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Science for peace

di Stefano Di Ludovico - 16/11/2009

   


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I prossimi giorni si terrà a Milano la conferenza mondiale “Science for peace”, organizzata dall’omonimo movimento internazionale fondato da Umberto Veronesi allo scopo di mettere la scienza al servizio della promozione della pace e della prevenzione dei conflitti. La conferenza vedrà riuniti insieme nel capoluogo lombardo Nobel per la pace e scienziati di varia estrazione. “Science for peace nasce perché il linguaggio della scienza è un linguaggio universale – afferma il celebre oncologo - Dobbiamo considerare l’inevitabilità dell’abbandono degli armamenti a favore di processi e programmi di pace. Per questi motivi vogliamo mettere la scienza al servizio della pace”. Prosegue Veronesi: “Come medico ho condiviso in prima persona per lunghi anni l’esperienza del dolore. Mi sono reso conto sempre più profondamente che il primo bisogno dell’uomo è l’eliminazione della sofferenza. Per questo ogni medico è pacifista. […] Gli Stati Uniti nel 2007 hanno speso per l’esercito 547 milioni di dollari e l’Italia ne ha spesi 33. Per la ricerca contro il cancro, che causa 150mila morti ogni anno, il nostro paese spende ogni anno l’equivalente di 225 milioni di dollari. E non è solo una questione di denaro. I malati di cancro vanno ancora a finire nelle corsie di ospedale a otto letti, ma i nostri carri armati sono lucidi e ben oliati. Abbiamo più a cuore le armi che i malati?”
Questi, al di là di certo ingenuo semplicismo vetero-sessantottino che sembra riecheggiare in tali parole (della serie: “facciamo l’amore e non facciamo la guerra”…), i nobili propositi di Veronesi, non nuovo del resto all’impegno civile ed alle battaglie politiche e sociali, anche a partire dall’incarico istituzionale che riveste da diversi anni in qualità di senatore della Repubblica. Uno scienziato in trincea, quindi, erede ed esempio tra i più luminosi di quella tradizione positivista occidentale che vuole la scienza non confinata ad una ricerca teorica fine a se stessa bensì schierata in prima linea per il benessere ed il progresso dell’umanità.
Così Veronesi non ha mai mancato di intervenire e dire la sua sui temi etici e sociali più delicati e disparati, impersonando al meglio il ruolo oracolare e salvifico che la società assegna oggi agli scienziati, novelli “papi” soliti, proprio come i papi della Santa Romana Chiesa, pontificare un po’ su tutto, convinti come sono che solo la scienza possieda la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi. Proviamo a ricostruire, allora, qual è la visione dell’uomo e della società che Veronesi in questi anni ha difeso e propugnato, visione che, immaginiamo, costituisca la base, il punto di riferimento, per quell’azione volta a favorire, come dice Veronesi, l’“eliminazione della sofferenza” e la costruzione di un mondo di pace. E se è già lecito nutrire qualche dubbio sull’effettiva “universalità” del linguaggio scientifico, la cui razionalità nella nostra epoca più che della pace è stata messa al servizio di mostruosi progetti di morte, progetti non disgiunti dal disegno complessivo volto proprio alla definitiva eliminazione della “sofferenza” dalla faccia della terra secondo il dogma dell’utopia positivista moderna, la visione che ne risulta lascia alquanto perplessi se non, per molti aspetti, addirittura esterrefatti.
