Un passo falso
di Gianfranco La Grassa - 10/12/2009
L’opinione pubblica, stampa e ambienti politici statunitensi stanno in massa dalla parte di Amanda
Knox e strepitano contro la sentenza di condanna emessa a Perugia. Premetto che mi sono ben guardato
dal seguire il processo; quindi non so se sia stato ben condotto o meno. Se mi si permette, data
l’assurdità della vicenda, di essere frivolo, sono sempre rimasto sorpreso dalle unanimi dichiarazioni
circa la “bella Amanda”; una ragazza carina, forse con quel che di Lolita che stimola “istinti perversi”.
A parte questo, pur sapendo poco del processo, non sono rimasto colpito né dispiaciuto che si sia usato
il “pugno di ferro”. Tuttavia, ciò che mi fa incazzare non è l’insulto americano alla “giustizia” italiana,
poiché la nostra magistratura, a mio avviso, meriterebbe dure reprimende ogni giorno, ogni ora. Gli
Usa comunque adesso, solo adesso, la criticano aspramente, mettendone in luce tutti i difetti, la
superficialità, il fatto che i giurati non siano stati tenuti in isolamento per cui sono stati influenzati dal
clima che si respirava “fuori”. Si è accusata anche la polizia di “trattamento aggressivo” nei confronti
dell’imputata. Sul “povero” (si fa per dire) Lele, che ha diviso con Amanda tutta la sorte del processo,
nulla da eccepire da parte del “popolo statunitense”; la stampa infatti accusa di antiamericanismo la
sentenza (alla faccia!).
Che la mafia – ben nota per i suoi rapporti con le autorità americane anche durante la seconda
guerra mondiale e successivamente – lanci accuse, dopo 17 anni di oblio, contro il premier italiano, non
fa storia per gli americani. Anzi è tutto normale, la “giustizia” procede con equilibrio e competenza,
visto che cerca di colpire chi, con una politica appena un tantino “strabica verso est”, dà fastidio agli
interessi Usa. Invece, se una ragazzetta americana viene accusata e condannata per un delitto tra
l’efferatezza e l’irresponsabilità e insensibilità più totali nei confronti della vita umana, la “giustizia”
italiana fa acqua da tutte le parti; salvo dimenticare la sorte, esattamente eguale, del ragazzo italiano
condannato con Amanda.
Ci sarà infine qualcuno che avrà il coraggio di pronunciare un “cordiale vaffan….” a questi
yankees, dicendo loro di starsene a casa, di non rompere “gli zebedei” in giro per il mondo? Quando
vedremo all’opera un gruppo politico con un po’ di dignità che mandi al diavolo la Nato (se fosse
servita a ciò che si dichiarava ufficialmente, avrebbe dovuto essere sciolta con il crollo “socialistico”) e
rifiuti di mandare truppe nei teatri di guerra di questi ormai declinanti “imperatori del mondo”? E
quando proveranno vergogna quei forsennati faziosi che urlano contro l’amicizia tra Berlusconi e Putin,
che osano protestare e fare agitazione contro la presunta “lobby della Gazprom”? Quando
organizzeranno una manifestazione contro gli Usa, la loro arroganza, il loro voler mettere sempre il
naso nei nostri affari? Si protesti semmai contro il Governo per il nuovo invio di soldati in Afghanistan;
questo si, va bene, è pienamente condivisibile. Invece no, i rivoltosi “viola”, mestatori guidati da agenti
degli Usa (e forse anche di Israele), vogliono recidere i nostri ancora troppo tenui legami con la Russia,
con i nostri interessi più avanzati strategicamente, che ci consentono maggiore autonomia e influenza
in Europa e in parte del mondo arabo.
La solita arroganza del potere ha fatto commettere un passo falso alla stampa e ai veri o presunti
rappresentanti della cosiddetta opinione pubblica negli Usa. Il Dipartimento di Stato ha infine emesso
una dichiarazione tesa a mettere una pezza su questo lasciarsi andare al sentimento nazionale un po’
troppo istintivamente e irrazionalmente. E’ logico che non conviene al Governo statunitense rischiare
di creare magari sacche di risentimento in qualche settore della popolazione italiana, in genere fin
troppo benevola verso quel paese; salvo eccezioni, gli italiani non hanno nemmeno colto che i nostri
soldati morti in Irak come in Afghanistan non hanno dato affatto la vita per la “Patria”, a meno che non
ci si senta uno Stato dell’Unione. E’ bene – per gli Usa – non stimolare il cervello di qualcuno a
riflettere meglio sul significato, di semplice servitù, della nostra partecipazione ad operazioni
aggressive utili alla loro (pre)potenza su scala mondiale.