da Stati Uniti, Europa, Giappone e Russia. Nel G20 la presenza dell’Europa sarà inevitabilmente diluita in un contesto più vasto e sarà quindi complessivamente meno importante di quanto fosse nel G8. Che cosa ci converrebbe maggiormente? Mandare al G20 un gruppetto di Paesi europei in cui ogni Paese cercherà di conquistare qualche briciola di visibilità? O mandare al G20, in nome dell’Ue, l’Alto Rappresentante della politica estera previsto dal Trattato di Lisbona? Temo che sceglieremo la prima strada e che ci saremo condannati così, una volta di più, all’irrilevanza.