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Spigolature natalizie

di Gianfranco La Grassa - 23/12/2009

I toni tromboneschi e da prima Repubblica usati qualche giorno fa da Casini (un personaggio residuato e cascame di quei tempi) e certi articoli volgari e ormai totalmente sfasati su Repubblica sono l’ultimo preciso sintomo, che pone in luce come la successiva moderazione di toni e lo sperato – non da tutti, anzi! – accordo tra D’Alema e Berlusconi sia una tregua dovuta indubbiamente al solito “granello di sabbia” nel meccanismo della sempre più accentuata offensiva contro il premier. Mi riferisco al “Duomo” scagliatogli in faccia, atto che ha sicuramente infastidito e preso in contropiede gli ambienti in pieno attacco. Sia la “manina d’oltreoceano” sia le nostre quinte colonne interne dovrebbero essere rimaste male di fronte a simile gesto, che ha creato un clima poco favorevole alla prosecuzione, con accelerazione, dei tentativi di sbalzare di sella Berlusconi.

Mi rendo conto del perché gli spiazzati da simile gesto, quelli più ringhiosi e impazienti, abbiano ripiegato sulla supposizione, peraltro demenziale, di una sorta di autoaggressione. Altrettanto cervelloticamente, suggerirei allora una meno incredibile mossa dell’“amico” Putin che, a differenza di Berlusconi (un po’ “ingenuo” a tal proposito), controlla bene i “corpi speciali” del suo paese. In realtà, nella storia avvengono spesso fatti accidentali, pur se non propriamente casuali, che o coadiuvano e accelerano (tipo “delitto di Serajevo”) la volontà e i progetti di chi sta compiendo determinate manovre oppure li ostacolano e ritardano (tipo l’entrata in politica di Berlusconi nel 1993-94) o anche li frustrano.

I tipi meno scatenati, più “politici” (non nel senso della progettualità, sia chiaro, parlo delle attitudini aggiranti) – tipo Udc, ex aenneini, più alte cariche, ecc. – hanno riadattato la loro tattica, concedendo maggior respiro all’avversario (ma non lo fa la magistratura, che è parte integrante di questo “fronte d’attacco”; come non pensare ad un gioco delle parti?). Vedremo come quest’ultimo utilizzerà la dilazione di tempo concessagli; non credo più di alcuni mesi, dubito si arrivi all’anno. Malgrado il premier abbia fatto della critica al “teatrino della politica” un suo abito, in realtà, alla resa dei conti, né lui né tanto meno “i suoi” (e quei pochi media a sua disposizione) si discostano dalla pura recita nel palcoscenico dove si muovono gli attori (della sfera politica), mentre i registi e sceneggiatori, ecc. vengono tenuti ben celati; salvo qualche battuta assai blandamente critica sui “poteri forti”, qualche polemica – deviata di lato come quella sul signoraggio e “scorrettezze” finanziarie varie – con le banche, ecc. E l’appello a quella enorme balla rappresentata dall’“etica negli affari”.

Poi, quando tutto riprenderà il corso “normale” che dura da sedici anni – come accadde dopo il fallimento della bicamerale – si sentiranno toni saragatiani da “destino cinico e baro”. Invece, tutto è inscritto nella regia che muove i guitti politicanti (non politici!); una regia, però, da mondo in via di divenire multipolare, per cui non esiste una precisa direzione unilineare degli avvenimenti, bensì una serie di ramificazioni e perfino giravolte. Vale la pena di seguire soprattutto le regie, cercando di discreditare la vergognosa campagna d’informazione drogata e solo in cerca di spargere tutto intorno il suo “inchiostro di seppia”. Giornalisti e ceto intellettuale sono al punto più basso che si possa ricordare; un adeguato “coro” per questi politicanti, mai stati così scadenti in tutta la storia d’Italia.