Qualche tempo fa, intervenendo in merito alle polemiche che periodicamente animano il nostro paese a proposito dei diritti delle coppie omosessuali, Veronesi se ne uscì con queste dichiarazioni: “La specie umana si va evolvendo verso un modello unico. Le differenze fra uomo e donna si attenuano. L'uomo non dovendo più lottare come una volta per la sopravvivenza, produce meno ormoni androgeni, la donna, anche lei messa di fronte a nuovi ruoli, meno estrogeni e gli organi della riproduzione si atrofizzano. Questo, unito al fatto che, fra fecondazione artificiale e clonazione, il sesso non è più l'unica via per procreare, finirà per privare del tutto l'atto sessuale del suo fine riproduttivo. Il sesso resterà, ma solo come gesto di affetto, dunque non sarà più così importante se sceglieremo di praticarlo con un partner del nostro stesso sesso”. Non si trattava di una semplice constatazione: per Veronesi tutto ciò costituisce un segno di progresso e di civiltà, quindi una realtà auspicabile e da promuovere, “perchè nasce dalla ricerca della parità dei sessi e porta verso una maggior libertà dagli stereotipi e dai pregiudizi”. Abbiamo letto bene: per Veronesi le differenze tra uomo e donna, l’attrazione tra i sessi dovuta alla loro polarità e complementarietà, fondamento dell’universo sociale e simbolico di tutte le civiltà, sono un semplice retaggio di un oscuro passato, fatto di stereotipi e pregiudizi; stereotipi e pregiudizi che con la riproduzione artificiale di esseri sessualmente “neutri” saranno destinati a scomparire. Magnifiche sorti e progressive…: finalmente tutti i dissidi e le tensioni che la polarità uomo-donna ha nella storia comportato – l’attrazione è anche repulsione e l’amore è sempre al tempo stesso “guerra” perché “tutto è unità degli opposti” diceva il vecchio Eraclito - saranno superati con l’avvento del “modello unico”! Del resto, non è solo la distinzione tra uomo e donna che è prossima a scomparire, ma ogni distinzione tra razze, stirpi ed etnie, che finora hanno popolato il mondo arricchendolo di mille colori e sfumature: con l’avvento della società multietnica – ha avuto modo di sostenere Veronesi a proposito dei problemi suscitati dai fenomeni migratori dei nostri tempi – si arriverà pian piano all’avvento di un'unica “razza”, di un unico tipo umano, meticcio o di “colore” non meglio precisato, destinato così a porre fine ai conflitti ed agli attriti che l’incontro tra le diversità spesso porta con sé. Dopo la fine della polarità uomo-donna, un altro decisivo passo avanti per la pace universale!
Sappiamo però che a scatenare guerre e conflitti in giro per il mondo sono innanzi tutto cause di natura economica: la povertà ancora la fa da padrona in intere aree del pianeta, e anche su ciò Veronesi non ha mancato di far sentire la sua voce. “Tutti vegetariani. E’ la battaglia che farò in Senato” – ebbe a dichiarare nel maggio dello scorso anno, a partire dalla constatazione che “in Cina e in India è aumentato il consumo di carne, così come non si ferma in Occidente. I conti non tornano. Sei miliardi di abitanti, tre miliardi di bovini da macello (ogni chilo di carne brucia 20 mila litri d'acqua), 15 miliardi di volatili da alimentazione, produzione di combustibile dai cereali. Tra un po' non ci sarà più cibo. Grano, soia, riso, mais costano sempre di più e vanno a ingrassare gli animali da allevamento. Dobbiamo fermarci ora. Primo passo: diventare vegetariani, o quasi”. In poche parole, secondo Veronesi, dovremmo tutti rinunciare al consumo di carne perché con tutti i soldi che spendiamo per le bistecche potremmo sfamare i bambini del Terzo Mondo; tesi, questa, tra l’altro sostenuta da numerose associazioni ambientaliste e terzomondiste. Anche qui, appare quasi superfluo sottolineare l’assurdità di una simile posizione e come essa sia espressione della più aberrante mentalità tecnomorfa: invece di porre rimedio alle distorsioni del modello di sviluppo tecnocratico con il recupero di modelli sociali più in sintonia con la natura, si propone di venirne a capo alterando ed artificializzando ancor più la natura umana, in questo caso negando il suo carattere onnivoro a favore di un innaturale vegetarianismo, per altro imposto, o quanto meno vivamente consigliato (magari attraverso una sapiente campagna di “pubblicità progresso”…), a tutti, secondo la tipica logica totalitaria ed intollerante della mentalità moderna per cui ciò che è bene per me deve essere, con le buone o le cattive, bene per tutti. Stai a vedere che adesso, poiché anche per l’agricoltura si spendono un sacco di soldi con i quali si potrebbero sfamare le popolazioni indigenti, non potremo più nemmeno magiare frutta e verdura, e saremo costretti a nutrirci di soli cibi artificiali prodotti in laboratorio a costi nettamente inferiori! Veronesi del resto ci ha già pensato: è da tempo un convinto sostenitore degli ogm, i cibi geneticamente modificati, con i quali, grazie ai bassi costi di produzione e la facilità di coltivazione, potremo invadere il Terzo Mondo e conquistarlo finalmente allo sviluppo. Veronesi non sembra davvero fermarsi davanti a nulla: del resto, se per lui è auspicabile il concepimento di bambini in laboratorio, ci vogliamo preoccupare di qualche pannocchia di granturco? E voilà, un altro tassello per la costruzione della pace nel mondo è messo a posto!
