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Il maestro sufi

di Shams Al-Urafa - 05/04/2006

Fonte: innernet.it


Il ruolo del maestro sufi, verso il quale bisogna compiere una resa perfetta, e la sua funzione nel portare il discepolo dallo smarrimento nel mondo della molteplicità alla contemplazione nel mondo dell'Unità, sono bene esemplificati nel testamento spirituale di Shams Al-'Urafâ', uno dei principali maestri sufi persiani.

Traduzione verso l'inglese di Seyyed Hossein Nasr

Il ruolo del maestro sufi, verso il quale bisogna compiere una resa perfetta, e la sua funzione nel portare il discepolo dallo smarrimento nel mondo della molteplicità alla contemplazione nel mondo dell’Unità, sono bene esemplificati nel testamento spirituale di Shams Al-‘Urafâ’ (Il sole degli gnostici), uno dei principali maestri sufi persiani. Shams Al-‘Urafâ’ descrive l’incontro con il suo maestro e le trasformazioni successive. Seyyed Hossein Nasr

Questo umile “faqîr”, Sayyd Husain ibn al-Rida al-Husainî al-Tihrânî al-Ni‘matullâhî, è stato benedetto dal favore divino nell’anno 1303 [dopo l’Egira], quando ho incontrato Sua Graziosa Altezza, il modello degli gnostici e il polo di orientamento per i viandanti nel Cammino, l’onorevole direzione delle preghiere Shaikh ‘Abd al-Quddûs Kirmân-shâhî. A quell’epoca, la mia attenzione era volta allo studio delle scienze formali [tradizionali], e possedevo delle conoscenze sulla medicina, la filosofia, la matematica, la geometria, l’astronomia e l’astrologia, la giurisprudenza e i suoi principi, la grammatica, la geografia e la prosodia, mentre le mie occupazioni erano lo studio e l’insegnamento. Ma ignoravo i problemi del Sufismo e le leggi della povertà spirituale e della gnosi; non conoscevo la scienza della verità e le complessità della conoscenza Divina. La mia attenzione era rivolta esclusivamente ai problemi delle scienze formali e ai dibattiti e le discussioni sui libri di testo; non alla contemplazione, l’abbellimento e la purificazioni interiori. Non facevo sforzi sul cammino della purificazione dell’anima e della pulizia dell’essere interiore, ritenendo che la via per conoscere la verità altro non era che lo studio delle scienze formali.

Grazie alla Divina Grazia e all’aiuto dei Puri Imam – sia pace a loro – ho incontrato il grande uomo, nella data summenzionata, vicino Imâm-Zâdih Zaid. Egli ha fatto con me ciò che ha fatto. Di nuovo, a distanza di una settimana, sono stato benedetto dalla sua presenza vicino Imâm-Zâdih Zaid.

Dopo alcuni colloqui, ho espresso il desiderio di venire iniziato. La notte di giovedì sono andato al bagno al suo fianco, e ho ricevuto le rituali abluzioni che aveva ordinato. Dopo il bagno, ha preso la mia mano secondo il costume tradizionale e, dopo aver pronunciato la formula di pentimento, mi ha istruito e iniziato all’invocazione (“dhikr”) del cuore con le litanie (“awrâd”), gli atti particolari di iniziazione e le invocazioni. Ho obbedito. Dopo quindici notti [il ritiro minore (“khatat-i saghîr”)], verso l’alba, mentre ero in contemplazione, ho visto tutte le porte e i muri dell’oscura stanza in cui mi trovavo partecipare con me all’invocazione.

Svenni e caddi. Dopo l’alba, il mio padre corporale, a causa del grande amore che nutriva per me, fece di tutto per chiamare un dottore e coloro che attraggono le “jinn” [forze psichiche] o scrivono preghiere per curare la malattia. Anche la mia madre corporale fece tutto il possibile per somministrarmi diverse medicine, fumigazioni e alimenti.

Rimasi in tale stato per venti giorni. Non potevo fare i doveri prescritti dalla “sharî‘a” né ero consapevole dei costumi formali. Non parlavo con nessuno di questo argomento. Dopo tale periodo, la mia condizione tornò in qualche modo alla normalità e divenni libero dallo stato di “attrazione” (“jadhba”). Andai al bagno e mi purificai. Sentivo il desiderio di incontrare quel gran maestro e per qualche giorno vagai come uno spiritato nelle strade e nei bazar alla sua ricerca. Alla fine, riuscii a incontrarlo. Baciai la sua mano ed egli espresse la sua benevolenza verso di me.

Riassumendo: per due anni ho percorso il Cammino spirituale sotto la sua guida e seguendo le sue istruzioni. Ho completamente abbandonato le scienze formali e mi sono sforzato di comprendere le questioni della gnosi, marciando sul Cammino della certezza. Ho obbedito, senza dire sì o no, a tutto ciò che egli ha ordinato. Se qualcosa che ho udito o visto è sembrato in contrasto con la sharî‘a, ho pensato a un difetto delle mie orecchie e dei miei occhi, e non ho mai smesso di servire e obbedire. Nel servizio, nella conversazione, nella solitudine e nel ritiro ho obbedito più completamente che potessi. Ho anche ubbidito per tutto ciò che egli ordinava come necessario nei sei generi di invocazione: la manifesta (“jalî”), la nascosta (“khafî”), l’informale (“hamâ’ilî”), l’oscura (“khumûlî”), quella connessa al circolo (“halqa”) e al raduno (“ijtimâ”). Mi vennero anche fatte comprendere le quattro case della morte…

Grazie a Dio, attraverso la sua volontà spirituale e l’assistenza dei santi, ho compreso tutti i sette stati del cuore e ho compiuto, attraverso la via delle azioni e delle litanie, tutto ciò che era necessario per ogni stazione. Ho praticato il ciclo di “quaranta giorni” (“arba‘înât”) minore, quello intermedio e quello maggiore [ritiri spirituali]. Nell’anno 1309 [dopo l’Egira] l’ho accompagnato nella città della fede, Qum, e ivi ho praticato due cicli maggiori e consecutivi di “quaranta giorni”. Là, Sua Altezza si unì alla Divina Misericordia [morì] e senza il mio amico e il mio consolatore mi ammalai gravemente. Passai notte e giorni di grande difficoltà all’angolo della moschea di Imâm Hasan, fin quando la mia povera madre scoprì la mia condizione e mandò qualcuno a Qum per curarmi un po’.

Dopo essermi leggermente ristabilito, tornai a Tehran con quell’amico. Grazie a Dio, tramite la volontà spirituale di quel grande gnostico venni a conoscere nei dettagli la povertà spirituale, la gnosi, le sfumature della conoscenza realizzata e della certezza, e raggiunsi la stazione dell’ annullamento in Dio (“fanâ’”) e della sussistenza in Lui (“baqâ’”). Percorsi le sette stazioni del cuore, ognuna con le sue caratteristiche speciali. Con il suo aiuto e l’assistenza del mondo intermedio (“barzakh”), qualunque comando o proibizione ricevessi (che riguardasse la pulizia, l’adorazione, l’ascetismo, il ritiro spirituale o l’autopurificazione), l’ho praticato fino in fondo, senza mai mancare di servire le creature di Dio al massimo delle mie capacità.