E che la scienza debba rimodellare, riplasmare la natura, sino a trasfigurare lo stesso corpo umano al fine di farne una “macchina” perfetta, è da sempre uno degli imperativi della medicina moderna di cui Veronesi è tra i guru più ascoltati e riconosciuti a livello internazionale. Tra le altre sue stravaganti proposte, ricordiamo ad esempio quella di far circoncidere i bambini, perché a suo dire il prepuzio sarebbe responsabile della trasmissione di malattie infettive: tutti vegetariani, tutti circoncisi (anche se visto il vantaggio della riproduzione artificiale, a questo punto ce lo potremmo pure tagliare completamente… Ah, no, perché mai: si atrofizzerà naturalmente nel corso dell’evoluzione verso il “modello unico”!). Allo stesso modo il sommo oncologo è stato uno dei più strenui oppositori della Legge 40, la legge che ha regolato la fecondazione assistita in Italia mettendo fine al far west riproduttivo tra uteri in affitto, banche dello sperma e diavolerie simili. Dulcis in fundo, l’eutanasia, di cui Veronesi si proclama fiero sostenitore, quell’eutanasia spacciata dai suoi fautori come garanzia di libera autodeterminazione da parte dell’individuo e che in realtà in altro non si tradurrebbe, così come vorrebbero imporcela, che nell’estensione del potere ormai sempre più pervasivo della casta medica sulle nostre esistenze dalla vita alla morte stessa: non possibilità, infatti, per chiunque di chiedere di farla finita quando e come meglio gli aggrada, ma potere concesso alla commissione di “esperti” di turno di definire, dopo quella di “morte”, anche la nozione di “vita”, ovvero di “vita degna di essere vissuta”, venuta meno la quale si potrà gentilmente chiedere a lor signori di mandarci all’altro mondo. Per tutti gli altri, le “cure” continuano. Del resto, se l’uomo è una “macchina”, fin quando funziona, la manutenzione è d’obbligo; quando non c’è più niente da fare, ti portano dallo sfasciacarrozze.
Bastano questi esempi per capire quale mondo, quale società, quale “pace” siano quelli auspicati da Veronesi e per i quali egli si è sentito in dovere di scendere in campo mettendo a disposizione le sue competenze “scientifiche”: un mondo progressivamente sottratto alla “natura” ed affidato interamente alla Tecnica; un mondo sempre più “artificiale”, dove l’omologazione e la standardizzazione, la tanto celebrata “universalità” del linguaggio tecno-scientifico, avranno fatto tabula rasa di ogni pluralismo, di ogni alterità, di ogni diversità biologica e culturale. “Un tempo eravamo uomini e donne, bianchi e neri, belli e brutti – si insegnerà nelle scuole – Poi ci siamo evoluti…”. In un mondo siffatto, effettivamente, non ci sarà più posto per la “sofferenza”, per il dolore, per il “male”, perché non ci sarà più posto per la gioia, per la felicità, per il bene; non ci sarà più posto per le emozioni, per i sentimenti, per le passioni in genere. Perché gli esseri che popoleranno questo mondo, esseri che a fatica, come lo stesso Veronesi sembra volerci dire, potremo ancora chiamare “uomini”, completamente anestetizzati, anaffettivi, amorfi, di tali dimensioni dell’esistenza non conserveranno probabilmente neanche il ricordo. Un mondo di androidi, di umanoidi, di cyber-uomini, in cui sembrano prender forma le inquietanti distopie descritte dalla letteratura fantascientifica e transumanista.
Ecco il mondo che la “scienza” ci sta preparando, ecco la “pace” che il senatore Veronesi, dall’alto della sua reputazione e della rispettabilità bipartizan che si deve all’uomo di scienza, all’indiscutibile benefattore dell’umanità, va costruendo, in un’Italia dove si ha ben altro a cui pensare, dove i maître à penser della sedicente opposizione sbraitano e si agitano convinti in cuor loro che gli unici problemi del bel paese, dell’Occidente e dell’orbe terraqueo tutto siano Berlusconi, le escort e il conflitto d’interessi. Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace… Perché se questa è la “pace” che la scienza vuole, essa è proprio la pace del deserto, il deserto delle nostre esistenze, il deserto della nostra umanità, della nostra vita che è tale proprio per il suo carico di gioie e di dolori; gioie e dolori che da sempre hanno accompagnato il cammino dell’uomo e che soli possono conferirgli un senso. Se questa è la pace, ci vien quasi da dire, come direbbero a Roma: aridateci ‘a guerra, quella guerra “madre di tutte le cose”. Madre naturale, vogliamo sperare…